L’idea che i bias inconsapevoli influenzino il processo decisionale nei mercati finanziari non è affatto nuova. Ma la finanza comportamentale ha assunto una nuova importanza nell’era dei Big Data e dell’intelligenza artificiale.

La combinazione di strumenti digitali e conoscenza comportamentale ha implicazioni positive

La vita un tempo era pericolosa, brutale e breve. I cacciatori e raccoglitori nella savana, 200.000 anni fa, erano circondato da minacce mortali: bestie feroci, caldo torrido, piogge torrenziali. La protezione delle risorse era essenziale per la sopravvivenza. Cacciare una gazzella per cena, significava trascinarla velocemente nella caverna prima che una locale tigre dai denti a sciabola si dimostrasse interessata.

In tale universo selvaggio, la prudenza era un vantaggio frutto dell’evoluzione. La paura di una perdita diventava insita nel cervello umano. Altri tratti evolutivi fanno sì che quando ci troviamo in mezzo al traffico o ci preoccupiamo per questioni finanziarie abbiamo le stesse reazioni emotive che avevamo in epoca preistorica, allorché inseguiti da predatori: utili una tantum, ma deleterie se ripetute cronicamente. Ciò che un tempo era utile per la sopravvivenza, ora minaccia il nostro benessere.

L’idea che le emozioni primarie influenzino le scelte e il comportamento umani non è affatto nuova. Negli anni Settanta del secolo scorso, i rivoluzionari psicologi Daniel Kahneman e Amos Tversky dimostrarono che le nostre decisioni sono spesso influenzate da bias neurologici che ereditiamo dai nostri antenati. Ci stanchiamo, stressiamo e distraiamo. Spesso perdiamo il controllo e non abbiamo senso dell’umorismo, facendo sì che il nostro comportamento sia difficile da incasellare in categorie precise. Per esempio, uno stupefacente studio nel 2011 rivelò che i giudici emettono le sentenze più dure poco prima di pranzo.

Ciò nonostante, ora abbiamo strumenti decisamente migliori per ovviare alle nostre carenze in quanto potenti tecnologie basate su dati ci consentono di identificare e correggere questi errori. Grazie agli ultimi dati della neuroscienza e al supporto di nuovi strumenti digitali, gli economisti assemblano vasti set di dati empirici e identificano i comportamenti irrazionali su una scala che abbraccia l’intera società.

Attingendo a queste analisi, i responsabili politici lanciano piattaforme digitali per incoraggiare i cittadini a migliorare la salute e risparmiare per il futuro. Nel settore finanziario, i consulenti si avvalgono di strumenti high-tech di profilazione del rischio per orientare i clienti tra le diverse strategie d’investimento, mentre i gestori patrimoniali utilizzano programmi informatici per eliminare i bias dai propri portafogli e incrementare i rendimenti.

Nessuno di questi metodi è completamente infallibile e un eccessivo affidamento su modelli informatici è di per sé rischioso. Ma se usate nel modo appropriato, le tecnologie digitali possono renderci consapevoli delle tendenze inesplorate che plasmano il comportamento e consentirci di superare le nostre imperfezioni puramente umane.

Nudge, la spinta gentile; pensiero, riflessione

Partiamo dall’economia. Prendendo spunto da La ricchezza delle nazioni (1776) di Adam Smith, gli economisti neoclassici hanno tradizionalmente sostenuto che le persone agiscono in base a un calcolo razionale per interesse personale. Sebbene questa tesi possa contribuire a utili modelli esplicativi, implica un problema significativo: non concorda con l’effettivo comportamento delle persone. È piuttosto ironico che Smith fosse davvero consapevole delle debolezze umane, come emerge dalla sua precedente opera, Teoria dei sentimenti morali (1759). Fondata sulla psicologia sociale. All’inizio del XX secolo, economisti di primo piano del calibro di Thorstein Veblen e John Maynard Keynes posero anch’essi aspetti comportamentali al centro delle loro teorie.

Più di recente, le ricerche di Kahneman hanno contribuito a riportare l’economia a queste analisi iniziali, dimostrando che pensiamo in base a due diversi sistemi. Il pensiero “veloce” (conosciuto anche come sistema uno) è solitamente automatico, inconsapevole e influenzato da risposte fisiche o emotive, mentre il pensiero “lento” (“sistema due”) è più logico e calcolatore. Il nostro sistema due entra verosimilmente in azione quando dobbiamo risolvere un problema matematico o leggere una poesia, ma in generale ci comportiamo in base al sistema uno.1

“Gran parte di quel che facciamo ogni giorno è automatico”, spiega Hannah Lewis, fondatore di Behave London, una società di consulenza che applica analisi psicologiche a economia e finanza. “Comportarsi in modo automatico non sempre è necessariamente negativo, il più delle volte è decisamente utile. Purtroppo, spesso adottiamo un comportamento “subottimale”. Può essere difficile cambiare i nostri comportamenti automatici, a meno che non subiamo qualche genere di sovvertimento.”

La concezione del pensiero umano a due velocità di Kahneman trova le sue radici nelle strutture neurologiche del cervello, che sono rimaste più o meno costanti da quando l’Homo sapiens si trovò a lottare per la supremazia con l’Uomo di Neanderthal. Poiché le strutture cerebrali del sistema uno degli esseri umani sono molto simili, siamo governati da una serie comune di bias cognitivi - o euristiche mentali, in gergo psicologico - che ci inducono a comportarci in modi simili, in situazioni simili. Ne consegue che sebbene il comportamento umano possa essere irrazionale, è sistematico e addirittura prevedibile.

Quest’intuizione è alla base dell’economia comportamentale, una disciplina entrata in voga negli ultimi anni, sostanzialmente grazie al lavoro di Richard Thaler, professore alla University of Chicago Booth School of Business. Basandosi su osservazioni empiriche del comportamento umano, anziché ipotesi teoriche su come le persone dovrebbero comportarsi, l’economia comportamentale rivela un’intera gamma di applicazioni pratiche inaccessibili ai modelli neoclassici.

Thaler ha scritto parecchie opere gradevoli e interessanti che descrivono tali applicazioni, ma il suo contributo fondamentale può essere sintetizzato in una sola parola: “nudge”, la cosiddetta “spinta gentile”.2 Sostiene che il quadro entro il quale le persone prendono decisioni possa essere ottimizzato in modo da indurle (nudging) a riconoscere i loro bias e quindi a correggerli. Thaler ha sostenuto che il nudging è destinato a diventare più efficace solo a mano a mano che “potenti strumenti statistici e serie di dati” ci consentono di seguire il comportamento umano con maggiore precisione.3

Il nudge digitale

Le tecniche di nudging digitale sono utilizzate per eliminare i bias dai comportamenti finanziari.

Ecco le prove. Uno degli esempi di maggiore successo del principio del nudging di Thaler è l’adesione automatica dei dipendenti ai piani pensionistici negli Stati Uniti e nel Regno Unito. La scienza comportamentale dimostra che le persone tendono a preferire guadagni a breve termine alla prosperità a lungo termine. Questo bias poteva andare bene per i cacciatori e raccoglitori, che dovevano concentrasi su come procacciarsi di volta in volta il cibo. Ma è un problema per un moderno trentenne che ha urgente bisogno di cominciare a costruirsi i risparmi per l’età della pensione.

I governi hanno fatto in modo che uscire dai piani pensionistici risultasse più difficile che aderirvi, in modo tale da indurre i risparmiatori a valutare più seriamente le loro esigenze future. Si calcola che negli Stati Uniti l’adesione automatica abbia incrementato i tassi di risparmio di USD 7,4 miliardi.Le tecniche di nudging sono state usate anche per incoraggiare la gente a migliorare l’isolamento l’isolamento termico delle abitazioni ai fini del risparmio energetico, ricordare il pagamento delle bollette alla scadenza e persino donare gli organi alla morte.

Ma il nudging è ora applicato su scala più ampia. Alex Pentland, professore al Massachusetts Institute of Technology (MIT), ha condotto una ricerca all’avanguardia su come gli strumenti digitali e le analisi psicologiche possano essere usati per acquisire un quadro del comportamento di massa della popolazione. Il suo lavoro dimostra che è possibile usare nudge e piccoli incentivi a livello di intere comunità – e anche popolazioni – per prevedere e ottimizzare il comportamento sociale. Ciò è conosciuto come “fisica sociale”.

“La maggiore limitazione dell’economia comportamentale [tradizionale] è che non è sistematica e olistica: non può prevedere quel che accadrà, ma si limita a indicare alcune possibilità circa l’eventualità che le cose non vadano per il verso giusto”, afferma Pentland. “Ciò significa che è necessario un approccio basato su dati per capire il comportamento – per esempio la fisica sociale– e tenere traccia di quel che accade effettivamente rispetto a quel che si pensa potrebbe accadere.”

L’uso dei dati per manipolare il comportamento sociale presenta comunque un “lato oscuro”: si pensi all’impiego di tecniche di cyber-propaganda da parte del governo russo, per diffondere messaggi politici sui social media. Tuttavia, la combinazione di strumenti di elaborazione dei dati e conoscenza comportamentale ha molte implicazioni positive per la vita pubblica, dalle prestazioni sanitarie alla gestione delle infrastrutture di trasporto.

Per esempio, l’autorità per i trasporti pubblici di San Francisco è riuscita a diminuire la congestione del traffico sulla propria rete usando dati GPS su ampia scala per tracciare e prevedere i movimenti degli utenti. Progettando app per smartphone per spingere i pendolari a usare giochi mobili e incentivi monetari, l’autorità è riuscita a rendere più efficiente l’intero sistema.5

Comportamento finanziario

Sebbene l’economia comportamentale si sia ampiamente diffusa, cominciando anche a incidere sulla politica governativa, un settore è stato curiosamene lento a riconoscerne l’importanza: la finanza. Ciò è in parte dovuto a un tradizionale presupposto, secondo il quale i mercati finanziari offrono agli investitori incentivi sufficienti a comportarsi in modo razionale, rendendo emozioni e bias irrilevanti. Come ebbe a dire una volta Thaler , se alcuni professionisti finanziari fanno qualche sciocchezza, ve ne sono molti altri disposti a impossessarsi del loro denaro.

Questa convinzione era alla base dell’ipotesi dei mercati efficienti (EMH); l’idea che il prezzo di mercato incorpori sempre le informazioni pertinenti disponibili, rendendo inutile la caccia a titoli sottovalutati. La crisi finanziaria globale del 2008-2009 è stata un salutare promemoria di come il comportamento irrazionale possa provocare oscillazioni di mercato.

Le conseguenti turbolenze fecero emergere l’eccessiva dipendenza delle istituzioni finanziarie da modelli di rischio di tipo quantitativo basati su probabilità matematiche, quali il Value-at-Risk (VaR), che traccia un range a forma di campana degli esiti possibili. Tali parametri non avevano tenuto conto delle modalità comportamentali degli investitori sotto pressione, afferma George Lagarias, Senior Economist di Mazars Wealth Management.

“Esistevano due assiomi in base ai quali lavoravamo prima della crisi finanziaria. Uno era che gli investitori sono intrinsecamente razionali. L’altro era che, se si dispone di dati sufficienti, i mercati tendono a evidenziare una distribuzione “normale” degli esiti. Durante la crisi finanziaria, entrambi questi assiomi sono stati messi alla prova e immediatamente bocciati. E il fallimento dei modelli dimostra che è necessario esaminare il comportamento degli investitori.”

Più specificamente, le conseguenze della crisi fecero convergere l’attenzione sui bias alla base delle decisioni finanziarie. Sono stati identificati oltre 170 bias cognitivi individuali. Il comportamento imitativo denota la tendenza degli investitori a copiare le rispettive strategie anche in presenza di formazione di bolle degli asset, mentre l’avversione alle perdite li induce a fare tutto il possibile per evitare il dolore psicologico di perdere, inclusa l’assunzione di grossi rischi per uscire da posizioni negative.

Possono essere usati nuovi strumenti basati su dati per di identificare come funzionano i bias a livello macro, il che può aiutare a prevenire crisi future. Conducendo esperimenti su una piattaforma di negoziazione online, il team di Pentland al MIT è riuscito a identificare il comportamento imitativo incipiente in fase di sviluppo; gestendo il flusso delle informazioni ricevute dagli investitori, è stato possibile adeguare le strategie e impedire la formazione di bolle.6 Gli organismi di vigilanza stanno già cominciando a creare una tecnologia di supervisione (“SupTech”), che utilizza l’apprendimento automatico per monitorare la stabilità finanziaria in modo analogo.7

Bias istituzionale

La paura di perdite può svolgere un ruolo anche a livello organizzativo. Le ricerche del Fondo Monetario Internazionale (FMI) dimostrano che gli investitori istituzionali, come fondi sovrani, fondi pensionistici e compagnie assicurative, si sono comportati in modo pro-ciclico durante la crisi finanziaria.8 Alcuni investitori sono riusciti a sfruttare positivamente la propria propensione al rischio, mentre molti sono stati indotti dall’avversione alle perdite a ridurre il rischio nel momento sbagliato, pur avendo lunghi orizzonti d’investimento.

Se il comportamento irrazionale può spiegare decisioni affrettate, può anche essere responsabile della dannosa apatia istituzionale. Per esempio, in alcuni casi i fiduciari di fondi pensione si sono dimostrati riluttanti a coprire una percentuale più elevata delle passività detenute, anche laddove ciò avrebbe rappresentato la scelta più opportuna, perché tale operazione avrebbe significato arrendersi a precedenti prospettive del mercato e ammettere di avere sbagliato.

“Se hai vissuto nella convinzione che i rendimenti siano troppo bassi e l’hai espressa attuando una copertura non totale, è terribilmente difficile cambiare ora tale convinzione”, sostiene John Dewey, responsabile della strategia d’investimento della funzione Solutions di Aviva Investors. “Per i fiduciari di fondi pensione, può inoltre essere più comodo mantenere una strategia esistente anziché adottarne una più appropriata che, in retrospettiva, potrebbe esprimere performance peggiori ed essere attribuita a loro. Avversione alle perdite e rischio della carriera individuale hanno un peso, così come la riluttanza a operare cambiamenti rilevanti (bias di ancoraggio e familiarità) e confronti irrilevanti con soggetti analoghi (comportamento imitativo).”

Le analogie abbondano nel mercato assicurativo, come spiega Iain Forrester, responsabile della strategia degli investimenti assicurativi di Aviva Investors. “Le problematiche comportamentali hanno contribuito all’apparente riluttanza delle compagnie assicurative a diversificare in nuovi asset”, sostiene. “Status quo e bias di familiarità a livello di asset allocation, accentuati da questioni normative, portano al conservatorismo e le compagnie assicurative finiscono così col conseguire esiti subottimali per i loro capitali.”

Nudging per i consulenti

A livello micro, è possibile usare strumenti digitali per fare in modo che gli investitori siano consapevoli dei propri bias prima di acquistare o vendere titoli, spingendoli (nudging) a concentrarsi su come poter raggiungere i risultati desiderati. Il settore della consulenza finanziaria è all’avanguardia in quest’area. Le società di consulenza hanno concepito innovative piattaforme di “profilazione del rischio” che mappano le personalità degli investitori privati, ne quantificano la propensione al rischio e ne evidenziano i bias inconsapevoli.

“Sono tre gli elementi in gioco: digitale, dati e progettazione”, spiega Greg Davies, responsabile della finanza comportamentale di Oxford Risk, società specializzata in software comportamentale che agevola e migliora la qualità delle decisioni finanziarie. “Si pensi al diagramma di Venn: abbiamo piattaforme digitali come meccanismo di generazione di informazioni; dati che consentono di personalizzare ciò che si propone ai clienti attraverso il canale digitale; e una progettazione che rende la piattaforma comoda e facile da usare. Ad assemblare tutti questi elementi vi è poi la scienza comportamentale.”

Queste piattaforme non sono infallibili e nessuno ha ancora concepito un modello in grado di correggere tutti gli errori comportamentali. Ciò nonostante, l’enorme potenza di questi strumenti digitali solleva un potenziale problema per il nudging: il suo intrinseco paternalismo. Thaler preferisce l’espressione “paternalismo libertario”, che sottolinea la portata della libertà di scelta, ma in pratica il nudging non richiede il coinvolgimento attivo dell’interessato. Il rischio è che gli investitori non professionali subiscano nudging prodotto da algoritmi e prendano così decisioni di cui capiscono solo vagamente le implicazioni.

Davies sostiene che il vero potenziale delle piattaforme finanziarie basate su computer consiste nel dare alla gente le informazioni di cui ha bisogno per fare scelte consapevoli e informate, non nel genere di operazioni automatiche che eliminano il ruolo degli essere umani in carne e ossa. Gli strumenti digitali accuratamente progettati possono incorporare metodi di nudging in combinazione con altri protocolli per garantire che i clienti siano coinvolti, informati e consapevoli della reale complessità delle decisioni finanziarie.

Questi metodi comprendono tecniche di “gamificazione”, ossia elementi simili al gioco che incoraggiano le persone a impegnarsi e imparare tranquillamente in ambienti complessi. Jeremy Leadsom, responsabile dell’area UK Hholesale di Aviva Investors, afferma: “L’elemento interessante in questo caso è che la tecnologia è usata come fattore che agevola e migliora il processo di consulenza e la relativa esperienza. I dati in tempo reale possono essere combinati con profili di rischio basati su informazioni di natura comportamentale, per offrire suggerimenti efficaci in momenti fondamentali della vita dei clienti. Ma soprattutto, la frequenza e il tono delle comunicazioni possono essere personalizzati per rispondere in modo ottimale al carattere e alle preferenze di un cliente.”

Eliminazione dei bias nella gestione patrimoniale

Il nudging sta affermandosi anche tra gli investitori professionali a mano a mano che il settore della gestione patrimoniale si rende conto del potenziale della scienza comportamentale. Come nel caso degli investitori privati, i metodi più efficaci non utilizzano macchine per escludere la componente umana, ma piuttosto spingono gli investitori a rendersi conto dei propri bias, evitando così costosi errori.

Gulnur Muradoglu, professoressa di finanza alla Queen Mary University of London e Director of the Behavioural Finance Working Group, afferma che la chiave del successo del nudging nella gestione patrimoniale è identificare e mirare a particolari comportamenti irrazionali per impedire che si ripetano.

“Esistono alcune società di gestione patrimoniale che fanno partecipare i loro gestori di fondi a tale tipo di formazione, che deve però essere estremamente specifica [per funzionare]”, afferma. “I gestori possono essere incoraggiati a verificare le loro precedenti previsioni in modo tempestivo, evitando che si illudano di avere sempre ragione. Ciò li aiuterà ad adeguarsi meglio e ad avere aspettative più realistiche per il futuro.”

Le tecniche di nudging digitale sono utilizzate per eliminare i bias da specifici comportamenti in questo modo. In un recente articolo di ricerca, la società di consulenza McKinsey & Co. descrive un approccio conosciuto come “de-biasing” (ossia eliminazione dei bias), che a suo giudizio potrebbe consentire ai gestori patrimoniali di apportare miglioramenti alla performance dei fondi compresi tra 100 e 300 punti base l’anno.9

Il processo comincia con l’utilizzo di un software di analisi dei dati per effettuare la decomposizione delle performance; questo processo indica come certi tipi di decisioni (selezione titoli, tempistiche degli acquisti o delle vendite di asset) abbiano apportato contributi positivi o negativi ai rendimenti storici. I risultati sono combinati con i riscontri raccolti da dettagliati questionari psicometrici che rilevano i fattori emotivi e ambientali che influenzano le decisioni dei gestori.

La natura del nudge dipenderà dal bias identificato con questi metodi. Il “visual nudging” utilizza il software dei gestori per offrire loro automaticamente parametri alternativi sull’ambiente strutturale che potrebbero non avere considerato, come per esempio revisioni al rialzo effettuate dagli analisti o performance dei prezzi rispetto ad altri titoli del settore. Il visual nudging si è dimostrato particolarmente efficace nel gestire un errore conosciuto come “ancoraggio”, una tendenza a basare - o “ancorare” - decisioni su punti di riferimento illogici.

Giles Parkinson, Global Equities Fund Manager di Aviva Investors, utilizza un visual nudge conosciuto come “clean-sheet redesign” (riprogettazione da zero) per evitare quest’insidia. “Una comune tendenza degli investitori è quella di ancorarsi al prezzo pagato per un titolo. Magari l’hanno pagato 100 dollari USA e se scende a 80, decidono di tenerlo troppo a lungo nella speranza che ritorno al livello originario. Si tratta di un atteggiamento del tutto irrazionale”, spiega.

“Disabilitando il display del valore contabile nel software di rendicontazione, che altrimenti mi ricorderebbe costantemente quanto ho pagato per un particolare titolo, mi assicuro di rivalutare in continuazione il portafoglio con mente fresca. È un modo di chiedere a me stesso: “Se partissi da zero, deterrei questo titolo?” È una buona disciplina mentale”, aggiunge Parkinson.

Stupidità artificiale

Come si prospetta il futuro della finanza comportamentale? Con l’avvento dei Big Data e degli algoritmi di apprendimento automatico, alcune società d’investimento hanno individuato una nuova opportunità di alfa. Il settore degli hedge fund quantitativi ha sviluppato sofisticati modelli d’investimento computerizzati che evidenziano brutalmente opportunità di arbitraggio o anomalie di prezzo che i trader umani identificano troppo lentamente.

Tuttavia, anche i più sofisticati strumenti d’investimento basati su intelligenza artificiale hanno limitazioni intrinseche. Gli algoritmi automatici presentano un rischio conosciuto come “overfitting”, ossia la tendenza a trarre conclusioni sulla base di correlazioni casuali, prendendo il rumore come un segnale.10 Un problema più grave è che, sebbene gli algoritmi tendano a dimostrarsi utili per sfruttare una particolare inefficienza, sono meno efficaci nell’adattarsi in caso di cambiamenti di contesto.

“La maggior parte dei modelli quant è concepita per sfruttare un determinato fattore, che sia value, momentum o dimensioni”, afferma Parkinson. “Talvolta tali strategie fattoriali non funzionano, perché il fattore è ciclico, oppure perché la struttura del mercato è cambiata e l’opportunità è scomparsa in modo definitivo. In una situazione del genere, cosa fa un investitore quant? Continua a usare il modello nella speranza che funzioni di nuovo oppure decide che il modello ha una pecca?”

A causa delle difficoltà di adattamento ai cambiamenti contestuali, le macchine autonome rischiano di finire intrappolate in circoli viziosi, ripetendo le stesse operazioni senza rilevarne gli effetti distorsivi sul mercato in generale. Il Financial Stability Board ha messo in guardia da questo pericolo in un recente articolo sull’intelligenza artificiale (AI).11

Esiste quindi il rischio che i computer possano semplicemente avere un malfunzionamento, come nel caso di Knight Capital, una società di trading ad alta frequenza, che crollò nel 2012 dopo aver subito perdite per 440 milioni di dollari USA a causa di una carenza nei suoi algoritmi, causando problemi ad altri investitori. Commentando l’incidente, gli analisti della società di ricerca Gavekal osservarono: “Talvolta i computer non fanno altro che sostituire la stupidità umana con quella delle macchine, [il che] può sconvolgere i mercati in modo molto più rapido di quanto possa fare il panico umano”.12

Then there is the risk the computers could simply malfunction, as was the case with high-frequency trading firm Knight Capital. The company collapsed in 2012 after it sustained losses of $440 million due to a flaw in its algorithms, inflicting disruption on other investors. In a note on the incident, analysts at research provider Gavekal observed: “Sometimes all computers do is replace human stupidity with machine stupidity, [which] can devour markets far faster than any human panic can achieve”.12

Fuori dalle caverne

Nonostante tutte le imperfezioni, quali bias inconsapevoli, propensione allo stress e all’ansia, l’uomo ha ancora vantaggi fondamentali rispetto alle macchine: la capacità di adeguarsi all’incertezza di un contesto in rapido cambiamento e di rendersi conto di ambiguità e sfumature. L’inclusione della capacità informatica nelle decisioni d’investimento offre vantaggi, ma solo se viene integrata con il giudizio umano. Incorporando progettazione, dati e psicologia, il nudge digitale offre un modo di combinare le caratteristiche migliori dell’uomo e delle macchine.

Si pensi agli scacchi. Nonostante gli straordinari progressi sul fronte dell’AI, i migliori giocatori non sono algoritmi ma i cosiddetti “centauri”, giocatori umani liberi di consultare i computer, che possono avvertirli di potenziali insidie, prima che prendano le decisioni sulle prossime mosse. Analogamente, gli strumenti basati su dati possono aiutare gli investitori professionali e non professionali a imparare a conoscere i propri bias e a lavorare consapevolmente per neutralizzarli.

Pur non essendo una bacchetta magica, la combinazione di piattaforme digitali e analisi psicologiche sta già avendo un impatto trasformativo sull’economia, sulla politica governativa e sulle decisioni finanziarie. La scienza comportamentale ci insegna che una parte del nostro cervello rimane sempre in quel mondo preistorico oscuro, in cui si tende ad affidarsi all’istinto per sopravvivere. Usando la potenza dei dati, cominciamo a uscire dalle caverne, poco per volta, grazie a “spinte gentili” ben congegnate.

Riferimenti

1 Kahneman, Thinking, fast and slow, 2011

2 Thaler and Sunstein, Nudge: Improving decisions about health,wealth, and happiness, 2008

3 Thaler, ‘Behavioural economics: Past, present and future,’ American Economic Review, May 2016

4 Ibid.

5 ‘Incentives shift BART riders out of the morning rush,’ Bay Area Rapid Transit System website, August 2017

6 Pentland, Social Physics: The new science of information flow, 2014

7 ‘Artificial intelligence and machine learning in financial services: Market developments and financial stability implications,‘ FSB, November 2017

8 ‘Procyclical behaviour of institutional investors during the recent financial crisis: causes, impacts, and challenges,’ International Monetary Fund, September 2013

9 ’An analytics approach to debiasing asset management decisions,‘ McKinsey & Co., December 2017

10 ‘Fintech: Search for a super-algo,’ Financial Times, January 2016

11 ‘Artificial intelligence and machine learning in financial services,’ FSB

12 Op cit.

13 Thaler, Misbehaving: The making of behavioural economics, 2015

14 ‘Procyclical behavior of institutional investors during the recent financial crisis,’ IMF, September 2013

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