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L’inganno dell’effetto framing sui mercati emergenti: i titoli di debito dei mercati emergenti e le difficoltà di una classe di attivi incompresa.

Il modo in cui inquadriamo le cose influisce profondamente sul modo in cui elaboriamo le informazioni e, di conseguenza, in cui agiamo. Tanto è vero che, malgrado prove convincenti del contrario, può essere molto difficile liberarsi da un preconcetto mitizzato. Sembrerebbe sia difficile rimuovere un’etichetta dopo averla attribuita.

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3 minuti di lettura

I mercati emergenti ne sono un esempio idoneo. Nel peggiore dei casi, l’etichetta corrisponde a un quadro fuorviante. Nel migliore dei casi, non riesce a recepire le sfumature di ogni paese ed emittente che li costituiscono. Le nostre peculiarità comportamentali hanno “complottato” per guidare molti investitori verso mercati strutturalmente sottoponderati, soprattutto quando si tratta delle allocazioni a titoli di debito.

Molti dei fatti che seguono sono ben noti, ma conviene ripeterli se si vogliono ribilanciare i propri errori cognitivi.

I mercati emergenti comprendono ormai circa il 60% dell’economia mondiale in termini di PIL.1 Sebbene le popolazioni del mondo sviluppato ristagnano e si atrofizzano, quelle dei mercati emergenti sono giovani e produttive; circa l’85% della popolazione mondiale, quasi sei miliardi e mezzo di persone, vive in mercati emergenti.2

Tuttavia, non soltanto dispongono di forze lavoro giovani e vivaci, ma sta cambiando anche la composizione socioeconomica della loro popolazione. Il Brookings Institute ha previsto che la classe borghese mondiale raddoppierà nei prossimi dieci anni, raggiungendo 4,8 miliardi entro il 2030, e il 79% vivrà nelle nazioni in via di sviluppo.3

Considerata la loro pura e semplice influenza demografica, non sorprende allora che si prevede che i mercati emergenti saranno i primari fattori di crescita globale nei prossimi anni. Nel suo recente World Economic Outlook, il Fondo monetario internazionale (FMI) ha stimato che la differenza tra tassi di crescita economica tra i mercati emergenti e sviluppati quasi raddoppierà nei prossimi cinque anni, al 3,2%.4 Attraverso un’estrapolazione dei tassi di crescita attuali e la quota di economia globale dei mercati emergenti, il FMI prevede che le loro economie contribuiranno all’84% della crescita globale entro il 2024.5

Proliferano anche gli strumenti all’interno dell’universo dei titoli di debito dei mercati emergenti (257% di crescita negli ultimi dieci anni), mentre il numero di paesi è aumentato dal 37 al 73%6 nello stesso periodo.

È il momento di prendere nota: aggiunta del benchmark GCC

La crescita nell’universo dei titoli di debito dei mercati emergenti ha avuto un’ulteriore accelerazione il 31 gennaio, quando il Consiglio per la cooperazione del Golfo (GCC) è ufficialmente entrato negli indici obbligazionari dei mercati emergenti di JP Morgan. L’inclusione di debito sovrano e quasi sovrano di Arabia Saudita, Qatar, Kwait, Emirati Arabi Uniti e Bahrain introduce una quota significativa di attivi dal rating elevato nell’universo del debito sovrano.  Quando si concluderà la fase di introduzione graduale del GCC a settembre 2019, circa due terzi dei paesi dei mercati emergenti sarà munito di rating investment grade.

Il trend verso l’investment grade può essere in qualche modo sorprendente per molti investitori, data la percezione diffusa che il debito dei mercati emergenti sia una classe di attivi dal beta più elevato e dimostra quanto le percezioni degli investitori non abbiano saputo tenere il passo con la realtà. Questo divario ha portato a un’errata valutazione dei prezzi degli attivi dei mercati emergenti e può offrire agli investitori opportunità d’investimento interessanti e regolari. Attraverso il pieno utilizzo dell’universo variegato degli asset, i gestori che applicano una gestione attiva possono adeguare il beta creditizio al fine di fornire un percorso più omogeneo di marcati rendimenti rettificati in base al rischio.

La crescente qualità del credito rafforza ulteriormente il caso che il debito dei mercati emergenti possa diventare una partecipazione strutturale anziché una posizione tattica nei portafogli dei clienti.

Rimangono tuttavia cruciali la selettività e la disciplina d’investimento.  Attualmente, sebbene la vasta maggioranza dei paesi dal rating elevato dell’universo dei mercati emergenti (quelli con rating A, BBB e BB) abbia registrato parametri creditizi stabili o in miglioramento nel lungo termine, i paesi con rating B hanno complessivamente riportato un declassamento. La dispersione geografica tra i titoli con rating B è comunque significativa; di conseguenza la selezione dei paesi è fondamentale per generare rendimenti assoluti e relativi interessanti in questa parte dell’universo dei mercati emergenti.

I venti a favore in ambito macro

Il contesto macroeconomico sembra altrettanto incoraggiante. Gli esportatori di petrolio stanno godendo sia di un aumento del prezzo del greggio che, nel caso dei paesi del GCC, degli sforzi di diversificazione di allontanamento da un’eccessiva dipendenza dai prodotti petrolchimici a favore di un’economia più aperta e diversificata. I prezzi del petrolio sono aumentati del 40% da inizio anno con il greggio del Brent a oltre 70 dollarial barile. Numerosi indicatori, tra cui il conflitto in Libia, l’implosione economico-politica in Venezuela e le sanzioni statunitensi più rigide nei confronti dell’Iran, entrate in vigore il 2 maggio, suggeriscono che rimane ancora molta strada da fare per i prezzi.

Il cambiamento di retorica della banca centrale ha offerto uno stimolo ulteriore. Nel corso della sua ultima riunione di marzo, la Federal Reserve ha invertito il suo programma precedente di due aumenti del tasso d’interesse nel 2019. La maggioranza dei membri del Comitato federale del mercato aperto non si aspetta adesso alcun aumento nel 2019 e soltanto uno nel 2020. Il tono prudente è stato ripreso altrove; infatti la Banca centrale europea ha suggerito che i tassi dovevano rimanere invariati fino a fine anno. Cina, Canada, Giappone e Regno Unito hanno analogamente lasciato trapelare una posizione accomodante.

Fattori tecnici solidi

Positivi anche i fattori tecnici. Ad oggi, nell’anno in corso si è assistito a marcati afflussi verso gli attivi in valute forti. I dati di JP Morgan hanno evidenziato che nei fondi del debito dei mercati emergenti sono affluiti quasi 23 miliardi di dollari USA nel primo trimestre - di cui 10,2 miliardi solo a gennaio, pari a quasi due terzi dell’importo registrato in tutto il 2018.7

Malgrado la recente ripresa, le valutazioni sono interessanti e la dinamica dell’offerta sotto forma di emissioni ridotte fornisce un ulteriore elemento a favore. Di conseguenza, il debito sovrano in valute forti ha registrato ottime performance da inizio anno, generando un rendimento di oltre il 7%8 a fine aprile.

Procedere con cautela

Tuttavia, sebbene i fondamentali siano stabili, rimangono delle difficoltà. Si consiglia cautela sui mercati importatori di petrolio come Turchia, Indonesia e India, fortemente dipendenti anche da finanziamenti esterni per sostenere il proprio deficit di bilancio corrente, dato che il dollaro ponderato su base commerciale è prossimo ai suoi massimi da 20 anni a questa parte.

Tra gli ulteriori rischi figurano il rallentamento sincronizzato della crescita globale e la continua minaccia di schermaglie commerciali, specialmente tra Stati Uniti e Cina. Le tensioni commerciali dello scorso anno, una decelerazione delle maggiori economie e la volatilità finanziaria si sono concretizzate in un calo della crescita commerciale al 3% rispetto al 3,9% previsto dall’Organizzazione mondiale del commercio. Nel 2019, l’organizzazione prevede una crescita del 2,6% rispetto alla sua stima precedente del 3%[9] e ha inoltre informato che il commercio globale sarà esposto a “solidi venti favorevoli” nei prossimi due anni.

Ciononostante, il premio di rendimento dei mercati emergenti sembra interessante, dato che, anche in caso di moderazione dei tassi di crescita, dovrebbero comunque eccedere quelli delle nazioni sviluppate. E malgrado ancora risenta indubbiamente di livelli di volatilità più elevati rispetto ai mercati sviluppati, l’universo dei titoli di debito dei mercati emergenti ha registrato una notevole maturazione, riconducibile all’aumento della base di investitori interna e a una consistente partecipazione di investitori istituzionali esteri, meno soggetti a rischio di fuga.

Dati il positivo scenario macroeconomico, i venti tecnici favorevoli e il trend crescente verso l’investment grade, gli investitori farebbero meglio a liberarsi delle loro supposizioni di lunga data e profondamente radicate. Coloro che riusciranno a rinquadrare il proprio modo di pensare potrebbero essere sia ispirati che sorpresi dalla vera natura di questa classe di attivi incompresa.

 Riferimenti:

  1. https://www.imf.org/external/datamapper/PPPSH@WEO/OEMDC/ADVEC/WEOWORLD
  2. https://www.imf.org/external/datamapper/LP@WEO/OEMDC/ADVEC/WEOWORLD
  3. https://siteresources.worldbank.org/EXTABCDE/Resources/7455676-1292528456380/7626791-1303141641402/7878676-1306699356046/Parallel-Sesssion-6-Homi-Kharas.pdf
  4. https://www.imf.org/en/Publications/WEO/Issues/2019/03/28/world-economic-outlook-april-2019
  5. https://www.imf.org/en/Publications/WEO/Issues/2019/03/28/world-economic-outlook-april-2019
  6. Emerging Markets Bond Index (EMBI®) Monitor March 2019 Month-End
  7. https://am.jpmorgan.com/de/institutional/library/weekly-bond-bulletin
  8. J.P. Morgan Asset Management; data as of 9 April 2019: https://am.jpmorgan.com/de/institutional/library/weekly-bond-bulletin
  9. https://www.wto.org/english/news_e/pres19_e/pr837_e.htm

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