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Il mercato high yield globale in un mondo “sotto zero”

Oggi più che mai le politiche delle banche centrali stanno sconvolgendo le tecniche d’investimento e le condizioni “sotto zero” si stanno estendendo per la prima volta anche al mercato dell’alto rendimento. Sunita Kara analizza le implicazioni per gli investitori.

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100 dollars frozen melt

Gli investitori obbligazionari, soprattutto in Europa e in Giappone, tollerano da tempo il fatto di dover pagare per il privilegio di possedere titoli di Stato più sicuri in un panorama di politiche monetarie accomodanti. Ultimamente, però, il costo di questo privilegio sta salendo vertiginosamente, il che rende precaria la posizione degli investitori in caso di improvviso cambiamento delle circostanze.

A luglio, Bank of America Merrill Lynch ha stimato che i rendimenti di circa €3 miliardi di obbligazioni high yield emesse da 14 società erano scivolati in territorio negativo,1 andando ad aggiungersi ai US$13.000 miliardi di obbligazioni globali che già scambiavano a livelli inferiori allo zero.E non si tratta solo di debito sovrano: negative sono anche le performance di circa un quarto del mercato investment grade.

E i rendimenti potrebbero calare ulteriormente se le principali banche centrali dovessero tagliare i tassi d’interesse o ripristinare i programmi di acquisto di obbligazioni. Se è vero che politiche monetarie accomodanti possono contribuire a stimolare la crescita economica, riducendo il costo dei finanziamenti, è altrettanto vero che al contempo penalizzano gli investitori obbligazionari in cerca di reddito, che si vedono costretti a salire ulteriormente sulla scala del rischio per ottenere rendimenti. Una strategia high yield globalmente integrata potrebbe contribuire a ottimizzare le performance rettificate per il rischio.

La stragrande maggioranza delle obbligazioni high yield si conferma in territorio positivo, con un rendimento medio prossimo al 6% secondo l’Indice Bloomberg Barclays Global High Yield xCMBS xEMG 2% Capped al 31 agosto 2019. Seppure inferiore alla media storica equivalente a circa l’8%, questo risultato offre comunque un’interessante fonte di reddito.

Gli investitori high yield vengono solitamente ricompensati per tre componenti di rendimento principali: tassi privi di rischio, spread di credito e premio per l’illiquidità. Tutti e tre questi fattori stanno subendo crescenti pressioni. Innanzitutto, i tassi privi di rischio sono ascrivibili in larga misura alle banche centrali e si trovano attualmente ai minimi storici se non addirittura sotto lo zero. In secondo luogo, gli spread di credito si confermano equi, ma continuano a contrarsi, riflettendo le tendenze macroeconomiche, i fondamentali stabili e una riduzione del premio di illiquidità a causa di fattori tecnici. In parole semplici: in questa asset class, la domanda supera l’offerta che, secondo le nostre stime, nel 2019 dovrebbe attestarsi al 15% in meno rispetto all’anno precedente.

Nel breve termine, sembra che gli investitori high yield riusciranno a ottenere il reddito auspicato, a patto che l’economia rimanga stabile. Tuttavia, le condizioni macroeconomiche potrebbero presto peggiorare, in un quadro di tensioni geopolitiche e dispute commerciali. Al contempo, anche l’ammortizzatore a disposizione contro un eventuale ribasso economico si sta esaurendo. Dopo 11 anni di ciclo economico, gli spread si stanno contraendo, mettendo a dura prova i nervi degli investitori. In questa fase, serve quindi un approccio più selettivo in una gamma più ampia e diversificata di opportunità.

Il mercato globale dell’alto rendimento è dominato dagli Stati Uniti, dove le prospettive sono sostenute da indicatori macroeconomici relativamente sani. La crescita del PIL, ad esempio, sta sì rallentando, ma si aggira comunque attorno al 2%, il che dovrebbe aiutare le società ad aumentare i ricavi, preservare i margini e risanare i debiti. Tuttavia, la fetta maggiore del segmento high yield statunitense è occupata dalle società energetiche, che potrebbero lasciare gli investitori in balia di un’eccessiva esposizione ai prezzi del petrolio. Nel 2016, il crollo delle quotazioni petrolifere ha spinto il numero di casi di default a un picco massimo in sei anni.3

Per contro, protagoniste del settore high yield europeo sono le realtà finanziarie. Anche in questo caso i rischi non mancano, ma gli emittenti finanziari hanno generalmente strutture di capitale più conservative e rating mediamente superiori. Vero è che il mercato high yield europeo deve fare i conti con un quadro macroeconomico più debole e anche per dimensioni equivale a meno di un terzo di quello statunitense.

Potrebbe dunque avere senso combinare opportunità di alto rendimento sia negli USA che in Europa per sfruttare le valutazioni, cogliere le inefficienze nelle strutture di capitale e diversificare le esposizioni a differenti cicli economici, condizioni di credito e altre tendenze. Un approccio integrato potrebbe anche incrementare i rendimenti a fronte di una copertura valutaria, senza aumentare il rischio di credito o le probabilità di default.

Talvolta, ad esempio, le obbligazioni emesse dalla stessa società in valute diverse possono presentare una notevole ripresa dello spread – persino quelle molto simili per scadenza, rating di credito e covenant. Si prenda ad esempio Netflix. Secondo le nostre analisi al 31 agosto 2019, le obbligazioni dell’azienda denominate in euro con scadenza a maggio 2029 hanno fornito altri 91 punti base di spread rettificati per opzione rispetto alle omologhe in dollari US. Questa differenza di valutazione ha svariate motivazioni e può riflettere in parte l’orientamento nazionale degli investitori statunitensi nella scelta di Netflix, che ha sede in California. La domanda degli investitori statunitensi spinge al rialzo i prezzi delle obbligazioni high yield emesse nella propria valuta, a tutto vantaggio degli investitori europei che si interessano alla asset class da un punto di vista globale.

In media, le obbligazioni denominate in euro scambiano a circa 67 punti base in più rispetto alle controparti in dollari US per almeno 46 emittenti muti-valutari. Ciò non toglie che, in alcuni casi, le obbligazioni in dollari US scambiano a spread più elevati rispetto alle omologhe in euro, il che impone un’attenta analisi delle caratteristiche di rischio/rendimento dei singoli emittenti. La differenza può limitarsi a soli 30 punti base o raggiungere addirittura i 100 punti base. E in un mondo in cui gli spread totali delle obbligazioni high yield statunitensi ed europee equivalevano a luglio, rispettivamente, a circa 375 punti base e 300 punti base,4 gli investitori dovrebbero sentirsi rincuorati.

Bibliografia:

  1. Laura Benitez and Tasos Vossos, ‘Sub-Zero Yields Start Taking Hold in Europe’s Junk-Bond Market’, Bloomberg, 9 July 2019
  2. Adam Haigh, ‘The World Now Has $13 Trillion of Debt With Below-Zero Yields’, Bloomberg. 21 June 2019
  3. Rachel Koning Beals, ‘Worst of high-yield bond defaults is yet to come – blame energy’, MarketWatch, 12 July 2016
  4. Global Fixed Income Bulletin, Morgan Stanley, July 2019

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