Anche se la recente introduzione dei future su Bitcoin su due delle principali borse che trattano prodotti derivati potrebbe aver legittimato la prima “valuta digitale” al mondo, non sappiamo ancora se le criptovalute diverranno un’asset class investibile ad ampia diffusione.
A ottobre 2008, una persona o un gruppo di persone noto con lo pseudonimo Satoshi Nakamoto ha pubblicato un articolo destinato a fare la storia, introducendo il Bitcoin.1 Dopo soli tre mesi è stata ufficialmente lanciata la criptovaluta. A quel tempo in pochi avrebbero potuto prevedere che a distanza di meno di un decennio i titoli di giornale di tutto il mondo ne avrebbero parlato.
Non è ancora chiaro se il Bitcoin o le altre criptovalute potranno mai destare l’interesse degli investitori istituzionali
Tuttavia sembra un esito ovvio se consideriamo che tra il 19 luglio 2010 e l’11 dicembre 2017 il prezzo di ciascun Bitcoin è salito di una percentuale superiore a 29 milioni, spingendo il valore di ciascun dollaro investito a $292.494.2 Nello stesso periodo, un dollaro investito nell’indice S&P 500 avrebbe fruttato soli $2,90.3
L’aumento del prezzo del Bitcoin ha incentivato lo sviluppo di una schiera di valute rivali: Ethereum, Ripple, Bitcoin cash e Cardano sono solo alcune delle più popolari. Secondo il sito web coinmarketcap.com, al 30 gennaio 2018 c’erano 1499 criptovalute in circolazione, per un valore totale di mercato pari a $554 miliardi, e il Bitcoin rappresentava poco più di un terzo del totale.
Negli ultimi mesi il Bitcoin è stato al centro della scena, con un netto incremento nel numero di fondi che offrono agli investitori l’opportunità di beneficiare di un suo ulteriore rialzo di prezzo. Secondo Autonomous NEXT, fornitore di dati di ricerca nel settore fintech con sede a Londra, esistono 175 “cripto” fondi con un patrimonio gestito pari a $3-4 miliardi. Anche se la maggior parte punta probabilmente ad attrarre gli investitori nella speranza di una rapida inversione, anche i gestori di una certa reputazione sono ormai coinvolti. Ad esempio, il noto investitore value Bill Miller ha di recente rivelato che circa metà degli asset del suo hedge fund MVP1 era investito in Bitcoin.4
Ad ogni modo, anche se il principale ente di regolamentazione dei mercati statunitensi - la Commodity Futures Trading Commission – potrebbe aver dato via libera al lancio di contratti future ad opera di due delle maggiori borse operanti sul mercato dei derivati (Cboe Global Markets e CME Group) non è chiaro se il Bitcoin o le altre criptovalute potranno mai destare l’interesse degli investitori istituzionali.

Le criptovalute sono denaro?
Ad oggi, le valute digitali non sono ancora utilizzate in maniera sistematica nella società
Innanzitutto è opportuno cercare di stabilire cosa sia un Bitcoin. Dato il nome, non ci sorprende che in molti lo assimilino al denaro. Nell’articolo che ne annuncia l’imminente introduzione, Nakamoto definiva enigmaticamente il Bitcoin come un “sistema di contanti elettronico peer-to-peer”.
Il software open-source rilasciato a gennaio 2009 che conteneva il cosiddetto blocco genesi, la prima scrittura nel registro delle transazioni di Bitcoin e la modalità con cui Nakamoto ha creato i primi 50 Bitcoin, conteneva il seguente testo tratto dal Times: “03 gennaio 2009 Cancelliere sull'orlo del secondo piano di salvataggio per le banche”5
È probabile che Nakamoto abbia utilizzato questo titolo per una buona ragione. Ponendo l’accento sulle carenze nella riserva frazionaria rese evidenti dalla crisi finanziaria globale, intendeva infatti aumentare la possibilità che il Bitcoin venisse accettato come alternativa alle tradizionali valute a corso forzoso. Ma il Bitcoin può essere considerato denaro e - in caso negativo - ci sono probabilità che venga considerato tale in futuro?
Il denaro è fondamentale in un'economia moderna perché sta alla base di ogni transazione. Nel corso della storia ha assunto diverse forme: Ad esempio l’uso dell’oro può essere ricondotto all’antico Egitto, come forma di scambio poi sostituita nel tempo.
Alla metà del Diciassettesimo secolo, i bancari-orafi londinesi iniziarono a rilasciare ricevute a fronte del deposito di oro. Poco dopo, le banche centrali iniziarono a rilasciare cambiali redimibili in metalli preziosi. Oggi il denaro assume principalmente forma di banconote, il cui valore non dipende dall’oro bensì dalla politica monetaria della banca centrale emittente.
I tre ruoli del denaro
A livello di teoria economica, per essere considerato “denaro” un asset deve svolgere tre funzioni fondamentali. Innanzitutto deve fungere da deposito di ricchezza e consentire ai titolari di trasferire il “potere di acquisto” da oggi a una data futura.
A tal fine deve mantenere un valore piuttosto costante. In secondo luogo, deve fungere da mezzo di scambio.
Senza denaro, i beni verrebbero scambiati tramite il baratto. In terzo luogo deve rappresentare un’unità di conto, ossia lo standard comune con cui è possibile misurare il valore di beni e servizi diversi.
La misura in cui un asset svolge tali funzioni può variare, da persona a persona e nel tempo. A livello teorico, un asset può essere utilizzato come denaro purché due soggetti che intendono effettuare una transazione si accordino sul relativo valore. Per millenni il valore dell’oro è stato in gran parte legato alla sua efficacia come mezzo di scambio e deposito di ricchezza. Durante la seconda guerra mondiale, perfino le sigarette svolgevano questa funzione nei campi dei prigionieri di guerra.
Se consideriamo tuttavia ciascuna delle tre funzioni del denaro separatamente, le valute digitali difficilmente possono essere considerate un deposito di ricchezza - anche se hanno creato diversi milionari e sono acquistate da molti proprio per questa ragione - a causa dell’elevata volatilità che le caratterizza.
Il Bitcoin, ad esempio, ha raggiunto un record storico di circa $19.343 il 16 dicembre 2016, dopo aver più che triplicato il suo valore nel giro di sole cinque settimane.
Il 5 febbraio era sceso del 64 per cento attestandosi a quota $6.914.6
E ancora non sappiamo se in futuro le valute digitali potranno svolgere la funzione di deposito di ricchezza in maniera migliore. In assenza di una domanda intrinseca d’uso a livello di consumo o di produzione e del supporto di una banca centrale, la domanda dipenderà in definitiva dalla fiducia delle persone nella capacità a lungo termine delle criptovalute di assolvere alla seconda funzione del denaro.
Ma anche su questo fronte, sembra che oggi le criptovalute non fungano da mezzo di scambio meglio di quanto fungano da deposito di ricchezza. Nel mese di aprile 2017, i ricercatori della Judge Business School della Cambridge University hanno stimato un massimo di 5,8 milioni di utenti attivi di criptovalute nel mondo, forse addirittura metà.7 E il quadro appare ancora più critico se consideriamo la loro accettazione da parte dei rivenditori. A luglio 2017, solo tre dei 500 principali commercianti online al mondo accettavano il Bitcoin, due in meno dell’anno prima. Secondo Morgan Stanley, l’accettazione è stata pregiudicata dall’aumento dei prezzi.8
Una delle tesi originali a favore delle criptovalute era l’idea che nel tempo i rivenditori ne sarebbero stati attratti grazie ai costi ridotti delle transazioni. Allo stato attuale il costo di transazione di un Bitcoin è circa $4,2, ossia lo 0,06 percento sulla base del prezzo di un Bitcoin pari a $6.914. Dal punto di vista di un commerciante, si tratta di un prezzo conveniente rispetto alle transazioni con carta di debito o di credito.
Ma non v’è garanzia del fatto che i costi delle transazioni rimarranno così bassi. Come illustrato nella figura 2, prima di scendere vertiginosamente, erano infatti saliti nettamente insieme al prezzo del Bitcoin.
La motivazione è ovviamente legata al fatto che i costi di transazione sono direttamente proporzionali al numero di potenziali transazioni in Bitcoin in una data specifica. Per il modo in cui è concepito il sistema, maggiore è il numero di persone che effettuano transazioni simultaneamente, maggiore sarà il costo delle transazioni stesse, essendo necessaria più potenza di calcolo per elaborarle. Uno studio di ricerca pubblicato dalla Bank of England nel 2014 ha rilevato che nel corso del tempo le valute digitali avranno difficoltà a competere con i sistemi centralizzati sul piano dei costi.9
Per quanto riguarda il terzo ruolo del denaro, affinché un asset venga considerato unità di conto deve poter essere utilizzabile, almeno in linea di principio, come mezzo di scambio in varie transazioni tra numerosi soggetti.
Ad oggi, le valute digitali non vengono ancora utilizzate in maniera così sistematica nella società. Questo non ci sorprende perché i prezzi sono stati troppo volatili e l’accettazione troppo scarsa, e la possibilità che la situazione cambi sembra piuttosto remota.
Secondo i ricercatori della Bank of England, anche se le valute digitali potrebbero potenzialmente assolvere ad almeno alcune delle funzioni del denaro nel tempo, devono affrontare “notevoli difficoltà” in termini di diffusione ed è “molto improbabile” che una valuta digitale, come concepita ad oggi, possa essere impiegata come forma predominante di denaro nell’ambito di un’economia.

Una nuova asset class?
Dunque le criptovalute non possono essere considerate denaro. Ma possono essere considerate una nuova asset class o una sorta di “oro digitale”, come ritengono alcuni? Come per il denaro, è difficile definire in maniera precisa cosa sia un asset. I confini sono piuttosto sfocati.
Alcuni adottano un’interpretazione rigida affermando che un asset è qualcosa che dà diritto a flussi di cassa futuri. Questi flussi di cassa possono essere misurati, pertanto agli asset con flussi di cassa elevati e rischio inferiore deve essere attribuito un valore maggiore rispetto a quelli caratterizzati da flussi di cassa più ridotti e rischio maggiore. Ad esempio, sminuendo l’attrattiva del Bitcoin, il noto investitore Warren Buffett ha di recente dichiarato al Washington Post: “Esistono fondamentalmente due tipologie di asset. Per una si valuta il flusso di reddito che produrrà; per l’altra si spera fortemente che qualcuno pagherà di più per ottenerla.”10
Pur essendo un concetto interessante, forse si tratta di un’interpretazione inutilmente restrittiva. Innanzitutto precluderebbe la possibilità di considerare asset le materie prime come l’oro, dal momento che non fruttano interesse. Anche le valute sarebbero tagliate fuori. Eppure non c’è un motivo logico per cui un buono del Tesoro USA con data di scadenza al giorno successivo e un tasso di interesse minimo (caratteristiche che lo qualificano come asset) debba essere considerato diversamente da una banconota da un dollaro.
Sembrerebbe più utile distinguere tra asset che generano un qualche flusso di reddito - che consente di valutarli - e asset che non lo generano, a cui può semplicemente essere attribuito un prezzo. Dopo tutto questa seconda categoria di asset esercita ancora una certa attrattiva per molti investitori. Le variazioni dei tassi di interesse comparativi rappresentano solo uno dei fattori che determinano i tassi di cambio, eppure ciò non impedisce a molti investitori di aprire posizioni di rilievo sulle valute.
La difficoltà di attribuire un valore
Anche se è possibile inserire le criptovalute in questo secondo gruppo di asset, numerosi fattori impediscono loro di diventare una forma di investimento ad ampia diffusione. Nel breve periodo, la caratteristica distintiva delle valute e delle materie prime come l’oro, che manca alle criptovalute, è un track record a lungo termine. Senza una storia alle spalle gli investitori non sono in grado di prevederne ragionevolmente l’andamento del prezzo. E questo comporta dei rischi significativi, soprattutto in un mercato così volatile.
Ad ogni modo, anche prevedendo che il Bitcoin o qualunque altra criptovaluta riesca ad acquisire un track record di lungo periodo, non c’è garanzia del fatto che acquisirà una maggiore attrattiva per gli investitori istituzionali e gli altri investitori tradizionali.
Sebbene l’offerta della maggior parte delle criptovalute esistenti sia stabilita a priori (ad esempio Nakamoto aveva progettato il software alla base del Bitcoin in modo tale da porre un tetto massimo di circa 21 mila “monete” alla sua eventuale offerta11) non è chiaro se ciò attribuirà alle stesse una qualche forma di valore di rarità. Dopo tutto, nulla impedisce di coniare un numero infinito di monete rivali, con caratteristiche identiche.
Perché l’oro ha un valore
Questa è la differenza fondamentale rispetto all’oro.
Anche se il metallo prezioso ha un certo valore intrinseco dovuto al suo uso in svariati processi industriali, il suo valore deriva in via principale dalla sua scarsa disponibilità.
Secondo il World Gold Council, poiché tre quarti dei depositi mondiali sono già stati sfruttati, rimangono solo altre 57.000 tonnellate di oro disponibili.12 Inoltre, sebbene la produzione annua mondiale di oro sia più che raddoppiata tra il 1960 e il 2016, passando da 1399 a 3100 tonnellate, la produzione pro-capite è scesa del 9,5 percento attestandosi a quota 0,134 once.13
In ragione della scarsa disponibilità dell’oro, il metallo non viene valutato solo come componente di gioielleria ma soprattutto come asset assimilabile al denaro, poiché funge sia da mezzo di scambio che da deposito di valore. Questo ruolo si è ormai consolidato nel tempo grazie all’incapacità delle banche centrali di erodere il valore del denaro. Come illustrato nella figura 3, gli investitori, a ragione, considerano l’oro una copertura dall’inflazione nel lungo periodo. Di certo non è una coincidenza che il prezzo dell’oro sia salito di oltre sette volte, passando da meno di $260 all’oncia nell’aprile 2001 a $1850 all’oncia un decennio dopo, in un’epoca in cui le banche centrali di tutto il mondo stampavano moneta a ritmo da record.

Altri ostacoli per l’investimento
Un altro importante ostacolo che frena le istituzioni dall’investire in criptovalute deriva dalla pletora di borse emerse negli ultimi anni. Secondo un sito web, ne esisterebbero oggi almeno 13014, e questo dà origine a numerosi problemi. Innanzitutto, molte di queste borse non sono regolamentate e sono dunque esposte al rischio di frode. Basti pensare a Youbit, la borsa sudcoreana che trattava criptovalute fallita a dicembre dopo aver perso il 17 percento dei suoi asset per un furto cibernetico, il secondo attacco di questo tipo in soli otto mesi.15
Episodi come questo intensificano il rischio di intervento da parte delle autorità di regolamentazione e rappresentano un ulteriore deterrente per gli investitori. Ad esempio, l’11 gennaio il prezzo del Bitcoin ha perso il 14 percento dopo che Seoul ha dichiarato di voler vietare le negoziazioni di criptovalute in risposta allo scandalo Youbit.16 Se ciò accadesse, la Corea del Sud sarebbe il secondo Paese a vietare la negoziazione di criptovalute dopo la chiusura delle borse in Cina lo scorso settembre17. Nell’ambito del giro di vite in atto in Cina, a gennaio la banca centrale del Paese ha infatti concepito un piano per danneggiare i “minatori” di Bitcoin limitando il loro accesso all’energia elettrica. I funzionari cinesi sembrano temere che i minatori di Bitcoin, traendo vantaggio dai prezzi ridotti dell’energia in determinate aree, stiano interferendo con il normale uso dell’elettricità.18
In Cina operano molti dei maggiori minatori di Bitcoin al mondo, che utilizzano potenze di calcolo enormi per verificare le transazioni in criptovaluta, ottenendo in cambio nuove monete. Secondo le stime del sito web Digiconomist.net i minatori di Bitcoin consumano l’equivalente di 37,5 teraWatt/ora di elettricità all’anno a livello globale, sufficienti ad alimentare 3,4 milioni di abitazioni negli Stati Uniti o un paese grande come la Bulgaria.
La storia suggerisce che le bolle di asset tendono a durare molto più a lungo di quanto previsto
Mancanza di liquidità
Poiché esistono così tante borse che propongono i tassi indipendentemente l’una dall’altra, con arbitraggio tra loro tutt’altro che chiaro, scoprire i prezzi non è facile. Inoltre, il fatto che la negoziazione sia così frammentata limita la liquidità offerta da ciascuna sede di negoziazione.
Secondo il sito web blockchain.info, a dicembre il valore medio del volume di negoziazioni giornaliere sulle maggiori borse che trattano Bitcoin ha totalizzato $1,8 miliardi. Il sito web coinmarketcap.com stima che la principale borsa, la cinese Batfinex, gestisca al massimo un quarto del totale. Per contro, la London Bullion Market Association effettua ogni giorno circa $1 miliardo di transazioni di oro a pronti.19
Elemento ancora più preoccupante dal punto di vista di un investitore, la liquidità sul mercato dei future su Bitcoin è ancora più scarsa e il valore sottostante giornaliero dei contratti negoziati su Cboe e CME ad oggi ha raggiunto in media poco più di $50 milioni.20 Una bella differenza rispetto alle negoziazioni di future su oro a New York, dove ogni giorno si scambia l’equivalente di 27 milioni di once per un valore pari a circa $35 miliardi.21
La mancanza di liquidità dei future su Bitcoin non è totalmente inaspettata, dato che i contratti sono ancora agli inizi, ma non ci sono motivi evidenti per sostenere che la liquidità potrebbe migliorare in futuro. E se non migliorerà, difficilmente si registrerà un incremento della domanda da parte degli investitori tradizionali.
Con questo non vogliamo negare che gli investitori siano attratti dal fascino mistico delle valute digitali.
In un mondo in cui le banche centrali stampano denaro senza tregua e i deficit di bilancio sono in deciso aumento, l’attrattiva superficiale che le criptovalute esercitano sugli investitori non è difficile da motivare. Il vero problema delle criptovalute è che difficilmente potranno soddisfare l'esigenza degli investitori di disporre di un deposito di ricchezza affidabile.
Il problema del frazionamento delle valute digitali
La possibilità di dividere le valute digitali in frammenti infinitesimali è utile per spiegarne il netto incremento di prezzo. Mentre il mercato dell’oro è prezzato all’oncia e pagare di più per un’oncia d’oro è psicologicamente difficile (il che ne limita l’aumento di prezzo) è ragionevole ritenere che gli investitori in valute digitali siano molto meno sensibili al prezzo.
Dal momento che le borse possono vendere qualunque frazione desiderino acquistare, gli investitori tendono ad acquistare ad esempio un valore di $1.000 indipendentemente dalla frazione di Bitcoin corrispondente, e non un Bitcoin a un prezzo sempre più elevato. In ogni caso, sembrano comunque destinati a ravvedersi.
Gran parte degli osservatori ritiene infatti che l’attuale mania per le criptovalute non è destinata a durare. A settembre il chief executive di JPMorgan Jamie Dimon ha dichiarato che il Bitcoin è una “frode”, “peggiore dei bulbi di tulipano”, riferendosi a una delle bolle più note della storia.22 Buffett, da parte sua, ha suggerito agli investitori di girare alla larga, riducendo al tenore di “barzelletta” l’idea che il Bitcoin abbia un grande valore intrinseco23
Senza dubbio il concetto che il Bitcoin possa continuare a offrire un premio considerevole rispetto alle criptovalute rivali è piuttosto assurdo. Pur essendo la valuta digitale più nota in quanto concepita per prima, non offre altri ovvi vantaggi.
A differenza di un’azienda, non può impiegare specifiche tecniche di marketing per differenziare i suoi prodotti da quelli della concorrenza.
Il rischio di vendere allo scoperto
Ad ogni modo, pur essendo molto probabile che Dimon e Buffett abbiano di fatto ragione, vendere allo scoperto i future su Bitcoin potrebbe rivelarsi una pratica poco favorevole e molto rischiosa, come suggeriscono diversi osservatori. La storia dimostra che le bolle degli asset tendono a durare molto più a lungo di quanto previsto, e cercare di prevedere il tetto massimo del mercato è piuttosto pericoloso. Per citare il noto economista John Maynard Keynes: “Il mercato può rimanere irrazionale più a lungo di quanto tu possa rimanere solvente.”
Normalmente, il prezzo future e il prezzo spot dovrebbero allinearsi quasi istantaneamente grazie alla presenza degli addetti all’arbitraggio.
Nel caso dei future su Bitcoin invece, l’arbitraggio tra i due mercati può rivelarsi difficile. Questo per diverse ragioni tra cui la mancanza di liquidità in entrambi i mercati - spot e future - la mancanza di price discovery e il tempo impiegato per svolgere le transazioni nel mercato spot, la difficoltà di prendere a prestito Bitcoin e il fatto che i contratti future sono regolati per cassa.
Mancando questi elementi fondamentali, non v’è garanzia del fatto che un calo di prezzo dei future possa determinare una rapida flessione nel prezzo del Bitcoin. E questo potenzialmente genera uno scarto considerevole tra il prezzo spot e il prezzo future.
Ad esempio non è detto che se le istituzioni statunitensi vendessero sul mercato future pregiudicherebbero necessariamente l'acquisto al dettaglio di Bitcoin sul mercato spot in Cina. In questa situazione, vendere allo scoperto i contratti future potrebbe diventare rischioso. La scarsa liquidità in entrambi i mercati potrebbe mettere in seria difficoltà i detentori di posizioni al ribasso alla vigilia della scadenza dei contratti future near-month, spingendo a un prezzo esorbitante il costo del passaggio a un contratto con scadenza più lunga.
Da boom a crash?
Sembra chiaro che la blockchain, la tecnologia alla base delle valute digitali, potrebbe rivelarsi molto preziosa per le aziende che puntano a salvaguardare i loro dati, non da ultimo nel settore dei servizi finanziari. Impedire di modificare i dati, una volta che sono stati scritti (salvo con il consenso di tutti o della maggior parte dei computer coinvolti) rappresenta uno scostamento rivoluzionario rispetto alle tradizionali aziende “barriera” costruite per difendere le informazioni digitali.
Ad ogni modo, è possibile che le criptovalute stesse si rivelino null’altro che una moda del momento. La stampa di denaro senza precedenti ad opera delle banche centrali e il crescente deficit dei governi hanno fornito terreno fertile, incoraggiando gli investitori a ricercare forme alternative di denaro che le autorità non siano in grado di ostacolare. E il fatto che offrano l’anonimato grazie alla tecnologia che ne sta alla base ha contribuito ad amplificarne l’attrattiva. Tuttavia esistono opzioni migliori. Di certo, è poco probabile che le valute digitali divengano uno strumento di investimento di massa in tempi brevi.
Fonti
1 Bitcoin: Un sistema di contanti elettronico peer-to-peer, Satoshi Nakamoto, ottobre 2008
2 Coindesk
3 Bloomberg
4 ‘Bill Miller's hedge fund has half its money in Bitcoin', dicembre 2017
5 Bitcoinwiki
6 Coindesk
7 Global cryptocurrency benchmarking study, Judge Business School, University of Cambridge, aprile 2017
8 ‘Bitcoin acceptance among retailers is low and getting lower', Bloomberg, luglio 2017
9 The economics of digital currencies, Bank of England Quarterly Bulletin, T3 2014
10 ‘Buffett on Bitcoin: “It will come to a bad ending”', Washington Post, dicembre 2017
11 Bitcoinwiki
12 World Gold Council
13 Stime Aviva Investors basate sui dati tratti dall’indagine geologica USA e dalla Banca Mondiale
14 CryptoCoinCharts
15 'Bitcoin exchange Youbit shuts after second hack attack', BBC, dicembre 2017
16 'Bitcoin dives 14% as South Korea prepares cryptocurrency ban', Financial Times, gennaio 2018
17 'Beijing set to shut Bitcoin exchanges to ensure price stability', Financial Times, settembre 2017
18 'China plans to deter Bitcoin miners by curbing electricity use', South China Morning Post, gennaio 2018
19 The London Bullion Market Association
20 Bloomberg
21 CME Group
22 'JP Morgan CEO Jamie Dimon says Bitcoin is a 'fraud' that will eventually blow up', CNBC, settembre 2017
23 Bitcoin Forum