Le riforme elettorali potrebbero fermare il MoVimento 5 Stelle, ma i problemi italiani rimangono

A primavera, gli Italiani si recheranno alle urne per eleggere il prossimo governo. Charlie Diebel spiega perché, nonostante le recenti riforme elettorali, l’incertezza italiana non è destinata a scomparire.

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Le prossime elezioni generali italiane, previste per la primavera del 2018, sono da tempo considerate un evento fondamentale per i mercati finanziari. L’ascesa del MoVimento 5 Stelle - che si batte contro l’establishment e minaccia di indire un referendum sulla permanenza dell’Italia nel blocco valutario euro, qualora venisse eletto - è stata ritenuta un rischio per la stabilità regionale.

Il 26 ottobre, il Parlamento italiano ha approvato una nuova legge elettorale che potrebbe dimostrarsi un fattore decisivo al fine di bloccare la dinamica dei 5 Stelle. In particolare, le riforme consentono ai partiti politici italiani di costituire alleanze prima delle elezioni. Presentando un singolo candidato in ogni collegio elettorale, queste alleanze hanno maggiori probabilità di vanificare la sfida dei 5 Stelle che, a tutt’oggi, hanno costantemente rifiutato l’ipotesi di unirsi ad un altro partito. I 5 Stelle sostengono che le riforme potrebbero significare 50 seggi in meno e a partire dal 12 ottobre, data in cui la Camera ha approvato la nuova legge elettorale, hanno cominciato a organizzare manifestazioni di protesta.

Indipendentemente dall’eventualità che le riforme elettorali blocchino in effetti la sfida dei 5 Stelle, resta comunque un maggiore interrogativo: esiste un partito, o una coalizione, in grado di promulgare le riforme strutturali di cui l’Italia ha bisogno? Charlie Diebel, Global Head of Rates at Aviva Investors, ritiene che questa rimanga una significativa fonte di incertezza.

Ora che sono state approvate le riforme elettorali, i mercati le riterranno sufficienti a evitare la prospettiva di un’Italia governata da un partito anti-Europa?

Le riforme elettorali riducono il rischio di coda che il MoVimento 5 Stelle salga al potere e l’Italia esca dall’Unione Europea. Ma ciò non è necessariamente di buon auspicio per le riforme strutturali di lungo termine di cui l’Italia ha bisogno per prosperare.

Qualora si finisca con un governo ad ampia coalizione, vi sarà un certo impegno sul fronte delle riforme. Ma qualcuno potrebbe obiettare che in Italia sono stati compiuti maggiori progressi con i cosiddetti governi “tecnici”. Si tratta di governi in grado di attuare riforme, che possono prendere tutte le decisioni sgradevoli che i politici non vogliono prendere e da cui l’economia può trarre beneficio. Una coalizione ampia, soprattutto se stabile, non è in realtà una garanzia di certezza di reale impegno in materia di riforme.

Perché gli investitori sono così preoccupati per la popolarità dei 5 Stelle?

Il problema non è tanto rappresentato dai 5 Stelle in sé, ma è il populismo dominante in politica che preoccupa gli investitori. Stiamo vedendo cosa succede in Catalogna, l’abbiamo visto nel Regno Unito, poi con l’elezione di Trump negli Stati Uniti e il sorprendente risultato del partito Alternativa per la Germania (AfD) nelle recenti elezioni tedesche. Si potrebbe sostenere che è in corso una lotta generazionale tra la popolazione più anziana e la fascia demografica di mezza età e più giovane, marginalizzata, le cui prospettive di lungo termine stanno peggiorando. Sembra esistere una frammentazione nei paesi sviluppati, con la popolazione che assume un atteggiamento quasi tribale, individuando e identificandosi in un gruppo, anziché mirare al bene comune.Il problema non è tanto rappresentato dai 5 Stelle in sé, ma è il populismo dominante in politica che preoccupa gli investitori. Stiamo vedendo cosa succede in Catalogna, l’abbiamo visto nel Regno Unito, poi con l’elezione di Trump negli Stati Uniti e il sorprendente risultato del partito Alternativa per la Germania (AfD) nelle recenti elezioni tedesche. Si potrebbe sostenere che è in corso una lotta generazionale tra la popolazione più anziana e la fascia demografica di mezza età e più giovane, marginalizzata, le cui prospettive di lungo termine stanno peggiorando. Sembra esistere una frammentazione nei paesi sviluppati, con la popolazione che assume un atteggiamento quasi tribale, individuando e identificandosi in un gruppo, anziché mirare al bene comune.

Di conseguenza, non vede necessariamente una soluzione?

Di norma, ci si aspetta che la gente sia piuttosto positiva nelle fasi di ripresa economica. Ciò nonostante, prendendo come esempio gli Stati Uniti, è stato eletto un presidente non conformista in un periodo in cui il paese ha registrato un periodo graduale, ma prolungato, di espansione economica. Il Regno Unito, fino al voto Brexit, era in fase di miglioramento economico. Anche l’Europa sta ora attraversando un periodo soddisfacente; di conseguenza perché esiste un voto che esprime malcontento quando, almeno dal punto di vista economico, le cose vanno bene?

Una possibile causa è che l’alta marea non solleva tutte le barche. In questo momento, vi è la sensazione di una certa instabilità che, per quel che riguarda i mercati, alimenta l’incertezza. Si guardi al Messico: da un contesto relativamente favorevole, con mercati emergenti in marcato rialzo, si è passati alla comparsa di rischio idiosincratico in numerose aree. Il futuro dell’Accordo Nordamericano di Libero Scambio (NAFTA) è stato motivo di preoccupazione, il Messico ha subito una marcata flessione e poi, dopo qualche buona notizia, ha messo a segno rialzi. Vi è mancanza di convinzione sul versante della negoziazione, il cui andamento sta diventando molto sensibile alle notizie.

Tornando all’Italia, i 5 Stelle hanno attinto a questo malcontento. Anche con le nuove leggi elettorali si pone la domanda: i 5 Stelle riusciranno a trasformarsi in qualcosa attorno alla quale la gente possa di nuovo unirsi?

Secondo i sondaggi, i 5 Stelle sono attualmente intorno al 30 per cento. È possibile che riescano a guadagnare altri 10-15 punti e diventare il partito di maggioranza?

Questo è esattamente ciò che preoccupa i mercati. Probabilmente, il Regno Unito ora starebbe meglio se il governo avesse dichiarato l’intenzione di procedere alla cosiddetta “hard Brexit”, perché almeno tutti avrebbero potuto sapere cosa aspettarsi. A questo punto, nella politica italiana, è difficile prevedere cosa ci aspetta. Quale genere di struttura politica, quanto potrebbe durare e riuscirà ad attuare alcune riforme? In caso di grande coalizione, quella è una possibilità, che non equivale però esattamente a una certezza.

Qual è la probabilità che i 5 Stelle ribadiscano l’impegno originario di non entrare in una coalizione?

Sarà interessante osservare quale percentuale del voto di protesta incamerato dai 5 Stelle riesca a trovare altre strade, qualora gli elettori ritengano che tale voto sia inutile. È come cercare di tenere un pallone sott'acqua: prima o poi il pallone cerca di tornare in superficie.

Come abbiamo visto negli Stati Uniti, dove gli elettori di Sanders hanno spostato il voto su Trump?

È una possibilità interessante, ma pur sempre difficile da quantificare. La speranza è che, fino a quando la crescita rimane relativamente positiva, si dubiti dell’eventualità che gli elettori intendano davvero votare per un cambiamento radicale.

Si è parlato di una potenziale coalizione tra i Democratici e Forza Italia di Silvio Berlusconi. Sebbene Berlusconi non possa ufficialmente assumere un quarto mandato, a causa della sua condanna per frode fiscale, potrebbe farlo un suo “luogotenente”. Come vedrebbe questa possibilità?

Si ratterebbe di una coalizione maggiormente orientata a destra. Sarebbe probabilmente più favorevole al mercato, ma non necessariamente più favorevole alle riforme. Berlusconi non è stato particolarmente efficiente sul fronte delle riforme. Al di là della stabilità, non sono certo che le riforme
strutturali siano tra le priorità del suo partito.

In precedenza ha dichiarato che “il potenziale caos che le elezioni italiane potrebbero creare le ha sempre rese le elezioni [europee] più importanti”. La riforma del processo elettorale cambia la sua convinzione?

Ha ridotto la probabilità che le elezioni provochino caos, ma questo potrebbe comunque emergere. In Europa vi sono molti elementi divisivi e per divisivi intendo separatisti. L’Italia è un importante membro fondatore dell’Unione Europea. Se la sua struttura politica contiene separatisti UE, diventa una minaccia reale potenziale, molto più realizzabile. Non è un piccolo paese la cui uscita possa avvenire senza particolari traumi.

Una volta indette le elezioni, ritiene che i mercati cominceranno veramente a concentrarsi sull’Italia?

Gli investitori inizieranno a prestare attenzione dopo Natale. Ma alla luce del numero di partiti e delle coalizioni possibili, se ritengono che i 5 Stelle siano sotto controllo, il rischio di coda è andato. Qualora un ruolo dei 5 Stelle sembrasse anche remotamente possibile, diventa molto più significativo.

L’eventualità che i 5 Stelle costituiscano un’alleanza con uno dei gruppi estremisti di destra costituisce una minaccia reale?

Fino a quando siamo certi che non comportino una minaccia, i 5 Stelle costituiranno una preoccupazione. Se i sondaggi prospettano uno scenario di una loro potenziale ascesa al potere, i mercati sono destinati a rimanere nervosi, anche se da un punto di vista economico sarebbe follia per l’Italia.

Indipendentemente dall’esito elettorale, l’Italia sembra un’eccezione in un’economia dell’eurozona altrimenti in miglioramento. Qual è il problema alla base di tutto e intravede cambiamenti a breve termine?

Sostanzialmente è il settore bancario. Di tutti i settori bancari europei, è quello gravato dal maggior numero di crediti deteriorati e da una leva finanziaria eccessiva. Ciò ha impedito una reale apertura del canale del credito nell’ottica di sostenere la crescita, come è avvenuto altrove, perché l’Europa ha un modello economico altamente dipendente dalle banche.

Al contempo, il processo delle riforme in Italia si è bloccato. Se si considerano le dimensioni del sistema del welfare, le leggi sul lavoro, la mancanza di flessibilità del lavoro, vi è molto da fare in termini di riforme. Ecco perché il paese è in ritardo: non ha eliminato le inefficienze e le rigidità strutturali dell’economia per contribuire alla propria crescita e prosperità nel lungo termine.

Si potrebbe sostenere che la riforma elettorale peggiorerà lo stallo politico che tormenta l’Italia, anziché risolverlo. È un’affermazione corretta?

Uno stallo che non comprenda i 5 Stelle in un’ampia coalizione è una forma di stabilità, per quel che riguarda i mercati. Ma non rende l’Italia un posto interessante per gli investimenti. Si elimina semplicemente il rischio di coda.

Permangono ancora così tante incertezze che in pratica nulla induce a ritenere che l’Italia possa esprimere forti performance. È difficile immaginare un esito politico che dia origine al processo di riforme e collochi chiaramente il paese su un percorso migliore. La maggior parte degli scenari politici di cui parliamo ora è un puro esercizio di retorica, salvo nel caso in cui i 5 Stelle salgano al potere. Quello sarebbe un reale shock per i mercati.

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