Dopo la sua elezione a Presidente della Francia a maggio 2017, Emmanuel Macron ha attuato una serie di riforme, ma si profilano ulteriori sfide all’orizzonte per rivitalizzare l’economia.
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Durante l’anno trascorso da quando è diventato il più giovane Presidente francese della storia, Emmanuel Macron ha cercato di sfruttare la schiacciante maggioranza parlamentare e il profondo cambiamento dell’opinione pubblica per mettere in atto riforme che i precedenti leader avevano invano cercato di fare approvare. Il governo di Macron ha già allentato le norme sul lavoro, abolito le imposte patrimoniali, semplificato l’imposta sulle plusvalenze e riformato e ridotto le imposte sulle società. Si prospettano tuttavia significative battaglie.
L’economia francese è indubbiamente migliorata da quando Macron ha varcato la soglia del Palazzo dell’Eliseo. Nel 2017, l’economia è cresciuta del 2,2 per cento, il ritmo più elevato dal 20071&2. A dire il vero, nel 2018 la crescita ha subito un rallentamento, che potrebbe dimostrarsi di natura temporanea, riconducibile al clima rigido del primo trimestre3. Al contempo, nel 2017 il deficit di bilancio è sceso sotto il tre per cento per la prima volta da un decennio4 e gli investimenti diretti esteri hanno anch’essi toccato il massimo degli ultimi 10 anni5.
Se da un lato sarebbe generoso attribuire a Macron tutto il merito della ripresa della crescita o del calo del deficit di bilancio, dall’altro il netto miglioramento del sentiment delle imprese è di buon auspicio, afferma Larissa Brunner, che si occupa di analisi dell’Europa occidentale per Oxford Analytica, società di consulenza. Macron ha dichiarato che serviranno da 18 mesi a due anni prima di poter osservare l’impatto delle riforme e che la maggior parte sarà efficace soltanto nel medio - lungo termine.
Riforme sulla via giusta?
L’attuale battaglia di Macron per riformare le ferrovie dello stato francesi, SNCF, gravate da debiti, si dimostrerà fondamentale per la sua presidenza, sostiene Geoffroy Lenoir, Head of European Sovereign Rates, Aviva Investors. “Il governo deve sganciarsi da SNCF e accertarsi che l’ente sia competitivo, poiché il suo monopolio del trasporto ferroviario di passeggeri in Francia cesserà presto ai sensi delle norme dell’Unione Europea”, afferma Lenoir.
Macron ha proposto di porre fine alla sicurezza del posto di lavoro, al pensionamento anticipato (i lavoratori possono andare in pensione a soli 52 anni grazie alle norme introdotte all’epoca del vapore, molto più logorante) e alle pensioni speciali. Queste riforme si applicherebbero comunque solo ai neoassunti. I potenti sindacati ferroviari del paese hanno risposto a queste misure relativamente modeste lanciando una serie di scioperi consecutivi, iniziati ad aprile.
Sono stati fatti confronti con il 1995, quando scioperi paralizzanti costrinsero il governo conservatore del Primo Ministro Alain Juppé a ritirare le riforme del sistema pensionistico e del welfare. Brunner ritiene tuttavia che la resa dei conti tra Margaret Thatcher e i minatori negli anni Ottanta possa costituire un parallelo migliore.
“Come la Thatcher, Macron non può permettersi di ritornare sui suoi passi. La sua credibilità ne uscirebbe distrutta e si dissolverebbe l’opportunità di attuare ulteriori riforme; diventerebbe un’anatra zoppa per il resto del suo mandato”, sostiene Brunner.
Fortunatamente, Macron ha l’opportunità di affrontare la questione dei lavori sindacalizzati in un momento favorevole.
“La gente sostenne i sindacati quando Juppé cercò di attuare le riforme”, afferma Frédéric Tassin, Head of Equities, Aviva Investors France. “Oggi, la maggior parte dei Francesi non capisce la ragione degli scioperi e vuole che cessino le turbolenze. Il fatto che Macron abbia incontrato scarsa opposizione quando ha introdotto le leggi che facilitano i licenziamenti, evidenzia il cambiamento di atteggiamento.”
Un sondaggio pubblicato dall’Institut Français d’Opinion Publique il 20 maggio, ha evidenziato che il 58 per cento degli intervistati ritiene che gli scioperi siano “completamente” o “abbastanza” ingiustificati, mentre quasi due terzi vogliono che Macron continui “fino in fondo” i suoi cambiamenti politici6.
Una nazione di start-up
Tassin ritiene che sia in corso un profondo cambiamento dell’atteggiamento complessivo nei confronti dell'economia. “La Francia è un paese estremamente conservatore la cui popolazione non ama assumere rischi”, afferma. “Oggi molti laureati creano start-up invece di cercare di lavorare per una grande azienda o il settore pubblico e le banche si stanno adeguando, facilitando l’accesso al credito per gli imprenditori. Tale tendenza porterà il paese in una direzione diversa nei prossimi 10 anni.”
La promessa di Macron di trasformare la Francia in una “nazione di start-up”’ sembra destinata a essere mantenuta. La creazione di nuove imprese ogni mese è complessivamente salita da meno di 48.000 ad aprile 2017 a quasi 56.000 ad aprile 20187. La riforma del sistema di sussidi di disoccupazione è un altro obiettivo di Macron. “Tale riforma non dovrebbe dimostrarsi controversa dal momento che non richiederà sacrifici ai lavoratori, ma aiuterà i lavori autonomi e altri operatori attivi nella gig economy”, sostiene Brunner. Macron vuole inoltre riformare il sistema in modo da strutturare gli incentivi per incoraggiare la gente a ritornare al lavoro il più presto possibile.
Ma la riforma del sistema di pensione obbligatoria, un’altra misura del programma di Macron, potrebbe risultare molto più difficile. “Ciò richiederà a determinati soggetti alcuni sacrifici”, sostiene Brunner. I regimi pensionistici dei settori pubblico e privato sono al momento diversi in termini di età di pensionamento e determinazione delle indennità. Macron si è impegnato a far sì che l’indennità pensionistica mensile sia determinata unicamente in base alle contribuzioni dei lavoratori, non alla loro professione o al loro settore.
La gestione delle finanze governative è comunque destinata a dimostrarsi il maggiore problema interno per Macron. Le spese governative continuano ad aumentare, anche se il settore pubblico rappresenta già quasi il 56 per cento del PIL8.
“Si tratta di un livello semplicemente troppo elevato, al punto da rendere impossibili molte iniziative, come per esempio un taglio significativo delle imposte. Sebbene Macron abbia ridotto le imposte sulle società, l’onere fiscale complessivo è più elevato, soprattutto per le classi medie. Ciò riduce le capacità di consumo dei privati da un lato e di investimento delle imprese dall’altro”, sostiene Tassin.
“Macron ha promesso che la spesa pubblica in percentuale del PIL dovrà scendere entro la fine del suo mandato e ciò si dimostrerà un test fondamentale del successo di quest’amministrazione”, aggiunge.
Sentiment degli investitori
Malgrado ciò, i progressi relativamente positivi finora compiuti da Macron si sono tradotti in un rafforzamento dell’attrattività della Francia per gli investitori. “Il clima tra gli investitori azionari nazionali ed esteri, in tutti i settori dell’economia, è migliorato”, afferma Tassin. Nel corso del primo anno del mandato di Macron, l’indice francese delle società ad alta capitalizzazione, CAC 60, ha sovraperformato sia il Dax tedesco che l’indice paneuropeo Euro Stoxx 509.
Al contempo, Lenoir è del parere che i titoli di stato francesi offrano “fair value” agli investitori. “Lo spread tra i titoli di stato francesi e i Bund è diminuito dall’elezione di Macron, ma lo stesso potrebbe dirsi delle obbligazioni portoghesi e spagnole”, afferma Lenoir, aggiungendo che la riduzione del debito governativo – che nel 2017 ha raggiunto il 97 per cento del PIL10 – rimane un problema fondamentale.
Tuttavia, la capacità di Macron di promuovere l’integrazione politica europea, che sarebbe positiva per il debito sovrano, potrebbe in ultima analisi definire la sua presidenza, aggiunge Lenoir. Le proposte di Macron comprendono l’istituzione di un ministro delle finanze e la creazione di un bilancio dell’Eurozona, un fondo unico di garanzia dei depositi per completare l’unione bancaria e l’armonizzazione fiscale, che dovrebbe aprire la strada al raggruppamento finale del debito dell’Eurozona. A questo punto, l’interrogativo è se Macron riesca a ottenere il consenso della Germania, il contributore maggiore e più significativo del blocco.