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La lotta all'inflazione aumenta il rischio di recessione: House View (Q3 2022) - Domande e risposte

Con la pubblicazione della House View per il terzo trimestre 2022 di Aviva Investors, Michael Grady (MG), Head of investment strategy e Chief economist, discute le nostre attuali opinioni sul contesto economico e sull’asset allocation con Jennie Byun (JB), Investment director multi-asset e macro.

Leggi questo articolo per capire:

  • Le prospettive per l'economia globale
  • La probabile traiettoria inflazionistica e i rischi determinati dai livelli elevati dei prezzi
  • L'asset allocation e le implicazioni di mercato degli attuali trend macroeconomici

JB: Iniziamo dal quadro generale relativo alla crescita. Il tema è il "rallentamento della crescita". Le previsioni sono ancora rivolte a una crescita superiore al trend?

MG: No. La combinazione di inflazione molto alta, guerra in Ucraina, attuale shock dei prezzi dell'energia (e di altre materie prime) e di una politica monetaria più restrittiva non è favorevole alla crescita. L’elevata inflazione sta erodendo i redditi reali delle famiglie, facendo diminuire i consumi; l’elevata incertezza sta danneggiando gli investimenti, mentre le catene di fornitura globali continuano a essere sconvolte dagli aggiustamenti post-COVID, dalla guerra in Ucraina e dall’approccio sconsiderato della Cina rispetto alla pandemia. Per questi motivi, ci aspettiamo che la crescita globale sarà inferiore al trend per il 2022 e il 2023, con il rischio di recessione che sale quasi al 50 per cento.

Nel suo World Economic Outlook di giugno, l’OCSE ha ridotto notevolmente le previsioni di crescita. Il PIL mondiale dovrebbe ora aumentare del 3 per cento quest'anno (in precedenza le stime erano del 4,75 per cento) e del 2,75 per cento nel 2023 (contro il 3,25 per cento precedentemente stimato). Alcuni dei numeri della crescita per il prossimo anno attualmente appaiono notevolmente deboli: zona euro 1,6 per cento, Stati Uniti 1,2 per cento e Regno Unito 0,0 per cento. Le nostre proiezioni di crescita sono simili, con rischi di stagnazione per il Regno Unito e alcune zone dell’Europa.

JB: L’incipit della pubblicazione House View segnala l'inflazione quale motore dominante della macroeconomia globale e dei mercati finanziari. Come dovremmo valutare le prospettive e i rischi di inflazione?

MG: Sebbene si tratti di un fenomeno ancora relativamente recente, l'inflazione elevata e in aumento è con noi da abbastanza tempo da poter essere descritta come un breakout. Le questioni relative alla catena di fornitura sono state ben trattate nelle pubblicazioni precedenti, con curve di offerta sempre più anelastiche sia nel complesso delle materie prime, in particolare l’energia, sia nel mercato del lavoro. Se i prezzi dell’energia si stabilizzeranno e se le interruzioni della catena di fornitura globale si allenteranno, come ci aspettiamo, le pressioni sui prezzi, scaturite da quei trend precedenti, diminuiranno, o addirittura si invertiranno, con una conseguente diminuzione dell’inflazione. Tuttavia, questo potrà eventualmente accadere nel 2023 e i livelli “accettabili” resteranno più alti rispetto al passato.

Il rischio è che l'esperienza recente possa aver “scoperchiato il vaso di Pandora dell’inflazione”, e che le pressioni inflazionistiche sottostanti e/o gli effetti di secondo impatto si radichino molto di più. È evidente che ciò sta accadendo, soprattutto negli Stati Uniti, dove le pressioni sui prezzi generate a livello nazionale sono diventate una parte importante del quadro generale dell’inflazione. Tale surriscaldamento inflazionistico “convenzionale” è meno diffuso nella maggior parte delle altre nazioni sviluppate, ma è tutt’altro che assente. Questa è la preoccupazione principale per le banche centrali che si trovano a fronteggiare l’inflazione, e le azioni recenti stanno infondendo negli operatori di mercato la fiducia di poter contenere l’inflazione.

JB: Su questo tema, verso che direzione muove la politica monetaria a vostro avviso, e quali sono le vostre proiezioni rispetto agli aumenti dei tassi di interesse da parte delle principali banche centrali dei paesi sviluppati?

MG: Quando, a dicembre, abbiamo pubblicato le nostre prospettive per il 2022, avevamo affermato che sarebbe stato ragionevole e opportuno che i mercati finanziari si preparassero a una politica monetaria più restrittiva. A quel tempo, una tale visione era al limite del controverso, e molti operatori di mercato e commentatori ritenevano che i tassi di riferimento sarebbero rimasti vicini allo zero (o persino al di sotto di esso) ancora per un po’.

Sei mesi dopo, la svolta restrittiva della politica monetaria è un dato di fatto. Il precedente mantra del gradualismo è stato sostituito da piani all’insegna della “rapidità” per indirizzare la politica verso un’impostazione più restrittiva. A seguito di ciò, nel mese di giugno la Federal Reserve (Fed) ha aumentato i tassi di 75 punti base (pb), facendo registrare l’aumento più alto dal 1994. Tuttavia, la politica rimane accomodante ai livelli attuali, e l’autorità ha indicato che entro la fine dell'anno sono probabili altri aumenti dei tassi di 200 pb per ricondurre la politica in territorio restrittivo. Anche altre banche centrali si stanno muovendo rapidamente, o stanno pianificando di farlo, compresa la Banca Centrale europea (BCE), che non aumenta i tassi da oltre un decennio a questa parte.

Negli Stati Uniti, ci aspettiamo che il tasso di riferimento raggiungerà un picco di poco inferiore al 4 per cento entro la fine del 2023, ma la rosa di risultati possibili è ampia. Nel Regno Unito, la Bank of England è combattuta tra l’agire con “forza” per contenere l’inflazione e il rischio di aggravare i venti contrari alla crescita e le difficoltà economiche; ci aspettiamo che il suo tasso di riferimento rimanga vicino al due per cento. La BCE è pronta ad aumentare i tassi di interesse in modo lento e costante. Quello che sembra meno certo è se riuscirà a portare i tassi fino all’uno per cento previsto dai mercati per la fine del 2022. La Bank of Japan rimane l’eccezione; le modifiche al controllo della curva dei rendimenti potrebbero verificarsi molto presto, portando a rendimenti più elevati, ma ciò potrebbe accadere solo alla fine del mandato di Kuroda, all’inizio del 2023.

JB: I timori della recessione recentemente si sono diffusi sui mercati, sollevando dubbi sulla capacità delle banche centrali di frenare l'inflazione senza ostacolare la crescita. È uno scenario che si può evitare?

MG: Sì, la nostra visione è che una recessione coordinata a livello globale sarà probabilmente scongiurata. Tuttavia l'anno prossimo o giù di lì le cose andranno piuttosto male. L’impatto dell’inflazione più elevata sul reddito reale disponibile delle famiglie sarà significativo quest’anno. La maggior parte delle economie subirà un declino simile a quello che ci si potrebbe aspettare in una recessione. Il rallentamento della crescita è sempre preoccupante, e i timori per l’inflazione galoppante, i tassi di interesse più elevati e la guerra in Ucraina fanno sì che i rischi siano orientati al ribasso.

A differenza delle precedenti recessioni profonde, oggi ci sono molti meno squilibri che richiedono dolorosi aggiustamenti

Detto questo, ci sono anche buone ragioni per non esagerare con il pessimismo. A differenza delle precedenti recessioni profonde, oggi ci sono molti meno squilibri che richiedono dolorosi aggiustamenti; i bilanci delle famiglie e delle imprese (in aggregato) sono in ottime condizioni rispetto agli standard storici. L’impatto dei vari shock sul lato dell’offerta finirà via via per mitigarsi, e l’inflazione dovrebbe ridursi di pari passo. C’è un maggiore rischio di surriscaldamento dell'economia negli Stati Uniti, paese che richiederà una politica più restrittiva per un periodo più lungo, mentre l’insieme unico di circostanze in Cina implica che anche la crescita in quel paese sarà limitata.

JB: Come si traduce tutto ciò in termini di asset allocation?

MG: Il nuovo contesto macroeconomico, la risposta della politica monetaria e le opinioni in continua evoluzione su una serie di fattori strutturali a lungo termine hanno portato a un anno estremamente impegnativo per i mercati finanziari. I mercati dei tassi globali hanno subito una brusca ridefinizione dei prezzi a fronte di un’inflazione persistentemente elevata, mentre le attività rischiose, come le azioni globali e il credito, hanno registrato risultati particolarmente scarsi. L’incertezza circa le prospettive ha aumentato sia la volatilità implicita che quella realizzata in tutte le classi di attività.

Pertanto, per il momento preferiamo mantenere un'esposizione relativamente modesta. Continuiamo a prediligere un modesto sottopeso in duration, a fronte dei rischi dell’inflazione al rialzo che superano i rischi al ribasso della recessione. Se, da un lato, rimangono sfide significative per i mercati azionari nei prossimi mesi, dato il forte calo dei multipli azionari di quest’anno, dall’altro, preferiamo optare per un lieve posizionamento di sovrappeso, tranne che in Europa, regione in cui i rischi di crescita sono più accentuati. Preferiamo essere neutrali nel credito, dove pensiamo che i prezzi degli spread siano più o meno equi in termini di rischio di recessione. Infine, preferiamo optare per una posizione moderatamente lunga nel dollaro americano contro l'euro, date le prospettive relative per le due economie.

JB: Nel corso di questo nuovo paradigma dei tassi di interesse, abbiamo assistito a cambiamenti drastici nei settori azionari, in particolare con lo spostamento dal segmento growth a favore di quello value. Come dovremmo pensare alle opportunità all'interno della classe di attività?

MG: Le nostre prospettive strutturali positive si riflettono nella nostra allocazione effettiva e sono informate da segnali quantitativi che suggeriscono che il sentiment negativo è già pervasivo, tuttavia propendiamo per i settori difensivi o che hanno già scontato un’ampia possibilità di recessione. I paesi e i settori ad alto P/E potrebbero necessitare di una maggiore compressione, viste le considerazioni di cui sopra: il settore tecnologico e quello della crescita sembrano essere stati messi in discussione. L'Europa ha rivalutato i prezzi al ribasso, ma restiamo sottopesati.

È probabile che si verifichi una compressione dei margini, a meno che la domanda non ricominci a crescere

Con l’aumento dei tassi reali e degli spread creditizi, insieme all’inflazione e ai salari, è probabile che si verifichi una compressione dei margini, a meno che la domanda non ricominci a crescere: utili molto solidi, sia in termini di trailing che di proiezione, sono vulnerabili. Siamo favorevoli alle imprese e ai settori con potere di determinazione dei prezzi, ma, in molti casi, è difficile tenere il passo con l'aumento dei costi e di altre spese.

JB: Quanto possono aumentare ancora i tassi di interesse da qui in poi?

MG: I mercati ora sono molto più vicini a scontare appieno cicli di innalzamenti dei tassi e, come abbiamo visto nella recente azione sui prezzi, gli investitori hanno appena iniziato a pensare al potenziale ciclo di taglio che potrebbe seguire con la crescita dei rischi di recessione. Tuttavia, con le banche centrali focalizzate sull’inflazione, posizionarsi di già in una qualsiasi di queste direzioni politiche sembra prematuro. Un ulteriore sostegno fiscale rimane un rischio al rialzo per le prospettive di crescita e inflazione. La notevole incertezza sui risultati economici e sulle reazioni politiche fa sì che l'elevata volatilità dei tassi possa continuare.

JB: Cosa sta guidando i mercati valutari?

MG: Sul versante valutario, l'avversione al rischio e i differenziali di tasso sono stati fattori importanti del rafforzamento del dollaro, in particolare contro l'euro e lo yen, e ci aspettiamo che continuino a esserlo. Anche se la BCE è prossima a un aumento dei tassi, non manterrà il passo con la Fed; lo yen, le valute asiatiche e il sopravvalutato CNH (renminbi offshore) sono ancora più vulnerabili. Il DXY Dollar Index si è notevolmente rafforzato dalla crisi finanziaria globale, ma è improbabile che si inverta fino a quando il ciclo di rialzi dei tassi non avrà fatto il suo corso; attualmente, l’indice è ancora del 15 per cento al di sotto del picco registrato nel 2000-01.

È probabile che la volatilità all'interno del mercato dei tassi continuerà

In altri paesi del G10, i rialzi più rapidi dovrebbero fornire una qualche protezione a paesi come Australia, Canada, Norvegia, Svezia e Svizzera – mentre la debolezza dell’euro peserà sui cross del dollaro. Per i mercati emergenti, gli aumenti dei tassi hanno ricostruito in ritardo un cuscinetto per i tassi reali in molti paesi. Il carry elevato e le condizioni di scambio favorevoli hanno aiutato l’America Latina a garantire rendimenti discreti, mentre le valute dell’Europa centrale e orientale (ad eccezione di casi come la Russia e la Turchia) sono state anch’esse sostenute dall’approccio rigorista. Allo stesso tempo, un’inflazione elevata equivale a tassi reali bassi, e gli aumenti dei tassi del G10 continuano ad essere un vento contrario.

Consulta l’ultima versione dell’House View qui.

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