La Brexit continua a dominare i titoli dei giornali nel Regno Unito, ma l'Unione europea si trova ad affrontare altre sfide a lungo termine, dall'aumento dell'euroscetticismo in Italia allo stallo nell'avanzamento della riforma della zona euro.

Con abito elegante e sorriso smagliante, il nuovo presidente francese Emmanuel Macron naviga col vento in poppa in acque tranquille. Dietro di lui, il primo ministro britannico Theresa May galleggia arrancando nelle sue scarpe leopardate - un simbolo del progetto Brexit destinato a fallire. Ma Macron preme congli occhi fissi sull'orizzonte illimitato.

L’immagine di copertina dell’ “Economist” del giugno 2017 ben racchiude le grandi speranze dell’Europa sulla Presidenza Macron. Dopo aver creato un nuovo partito da zero e aver battuto il suo rivale di estrema destra alle elezioni francesi, Macron – liberale, centrista, fedele europeista – è stato salutato come l’uomo che avrebbe fatto rivivere la Francia, messo da parte la minaccia del populismo e salvato la zona euro.

L'UE si trova di fronte a un vuoto di leadership politica in un periodo scoraggiante

A distanza di 18 mesi, Macron non sta tanto camminando sull’acqua, quanto freneticamente cercando di tenere la testa sopra la superficie. Le sue valutazioni di approvazione sono crollate con le proteste di massa, apparentemente una rivolta contro le nuove tasse sui carburanti e sulle pensioni. I partiti nazionalisti sono in aumento nel sud e nell’ est dell’Unione europea, complicando le speranze di Macron per una riforma della stessa A peggiorare le cose, la sua stretta alleata Angela Merkel presto abbandonerà la carica di cancelliere tedesco or Angela Merkel si dimetterá presto come cancelliere tedesco.

Con Macron e Merkel che perdono autorità, l'UE si trova ad affrontare un vuoto di leadership politica durante un periodo scoraggiante.

La Brexit potrebbe ancora causare perturbazioni nel mercato e i partiti euroscettici sembrano destinati ad avere la meglio in occasione delle elezioni del Parlamento europeo di maggio. L'Italia rimane economicamente vulnerabile. Nel medio termine, le istituzioni finite della zona euro non sono attrezzate per gestire un’altra crisi del debito, mentre le divisioni sulla migrazione potrebbero causare fratture più profonde.

“L’Europa si trova a un punto di svolta”, afferma Stewart Robertson, Senior Economist per il Regno Unito e l’Europa di Aviva Investors. “L’UE ha molto da celebrare, nonda ultimo democrazie sane, economie ricche e alcune delle città più vivibili al mondo. Tuttavia, se I would remove this as repetitionvuole prosperare in futuro, dovrà risolvere alcuni problemi urgenti, in particolare le linee di frattura politiche ed economiche della zona euro”.

L’Europa nel 2019

Iniziamo con le sfide immediate. Al momento della stesura di questo articolo, il Regno Unito avrebbe dovuto or era destinato a lasciare l’UE il 29 marzo 2019, sebbene i dettagli sulla sua partenza. Se il Regno Unito prospererá in modo indipendente, altri Stati membri dell’UE potrebbero essere incoraggiati a seguire il suo esempio; una Brexit economicamente dannosa, d’altro canto, sarebbe un monito.

Nessuna delle due parti trarrebbe vantaggio dalle autostrade intasate dal traffico o dagli aerei a terra – i rischi di uno scenario del “no deal” – ma l’economia della zona euro sembra meglio posizionata rispetto a quella britannica per assorbire qualsiasi shock. La crescita del PIL della zona euro nel 2018 si é attestata a un solido seppur poco spettacolare 1,5 per cento, inferiore a quello del 2017, ma a un livello sostenibile nell’ambito della capacità a lungo termine del blocco.

L'acuirsi delle tensioni commerciali globali rimane una minaccia per la crescita, ma la Banca Centrale Europea (BCE) ha lasciato un certo margine di manovra per normalizzare la politica.

Le elezioni del Parlamento europeo di fine maggio forniranno un quadro del sentiment politico post-Brexit nell'UE. Anche se le dimensioni dell’organismo si ridurranno in seguito all’uscita del Regno Unito il voto rimane un impegno massiccio: 705 eurodeputati saranno eletti da 27 Stati membri, in rappresentanza di quasi 500 milioni di persone. Il Parlamento europeo è l’unica Istituzione dell’Unione europea i cui membri sono eletti direttamente; la maggior parte dei deputati siede in alleanze sciolte che lavorano insieme per approvare la legislazione. 

“Le elezioni del Parlamento europeo saranno importanti”, afferma Chris Bickerton, accademico dell’Università di Cambridge e autore di “The European Union: A Citizen’s Guide”. “Le elezioni sono il vero primo test per Macron ed è probabile che il risultato sia piuttosto negativo. Sarà interessante vedere chi raccoglierà i suoi voti: in Francia forse il Front National o il centro-destra”.

Le elezioni del Parlamento europeo forniranno un indicatore del sentiment politico post-Brexit nell'UE

Avendo sostenuto una più stretta integrazione della zona euro e promosso una veemente difesa dei valori liberali, il Presidente francese è stato un fulmine a ciel sereno per lo scontento degli euroscettici in tutto il continente. In patria, i manifestanti “Gilets Jaunes” continuano ad affollare le strade di Parigi nei loro gilet fosforescenti, nonostante i tentativi del governo di placarli attraverso l’aumento del salario minimo e abolendo la proposta di nuove tasse sul carburante.

“Il tentativo di Macron di imporre un consenso comune [in Europa] sarà influenzato dagli sviluppi interni”, afferma il professor Jean Pisani-Ferry, accademico della Hertie School of Governance ed ex Direttore di Programma e Idee sulla campagna presidenziale di Macron. “Macron si sta indebolendo come conseguenza dei Gilets Jaunes. Ció a cui assistiamo in Francia non è altro che una manifestazione specificamente francese di un fenomeno molto più ampio: la frustrazione economica, sociale e politica delle classi medie e medio-basse, che abbiamo visto contribuire al voto Brexit e all’elezione di Donald Trump”.

Gli analisti ritengono improbabile che le elezioni del Parlamento europeo si concludano con un chiaro vincitore per qualsiasi gruppo parlamentare esistente, con i partiti socialisti allineati con l'Alleanza progressista di Socialisti e Democratici che dovrebbero perdere i seggi. Ciò significa che i deputati al Parlamento europeo potrebbero dover creare una grande coalizione per approvare la legislazione nei prossimi cinque anni – un risultato che potrebbe non attenuare le lamentele secondo cui il Parlamento non sia in grado di rispondere alle questioni più urgenti dell’Europa.

Uscita italiana?

Tra questi problemi, la svolta euroscettica dell’Italia è probabilmente la più grande minaccia per il progetto europeo. Il governo di coalizione al potere, un’insolita alleanza tra la Lega Nord di destra e l’anarchico Movimento Cinque Stelle che ospita al suo interno un largo gruppo di opinioni, ha minacciato di violare le norme fiscali della zona euro, anche se a dicembre 2018 ha raggiunto un accordo tardivo sulla spesa con la Commissione Europea. Il nuovo bilancio vedrà un aumento del deficit italiano di poco piú del l due per cento, superiore a un limite precedentemente imposto, ma inferiore al 2,4 per cento previsto nella proposta originaria.

Vi sono ancora debolezze nel settore finanziario italiano e le tensioni politiche potrebbero intensificarsi

La fine del programma di quantitative easing della BCE a dicembre potrebbe essere stata un fattore che ha influito sul declino del governo italiano. I responsabili dell’arena politica si sono preoccupati soprattutto dell’ampliamento degli spread tra i rendimenti dei titoli di Stato italiani e tedeschi, in quanto il maggior acquirente di titoli di stato del continente ha ridotto gli acquisti. Il debito pubblico italiano è pari a oltre il 130 per cento del PIL, un onere che potrebbe rapidamente rivelarsi insostenibile se i rendimenti aumentassero.

“L’accordo tra la Commissione Europea e il governo italiano dovrebbe calmare la situazione”, afferma Robertson. “Le finanze pubbliche italiane rischiavano di imboccare strade esplosive ed enormemente insostenibili. Vi sono, tuttavia, ancora debolezze nel settore finanziario italiano e le tensioni politiche potrebbero riaccendersi. L'Italia non è ancora fuori dal tunnel”.

La miscela esplosiva di populismo euroscettico, debito elevato e crescita anemica dell’Italia ha indotto alcuni a temere che potrebbe alla fine seguire l’esempio del Regno Unito e uscire dall’UE. Dato che l’Italia fa parte della moneta unica, le conseguenze sarebbero molto più dannose della Brexit: ridenominato in lire, il patrimonio italiano crollerebbe e i debiti del Paese denominati in euro diventerebbero insostenibili, causando potenziali shock nell’area euro e nei mercati finanziari più ampi.

Carlo Bastasin è senior fellow nel programma di politica estera presso il Brookings Institution a Washington D.C. e autore di “Saving Europe”, uno studio approfondito sulla crisi nella zona euro. Egli sottolinea come l'Italia sia ancora un paese ricco, con alti livelli di ricchezza pro capite. Secondo i dati della Banca d’Italia, le famiglie italiane vantano un patrimonio collettivo di 10,5 trilioni di euro, di cui 4,2 trilioni di euro in attività finanziarie. Nella peggiore delle ipotesi è improbabile che i cittadini italiani mettano a repentaglio questa ricchezza.

“In un certo senso, gli italiani hanno usato il patrimonio e la ricchezza come autodifesa contro uno stato inefficiente”, dice Bastasin. “Il riconoscimento che la situazione fiscale vacilli e che un giorno il governo potrebbe non essere in grado di ripagare i propri debiti e onorare i propri impegni pensionistici ha indotto gli italiani ad accumulare beni immobili e risparmi. Paradossalmente, dato il basso livello di crescita economica in Italia, è più importante difendere i livelli di ricchezza rispetto ai livelli di reddito”.

Tutto ciò significa che un cambiamento nel governo italiano – forse determinato da un peggioramento delle sorti economiche del paese – sia  piú probabile che un’uscita dall’UE nel medio termine, secondo Bastasin. “La situazione fiscale italiana non è coerente con le politiche economiche del governo. O la situazione fiscale si rivela insostenibile o il governo cambia, e quest'ultima opzione è più facile da realizzare. Anche se ci fosse un solo partito populista nel governo di coalizione, anziché due, la situazione fiscale e l’agenda del governo diventerebbero più coerenti”.

Il divario nord-sud

La situazione di stallo tra Italia e Commissione europea indica una più profonda frattura tra nord e sud nella zona euro. Come l’Italia, anche altre nazioni dell’Europa meridionale – tra cui Grecia, Spagna e Portogallo – stanno ancora subendo le conseguenze economiche della crisi del debito sovrano che ha fatto seguito al crollo finanziario globale del 2009.

Legate alla moneta unica, queste economie più deboli non sono state in grado di uscire dalla difficile situazione convenzionale, riducendo i tassi di interesse per svalutare le proprie monete e rendere più competitive le proprie esportazioni. Hanno invece dovuto abbassare salari e prezzi per ottenere lo stesso risultato. L’austerità e la diffusa disoccupazione hanno lasciato cicatrici economiche che persistono ancora oggi – “effetti di isteresi”, in gergo economico – e hanno contribuito al populismo in queste nazioni. Nel frattempo, gli Stati dell’Europa settentrionale si sono ripresi molto più rapidamente.

Nel suo libro “EuroTragedy: A Drama in Nine Acts”, l’economista Ashoka Mody paragona l’accelerazione del divario tra il nord e il sud della zona euro alla “grande divergenza” che si è verificata dopo la rivoluzione industriale alla fine del 18° secolo, durante la quale la crescita in alcuni Paesi europei è accelerata, mentre altre regioni come l’America Latina e l’Africa sono entrate in un lungo declino. A suo avviso, i problemi endemici e correlati, come la scarsa qualità istituzionale, il rapido invecchiamento della popolazione e la bassa produttività, continueranno a pesare sulle economie dell'Europa meridionale e a mettere alla prova l'integrità della zona euro.

Map of Europe

Allo stesso tempo, i Paesi del Nord Europa continueranno a registrare performance robuste, accumulando ampi surplus che contribuiranno a creare  squilibri in tutto il blocco. Secondo l’Ifo Institute for Economic Research con sede a Monaco, la Germania ha registrato nel 2018 un surplus delle partite correnti stimato a 300 miliardi di dollari USA (7,8 per cento del PIL), il maggiore al mondo per il terzo anno consecutivo.

“L’Europa ha bisogno di un ribilanciamento dell’economia tedesca, ma è politicamente difficile per la Germania rinunciare al surplus corrente conquistato a caro prezzo”, afferma Ed Kevis, European Equities Fund Manager di Aviva Investors. “La Germania ha beneficiato di una moneta artificialmente debole, anche se altri paesi ne hanno risentito. Idealmente, il governo tedesco investirebbe nelle infrastrutture sia a livello nazionale che in tutta Europa per ridistribuire parte di quel denaro”.

Se dovesse verificarsi un’altra crisi, potrebbe essere necessario un trasferimento fiscale più diretto dal nord al sud per salvare le economie indebitate. I salvataggi sono, tuttavia, una questione politicamente delicata in Germania e in altre nazioni settentrionali come la Danimarca, la Finlandia, l'Irlanda, la Svezia, i Paesi Bassi e gli Stati baltici; un gruppo soprannominato la Nuova Lega anseatica, come una confederazione di corporazioni che dominavano il commercio nell'Europa medievale.

Robertson contrappone la zona euro agli Stati Uniti, che rispondono in modo molto diverso alle pressioni economiche interne. La crisi statunitense del risparmio e dei prestiti degli anni ‘80 e ‘90, ad esempio, ha portato al fallimento di oltre 1.000 piccole banche, soprattutto nel sud degli Stati Uniti. Un salvataggio da 50 miliardi di dollari da parte del governo federale nel 1989 ha comportato un trasferimento fiscale dagli Stati Uniti ricchi della costa orientale e occidentale a queste aree economicamente più deboli. Tuttavia, a differenza dei recenti salvataggi nella zona euro, ciò non ha suscitato  molto scalpore tra l'opposizione politica.

Robertson contrappone la zona euro agli Stati Uniti, che rispondono in modo molto diverso alle pressioni economiche interne. La crisi statunitense del risparmio e dei prestiti degli anni ‘80 e ‘90, ad esempio, ha portato al fallimento di oltre 1.000 piccole banche, soprattutto nel sud degli Stati Uniti. Un salvataggio da 50 miliardi di dollari da parte del governo federale nel 1989 ha comportato un trasferimento fiscale dagli Stati Uniti ricchi della costa orientale e occidentale a queste aree economicamente più deboli. Tuttavia, a differenza dei recenti salvataggi nella zona euro, ciò non ha suscitato molto scalpore tra l'opposizione politica.

“In netto contrasto con la tendenza dell’eurozona a trascinare l’accordo di salvataggio della Grecia nel 2015, lo stesso sforzo durante l’evento dei risparmi e dei prestiti non è stato controverso, anche se il costo proporzionale per gli Stati americani più ricchi è stato di gran lunga superiore a quello subito dalle nazioni ricche d’Europa durante la crisi dell’euro”, afferma Robertson. “Finché la zona euro non sarà gestita come gli Stati Uniti, con un’unione di trasferimenti interna, continuerete a fare fronte a questo tipo di problemi”.

Apertura o chiusura?

Le divisioni dell’Unione europea non sono puramente economiche. Se è vero che i principali partiti europei sono molto simili, ogni partito populista è populista a modo suo. Laddove i ribelli dell’Europa meridionale si sono schierati contro l’austerità fiscale imposta dai paesi del nord, i leader di destra dell’est, come l’ungherese Victor Orban e il polacco Andrzej Duda, tendono ad opporsi maggiormente al liberalismo sociale e all’immigrazione, mettendo in discussione i valori con cui l’Europa ha cercato di definirsi.

Il sostegno alla libertà di circolazione all’interno dell’Unione europea rimane forte, ma cresce l’opposizione nei confronti dei migranti extracomunitari – e non solo a est. Il rifiuto di Angela Merkel di allontanare due milioni di rifugiati dal confine tedesco nel 2015, molti dei quali sfollati a causa della guerra in Siria, è stato accolto come un simbolo del liberalismo sociale europeo dai suoi ammiratori in tutto l’Occidente, ma ha creato un'opportunità per il partito di estrema destra Alternative für Deutschland (AfD) di crescere come forza elettorale, fomentando il risentimento contro l'immigrazione. 

Pisani-Ferry sostiene che la principale divisione politica dell’Europa non è più la contrapposizione tra destra e sinistra. I principali dibattiti sono ora tra coloro che sostengono modelli sociali ed economici “aperti” anziché “chiusi”. “Da un lato ci sono persone che vorrebbero porre maggiore enfasi sulla chiusura delle frontiere ai migranti, ma forse anche a beni e servizi, dall’altro, ci sono quelli più internazionalisti. Questo sta diventando un divario significativo in tutta Europa”.

La dipendenza della Germania dalle forniture energetiche russe complica il quadro generale

Lungo la seguente linea politica di “apertura-chiusura”, si formano nuove alleanze. Sia Orban che Matteo Salvini, Ministro degli Interni italiano di estrema destra, stanno invocando un nuovo patto tra i partiti anti-immigrazione per sfidare il consenso liberale all’interno delle Istituzioni dell’UE.1 Sul lato “aperto”, l’eurodeputato belga Guy Verhofstadt ha chiesto all’Unione di spingersi oltre nel sanzionare gli Stati membri che violano i valori liberali europei contrastando le norme democratiche e attaccando la stampa libera.2

Parte del problema è che l'Unione europea ha poco potere per affrontare le cause all’origine dell'instabilità globale che contribuiscono alla politica di estrema destra. Persino la Germania, la più grande economia europea, spende solo l’1,2 per cento del PIL per la difesa, una percentuale molto inferiore alle linee guida NATO del due per cento. Ciò significa che deve fare i conti con le conseguenze delle catastrofi globali – come la crisi dei rifugiati siriani – senza poter contribuire alla loro risoluzione.

In un’epoca di crescenti tensioni tra “grandi potenze”, questa potrebbe diventare una debolezza sempre più dannosa, soprattutto perché si prevede che il cambiamento climatico porterà a una maggiore concorrenza per le risorse naturali e a una migrazione di massa a lungo termine. La continua dipendenza della Germania dalle forniture energetiche russe attraverso il gasdotto Nord Stream complica ulteriormente il quadro.

“La minaccia protezionistica di Trump; la questione del Nord Stream; l'eredità politica interna della crisi di migranti; la crescente influenza dell'Austria nell'UE e la sua capacità di stringere alleanze con stati come l'Italiasono difficoltà che i governi tedeschi non affrontavano da molto tempo e non sono pronti ad affrontare”, ha dichiarato Helen Thompson, professoressa di economia politica dell'Università di Cambridge.

L'UE rischia di perdere il suo esercito maggiore dopo la Brexit, anche se con accordi sulla futura cooperazione tra il Regno Unito e le forze europee. Allo stato attuale l'Unione europea è restia a riunire forze congiunte per perseguire obiettivi globali nell'ambito della sua Politica di sicurezza e di difesa comune. La sua unica recente missione di combattimento è stata nella Repubblica centrafricana, dove ha inviato 750 militari. (Le vittime sono state più o meno inesistenti; un caporale francese é deceduto ma per malaria.3) Resta da vedere se il resto d’Europa sarà disposto a sottoscrivere il piano di Macron per la creazione di un esercito UE che assuma un ruolo geopolitico più assertivo, sebbene Francia e Germania abbiano accettato di intensificare la loro cooperazione militare ai sensi di un nuovo trattato firmato il 22 gennaio.4

Scenari futuri

Alla luce delle crescenti fratture politiche ed economiche in tutta l'Unione europea, sarà necessaria una vera e propria arte di governare per garantire la sopravvivenza del progetto europeo. E i leader del continente hanno dimostrato di essere consapevoli della necessità di riforme.

Nel 2017, la Commissione europea ha pubblicato un Libro bianco sul futuro dell'UE, che delineava i vari scenari possibili.5 Tra queste opzioni figurava  “nient’altro che il mercato unico”, un piano che di fatto rinuncia a una più stretta integrazione in materia di sicurezza e di difesa e ricollega il progetto europeo al mantenimento di un blocco commerciale efficiente. Il documento ha inoltre delineato una cosiddetta UE a “due velocità” in cui gli stati centrali, incluse le economie della zona euro, aumentano l’integrazione politica ed economica, mentre quelli periferici mantengono una maggiore indipendenza. Lo scenario finale auspica che tutti gli stati dell’Ue facciano “molto di più insieme”, con un migliore coordinamento sulle questioni fiscali, sociali e di difesa all’interno della zona euro e negli stati non appartenenti a essa. 

Nel 2018, Macron e Merkel hanno compiuto modesti progressi su un modello di nuove riforme. Durante una conferenza tenutasi a giugno nella città tedesca di Meterberg, hanno deciso che la zona dell’euro avrebbe dovuto creare un bilancio per fare fronte alle crisi finanziarie, benché amministrato dalle istituzioni esistenti dell’Unione europea. Una dichiarazione congiunta franco-tedesca rilasciata ai ministeri delle finanze dell’UE non specificava l’entità del presunto bilancio e stabiliva che sarebbe stato finanziato attraverso i contributi congiunti degli Stati della zona euro, attraverso strumenti quali una tassa sulle transazioni finanziarie (che ancora non esiste, nonostante sia stata originariamente proposta nel 2011).

Dato che la proposta Macron-Merkel fa parte dell’infrastruttura finanziaria dell’UE, sarebbe necessario che tutti gli Stati membri dell’UE vi aderissero, il che è tutt’altro che certo. La stessa Merkel dovrebbe dimettersi dalla carica di cancelliere tedesco prima del 2021, dopo essere stata già sostituita da quella che è stata la sua protetta, Annegret Kramp-Karrenbauer, come leader del partito dell’Unione Cristiano-Democratica (CDU). Non è chiaro se Kramp-Karrenbauer sia disposta a far approvare il piano Merkel di fronte all'opposizione interna se dovesse diventare la Cancelliera come previsto. Anche il gruppo anseatico guidato dai Paesi Bassi, che è resistente alla condivisione dei rischi finanziari, potrebbe rivelarsi un ostacolo.

Un’unione sempre più stretta o un decentramento?

A che punto è il progetto europeo? Claus Offe, sociologo tedesco, sostiene che l’Europa sia ormai “intrappolata” da imperativi concorrenti.6 Dal punto di vista politico, non è possibile progredire verso una maggiore integrazione senza grandi difficoltà, ma non è nemmeno possibile liberarsi facilmente dai membri o dividersi in blocchi monetarisettentrionali o meridionali. L'unica economia che potrebbe essere abbastanza forte da sopravvivere alla turbolenza causata da una ridenominazione della sua valuta è la Germania. 

Pictograph of the Euro-zone countries

Bastasin sostiene che una maggiore integrazione potrebbe ancora verificarsi comeconseguenza di fattori esterni. In un contesto geopolitico sempre più difficile, l’Europa potrebbe essere costretta a unirsi per rafforzare le difese digitali e militari, gettando le basi per una più stretta cooperazione economica. In questo scenario, il desiderio di pace e stabilità – le motivazioni originali alla base della creazione della Comunità europea del carbone e dell’acciaio nel 1951 – stimolerebbe il necessario completamento del quadro economico. Nel frattempo, i progressi nell’integrazione finanziaria all’interno dell’unione doganale potrebbero migliorare la resilienza delle istituzioni della zona euro dal basso verso l’alto.

Un’altra possibilità è che l’Europa diventi più decentrata senza frantumarsi – una versione dello scenario del “nient’altro che il mercato unico” proposto dalla Commissione europea. A parere di Ashoka Mody, un simile risultato potrebbe rivitalizzare l’Unione europea. Abbandonando le aspirazioni all’integrazione fiscale e concedendo ai governi nazionali maggiore autonomia attraverso un nuovo meccanismo di ristrutturazione del debito, l’Europa potrebbe aprire la strada a un “vibrante decentramento competitivo” che stimoli l’innovazione e gli standard di istruzione.

Vera armonia?

Nonostante il populismo faccia notizia, il progetto europeo conserva il sostegno di vaste fasce della popolazione del continente. L’ultimo sondaggio dell’Eurobarometro, condotto dalla Commissione europea a maggio 2018, ha dimostrato che il sostegno all’Unione europea era ai massimi degli ultimi 35 anni. Due terzi degli europei intervistati hanno dichiarato che il loro paese ha beneficiato dell'adesione all'UE, mentre il 60 per cento ha considerato positiva l'adesione all'UE. L'Unione europea è ancora vista da molti come garante della pace e della prosperità economica.

Sia che i leader europei sostengano il decentramento sia che esortino a un’unione più stretta, dovranno equilibrare le esigenze concorrenti della sovranità nazionale e della stabilità collettiva per mantenere i cittadini europei al loro fianco. Ma poi è sempre stato così. In un saggio del 1833, lo storico tedesco Leopold von Ranke descrisse lo sviluppo di grandi relazioni di potere sul continente e prospettò un futuro basato sull'equilibrio. Le sue parole risuonano ancora oggi: “L’unione di tutti dipende dall’indipendenza di ciascuno... Una preponderanza decisiva dell’una sull’altra porterebbe alla rovina degli altri. Una loro fusione distruggerebbe l'essenza di ciascuno. Da uno sviluppo separato e indipendente emergerà una vera armonia”.

Implicazioni per gli investimenti: il racconto di due mercati

Il futuro politico dell'Unione europea avrà un impatto enorme sui mercati di tutto il continente. Dall’ inizio del 2019, gli investitori seguono con particolare attenzione gli eventi in Germania e in  Italia. Il punto di vista comune  è quello della forza tedesca e della debolezza italiana e, sebbene questo sia ampiamente vero, un'analisi più approfondita rivela alcune sfumature.

La Germania sta subendo grandi cambiamenti. Sulla scia di costose sconfitte nelle elezioni regionali del 2018, Angela Merkel è stata sostituita da Annegret Kramp-Karrenbauer come leader dell’Unione Cristiano- Democratica (CDU) , episodio che potrebbe anche succedere alla Merkel come Cancelliera. Le questioni economiche potrebbero in parte spiegare perché gli elettori si sono opposti alla Merkel: la crescita del PIL ha iniziato a rallentare e appare sempre più sbilanciata dal predominio delle grandi società di esportazione nei settori industriale edautomobilistico.

Un’indicazione della dipendenza della Germania dall’industria automobilistica è stata fornita dai dati relativi al terzo trimestre 2018, che hanno evidenziato una contrazione dello 0,2 per cento della crescita del PIL, che gli analisti attribuiscono a un forte calo della produzione tra società come Volkswagen e Daimler. I giganti automobilistici tedeschi stanno cercando di attrezzare nuovi veicoli per soddisfare gli standard in materia di emissioni previsti dalla procedura comunitaria WLTP (Worldwide Harmonised Light Vehicle Test Procedure), introdotta lo scorso settembre. Secondo gli ultimi dati ufficiali, l’economia è cresciuta dell’1,5 per cento nel 2018, il tasso più basso degli ultimi cinque anni.

“La regolamentazione continuerà probabilmente a pesare sulla crescita del settore automobilistico tedesco nel medio termine”, afferma Ed Kevis, European Equities Fund Manager di Aviva Investors, che sottolinea anche l’impatto del crescente protezionismo commerciale sugli esportatori tedeschi. “Se le guerre commerciali portano a un rallentamento della crescita cinese, questo colpirà anche le società automobilistiche, così come le multinazionali tedesche in altri settori esposti alla Cina, come Bayer e BASF”.

Nel 2018, il DAX, l’indice azionario tedesco di riferimento delle società prevalentemente multinazionali, è sceso di oltre il 18 per cento in valuta locale, registrando la peggiore performance da un decennio. Oltre alle grandi case automobilistiche, sono crollate anche le azioni del settore elettronico (Siemens), farmaceutico (Bayer) e bancario (Deutsche Bank). Kevis sostiene che, nel 2019, la regolamentazione continuerà a pesare sui grandi esportatori - così come le tensioni commerciali, chepersisteranno - anche se le banche tedesche potrebbero riallinearsi al settore finanziario europeo nel caso in cui la Banca Centrale Europea (BCE) iniziasse ad aumentare quest’anno i tassi di interesse.

Table showing german exports slowing
L'economia tedesca appare squilibrata per la prevalenza delle grandi società di esportazione

Per quanto riguarda le obbligazioni tedesche, gli investitori obbligazionari seguono con attenzione gli effetti del ritiro del quantitative easing (QE) da parte della BCE a dicembre. Nonostante alcuni risentimenti politici in Germania, riguardo al programma a sostegno delle economie spendaccione nell'Europa meridionale, il QE ha contribuito a mantenere bassi i rendimenti obbligazionari tedeschi (gli acquisti di obbligazioni tedesche da parte della BCE hanno superato l'allocazione del paese nell'ambito del “capital key", che ha spartito la quota di acquisto di obbligazioni di ogni membro in base all'importo versato).

“I rendimenti obbligazionari decennali tedeschi sono diminuiti e oscillano intorno allo 0,2 per cento dall’inizio del 2019, ma con l’avvio della politica di normalizzazione della BCE possiamo ipotizzare che aumentino”, afferma Geoffroy Lenoir, Head of euro sovereign rates di Aviva Investors a Parigi. “Ciò varrebbe anche per altri paesi. Un rischio per questo scenario è che i dati macroeconomici vengano delusi ulteriormente”.

Che cosa accadrà all’Italia, comunemente considerata l’economia più vulnerabile d’Europa? Alcuni dei principali rischi d’investimento si sono dissipati dalla risoluzione della situazione di stallo generata a dicembre tra Italia e Commissione europea, sul bilancio italiano. Tale risoluzione ha ridotto lo spread tra le obbligazioni tedesche e italiane – la cosiddetta “area di timore” – il che significa che l’Italia dovrebbe essere in una posizione migliore per superare la normalizzazione della politica della BCE.

Anche quest’anno l’accordo sul budget dovrebbe andare a vantaggio dei titoli finanziari italiani, sebbene alcune delle banche più piccole del Paese rimangano vulnerabili a causa di problemi di finanziamento. All'inizio di gennaio, la BCE ha nominato gli amministratori temporanei presso la tormentata banca italiana, Banca Carige, che sta lottando per completare un piano di rafforzamento patrimoniale da 400 milioni di euro.

Nonostante queste emissioni, il 19 febbraio, l'indice FTSE MIB ha registrato un rialzo di oltre il dieci per cento, facendo di quest'ultimo uno dei mercati azionari europei che ha messo a segno la miglior performance, secondo i dati di Bloomberg. L’accordo sul budget ha tranquillizzato gli investitori circa le finanze pubbliche italiane, mentre l’inserimento della squadra di calcio Juventus all’indice, insieme ai forti guadagni della società petrolifera Saipem, ha conferito al mercato un ulteriore slancio a breve termine.

A piú lungo termine, l’Italia deve ancora affrontare grandi questioni politiche ed economiche, anche se la peggiore paura degli investitori, un’uscita dell’Italia dalla zona euro, è improbabile che si realizzi. L’Italia resta un paese ricco in termini pro capite. Uscire dal blocco europeo significherebbe probabilmente ridenominare la valuta con una forte svalutazione, eliminando gran parte di questa ricchezza. “Nella peggiore delle ipotesi, non crediamo che gli elettori possano sostenere questo”, conclude Kevis.

Riferimenti

  1. ‘Victor Orban calls for anti-migration politics to takeover the EU,’ The Guardian, January 2019.
  2. See ‘Drain the EU swamp,’ Project Syndicate, October 2018.
  3. See Bickerton, The European Union: A Citizen’s Guide (Pelican Books, 2016).
  4. ‘Macron and Merkel’s treaty tests European nerves,’ Politico, January 2019.
  5. See The Future of Europe portal at https://ec.europa.eu/commission/future-europe_en.
  6. Claus Offe, Europe Entrapped (Polity Press, 2015).

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A Singapore, questo materiale è diffuso tramite un accordo con Aviva Investors Asia Pte. Limited (AIAPL) ed è esclusivamente rivolto agli investitori istituzionali. Si ricorda che AIAPL non effettua ricerca o analisi indipendenti in materia o per la preparazione del presente materiale. I destinatari del presente sono invitati a contattare AIAPL per qualsiasi questione derivante o legata al presente materiale. AIAPL, società di diritto di Singapore con n. di iscrizione 200813519W, è titolare di una Licenza per servizi sui mercati dei capitali valida per svolgere attività di gestione di fondi ai sensi del Securities and Futures Act (Singapore Statute Cap. 289) ed è un Consulente finanziario asiatico esente ai sensi del Financial Advisers Act (Singapore Statute Cap.110). Sede legale: 138 Market Street, #05-01 CapitaGreen, Singapore 048946. In Australia, questo materiale è diffuso tramite un accordo con Aviva Investors Pacific Pty Ltd (AIPPL) ed è esclusivamente rivolto agli investitori istituzionali. Si ricorda che AIPPL non effettua ricerca o analisi indipendenti in materia o per la preparazione del presente materiale. I destinatari del presente sono invitati a contattare AIPPL per qualsiasi questione derivante o legata al presente materiale. AIPPL, società di diritto australiano con Australian Business No. 87 153 200 278 e Australian Company No. 153 200 278, è titolare di una Licenza per servizi finanziari in Australia (AFSL 411458) rilasciata dall'Australian Securities and Investments Commission. Sede operativa: Level 27, 101 Collins Street, Melbourne, VIC 3000 Australia.

Il nome "Aviva Investors" nel presente materiale si riferisce nel complesso all'organizzazione di imprese di gestione patrimoniale che opera sotto il nome di Aviva Investors. Ogni consociata di Aviva Investors è una controllata di Aviva plc, società finanziaria multinazionale quotata con sede nel Regno Unito.

Aviva Investors Canada, Inc (“AIC”) ha sede a Toronto e rientra nella regione nordamericana dell’organizzazione di imprese di gestione patrimoniale che opera sotto il nome di Aviva Investors. AIC è registrata presso l'Ontario Securities Commission come gestore di negoziazione di materie prime, dealer di mercato esente, gestore di portafoglio e gestore di fondi d'investimento. AIC è inoltre registrata come dealer di mercato esente e gestore di portafoglio in ogni provincia del Canada e può essere registrata anche come gestore di fondi d'investimento in alcune altre province.

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