AIQ incontra l’autore David Epstein per parlare del suo nuovo libro, Range, un’analisi del perché i generalisti hanno successo in un mondo specializzato.

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David Epstein

Nel suo libro Outliers  (Fuoriclasse) Malcolm Gladwell ha reso nota una ricerca secondo la quale per ottenere competenze di prim’ordine in qualunque settore sono necessarie 10.000 ore di pratica. Ne emerge che le persone di successo individuano la loro vocazione molto presto e si specializzeranno ostinatamente.

O forse no? Un recente studio ha messo in discussione il presupposto delle 10.000 ore.1 Inoltre nel suo nuovo libro, RangeHow Generalists Triumph in a Specialised World, l’autore David Epstein sostiene che la flessibilità, al contrario della specializzazione, rappresenti la chiave per il successo. I generalisti si adattano più facilmente e hanno maggiori probabilità di individuare connessioni inesplorate. In un mondo estremamente complesso e in rapido mutamento, si tratta di vantaggi fondamentali.

Epstein cita esempi provenienti da economia, cultura e sport. Certamente Tiger Woods è diventato un campione di golf grazie al fatto di aver iniziato a giocare da piccolo, ma un altro fuoriclasse, Roger Federer, ha provato per anni sport diversi prima applicare le sue attitudini al tennis. C’è più probabilità che gli scienziati insigniti del Premio Nobel si dedichino a un hobby artistico rispetto ai colleghi meno affermati, così come gli spettacoli di Broadway che uniscono generi diversi hanno più possibilità di sbancare al botteghino.

In questa intervista Epstein racconta ad AIQ ciò che ha scoperto offrendo qualche suggerimento su come ognuno di noi può portare alla luce la propria versatilità.

Qual è secondo Lei il messaggio trasmesso da Range?

Il messaggio evidente è che la società ha tendenzialmente sopravvalutato gli specialisti, sottovalutando i generalisti. Tuttavia, un altro messaggio è che talvolta ciò che si può fare per dare luogo a rapidi miglioramenti a breve termine potrebbe a tutti gli effetti compromettere lo sviluppo a lungo termine.

Al di là delle politiche di assunzione, ci sono altre lezioni che le organizzazioni possono imparare da Range?

Un dei metodi è connesso con il modo in cui procediamo alle assunzioni. Ho partecipato a conferenze durante le quali si parlava di tentativi di automatizzazione delle risorse umane, dal momento che online sono disponibili così tanti curriculum che è possibile capire quali persone abbiano esperienza diretta in ciò che si sta cercando. Ma il lavoro di Abbie Griffin, che studia i cosiddetti innovatori seriali, dimostra che questo approccio tenderà ad escludere tali potenziali innovatori seriali, dal momento che queste persone tendono a seguire percorsi non lineari, nel caso in cui abbiano già lavorato e dispongano di connessioni su più domini.

Gli innovatori seriali tendono a seguire percorsi non lineari

Una delle esperienze che mi hanno portato a questo progetto è stata la collaborazione con la Pat Tillman Foundation, che porta il nome un ex giocatore professionista di football americano che ha abbandonato la sua carriera per entrare a far parte dell'esercito. È stato ucciso in Afghanistan. La fondazione assegna borse di studio ai veterani per sostenere coloro che hanno intenzione di cambiare carriera. Ho fatto parte del comitato di selezione e la prima cosa che ho notato è stata che spesso i curricula apparivano un po’ sconclusionati. Ma quando si scopre qualcosa di più sui candidati, si capisce che in effetti si tratta di un percorso di crescita personale; si tratta di persone che hanno deciso di cambiare improvvisamente strada in risposta a qualcosa che hanno imparato come un’opportunità di cui prima non erano a conoscenza o di competenze che non sapevano di avere. E allora sì che inizia ad avere senso.

Le organizzazioni devono comprendere questi percorsi di crescita personale. Ecco come si scovano persone flessibili, dotate di quella che io chiamo versatilità, e innovatori seriali.

Al di là delle politiche di assunzione, ci sono altre lezioni che le organizzazioni possono imparare da Range?

Ciò che le aziende possono fare per ampliare le relative competenze interne consiste nel rendere i propri team permeabili. Bill Gore ha fondato la società che ha creato il Gore‑Tex sulla base dell’idea che un’azienda possa fare qualcosa di realmente innovativo solo in caso di crisi, perché improvvisamente i confini tra i vari domini spariscono e tutti iniziano a sondare le capacità degli altri, e iniziano anche a collaborare. Voleva rendere questo processo sistematico, senza che fosse necessaria una crisi, e così molte persone sono state trasferite da un team all’altro.

Dovrebbe esserci un certo flusso di persone tra i vari team per far sì che ci sia spazio per nuove idee

I sistemi che danno vita a innovazioni creative vantano confini permeabili tra i vari team; i sistemi che non danno vita a innovazioni sono quelli in cui le stesse persone collaborano sempre tra di loro, all’infinito. Questo vale sia per gli spettacoli di Broadway che per la ricerca scientifica. Ciò non significa che si debbano subire spostamenti continui, ma che dovrebbe esserci un certo flusso di persone tra i vari team per far sì che ci sia spazio per nuove idee. Nel corso del processo, le persone familiarizzano con altri settori dell'azienda.

Quali sono i rischi di un'eccessiva specializzazione? Può farci degli esempi delle conseguenze negative dell’avere una prospettiva eccessivamente limitata?

Quando mi occupavo di giornalismo investigativo in ambito medico, ho iniziato a notare i perversi risultati derivanti dall’aumento delle specializzazioni mediche.

Ad esempio, è raro che i chirurghi specializzati vadano incontro a delle complicazioni, ma è stato dimostrato che vi sono maggiori probabilità che questi eseguano interventi su persone che non ne hanno bisogno; si tratta quindi di un'arma a doppio taglio. Prendiamo ad esempio la ricostruzione parziale del menisco, probabilmente l’intervento ortopedico più comune al mondo. A qualcuno fa male un ginocchio, fa una lastra, il chirurgo nota una piccola lacerazione al menisco (un filamento a forma di mezzaluna) e la ripara. Questa è stata la prassi per anni.

Finché un team finlandese ha deciso di effettuare uno studio su larga scala e ha creato un gruppo di controllo, all’interno del quale alcune persone hanno subito una finta operazione, un’incisione sul ginocchio; i chirurghi hanno fatto finta di operarli, li hanno ricuciti e li hanno rimandati a casa. Queste persone si sono riprese tanto quanto quelle che hanno realmente subito un intervento, a volte anche meglio. Ne consegue che forse la maggior parte degli interventi ortopedici più comuni al mondo non funziona, eppure gli specialisti continuano a eseguirli perché è quello che è stato loro insegnato. Una delle ragioni principali per cui i costi sanitari sono del tutto fuori controllo è l'estrema diffusione di trattamenti non necessari che, in qualche modo, sono una conseguenza dell'aumento delle specializzazioni.

Quali sono le implicazioni di queste scoperte rispetto a formazione e sviluppo?

Negli Stati Uniti, il nostro sistema scolastico è stato concepito per l’economia industriale e deriva dal Taylorismo, che di base consiste nella scienza dell’efficienza gestionale. Le persone sono state formate per disporre delle conoscenze di base necessarie per l’economia industriale, nell’ambito della quale possono aspettarsi che il lavoro del prossimo anno sia simile a quello dell’anno precedente. Potrebbero trovarsi a fare le stesse cose per sempre.

I lavoratori devono reinventarsi più spesso

Oggi viviamo in un'epoca di economia della conoscenza, in cui il lavoro del prossimo anno potrebbe non essere simile a quello dell'anno precedente. Molte persone si accontentano di una serie di competenze specialistiche, e sono incapaci di adattarsi. Tutto ciò ha causato gravi agitazioni sociali in molti paesi che sono rapidamente passati da un’economia industrializzata a una della conoscenza, troppo rapidamente perché i lavoratori potessero adeguarsi.

I lavoratori dovranno reinventarsi più spesso, più volte nel corso della loro carriera, in un modo mai sperimentato in passato. A meno che non vogliamo accontentarci della situazione attuale, vale a dire di tantissime persone che perdono lavori di produzione e non sono in grado di trovare un’altra occupazione; dobbiamo creare sistemi che consentano alle persone di reinventarsi.

Anche l’istruzione scolastica dovrà modificarsi?

Tradizionalmente l’insegnamento, e di certo il modo in cui io ho imparato la matematica, consiste nel “ricorrere a procedimenti”, attraverso i quali si insegna alle persone come eseguire delle operazioni, degli algoritmi o a volte dei trucchetti.

In questo modo è possibile fare rapidi progressi in un ambito specifico, ma il problema è che non si ottengono le conoscenze concettuali che favoriscono ciò che gli psicologi chiamano “trasferimento”. Spesso non teniamo conto del fatto che in fin dei conti il trasferimento è ciò che ci si aspetta di norma dall’istruzione. Si tratta del termine che gli psicologi usano per descrivere la nostra capacità di acquisire competenze e conoscenze e di applicarle a un problema mai affrontato prima esattamente nello stesso modo. Si tratta di ciò a cui auspichiamo, ma richiede la formazione di modelli concettuali più ampi che ci consentano di adeguare le nostre conoscenze a nuove situazioni.

Come potrebbe funzionare questo nuovo tipo d’insegnamento?

Di recente è stato pubblicato uno studio nell’ambito del quale ad alcuni studenti di classi equivalenti alla seconda media sono stati assegnati diversi metodi di apprendimento della matematica.2 Ad alcuni è stato assegnato un “esercizio standard”, vale a dire che l’insegnante ha mostrato loro come risolvere un problema, un problema di tipo A. Loro si sono esercitati, esercitati, esercitati per poi passare al problema B, C e via dicendo. Sono diventati davvero bravi a eseguire qualunque procedimento gli venisse assegnato, e hanno giudicato il loro apprendimento come di livello elevato. Hanno ritenuto di aver imparato molto, perché ai loro occhi erano migliorati. Hanno valutato come buono l’insegnante, perché hanno fatto progressi rapidi.

Con altri studenti si è proceduto alla “formazione spezzata”, ovvero anziché procedere con A, A, A, B, B, B, si è proceduto con A, C, B, D. Un po’ come se tutti i problemi si trovassero in un cappello e se ne fosse pescato uno a caso. In quella circostanza, gli studenti si sono dimostrati frustrati, hanno classificato il loro apprendimento come di basso livello e hanno assegnato all’insegnante un voto negativo, perché non hanno fatto rapidi progressi. Ma anziché imparare a eseguire dei procedimenti, hanno imparato come associare una strategia a un tipo di problema.

Al momento del test, gli studenti che avevano preso parte alla “formazione spezzata” hanno surclassato gli studenti che hanno svolto gli “esercizi standard”. Avevano lavorato sugli stessi problemi, ma questi erano presentati in modo da rendere i progressi iniziali più lenti e frustranti; in questo modo, tuttavia, sono stati obbligati a creare un modello concettuale a partire dalle strategie di associazione ai diversi tipi di problemi, anziché eseguire esclusivamente i procedimenti che avevano memorizzato.

Questo approccio può essere applicato alla vita di tutti i giorni?

Quando sono venuto a conoscenza di questa ricerca, ho iniziato a passare da una cosa all’altra in continuazione, a seconda di cosa avessi voglia di studiare, anche frazionando l'apprendimento (un’altra delle cosiddette “difficoltà desiderabili”). Se si vuole preservare delle informazioni, bisogna studiarle, aspettare di averle quasi dimenticate, per poi ricominciare a studiarle.

Nell’ambito di uno studio emblematico, a due gruppi sono state insegnate alcune parole in spagnolo: a un gruppo sono state concesse otto ore in un giorno per esercitarsi prima di procedere al test; all'altro gruppo sono state concesse quattro ore in un giorno e poi quattro ore un mese dopo, e poi c’è stato il test. Il gruppo che aveva studiato otto ore era andato meglio al test. Poi, quando entrambi i gruppi sono tornati otto anni dopo, senza aver studiato nel frattempo, il gruppo che si era esercitato a un mese di distanza ricordava il 250 percento in più, senza aver studiato da allora. Uno dei modi in cui è possibile trasferire delle informazioni nella memoria a lungo termine consiste di base nell'aspettare finché non sono sepolte, per poi andare a ripescarle.

La tecnologia può aiutare le persone a creare connessioni e acquisire una certa versatilità?

Certamente. Uno studio del Massachusetts Institute of Technology (MIT) ha analizzato il modo in cui i professionisti utilizzano i propri account sui social media. Su Twitter, ad esempio, lo schema di massima consisteva nel fatto che la maggior parte degli utenti usava i propri social media per seguire persone che appartenessero al rispettivo campo o sfera sociale, o che le intrattenesse.

Dovremmo pensare ai social media come strumenti per far crescere i nostri rami intellettivi

Ma un più contenuto numero di professionisti curava costantemente la propria rete di contatti su Twitter. Cercavano persone esterne al proprio campo. Eliminavano di continuo delle persone per aggiungerne delle altre, passando per settori diversissimi tra loro. Lo studio ha dimostrato che i progetti proposti dalle persone che utilizzavano i social media in modo tale da creare connessioni in settori diversi ricevevano sistematicamente valutazioni più elevate da parte dei relativi superiori. Dovremmo pensare ai social media come strumenti per far crescere i nostri rami intellettivi, anziché per condividere dei meme.

Il Suo libro si apre con un confronto tra due campioni dello sport: Tiger Woods, che si è specializzato nel golf a partire dai tre anni, e Roger Federer, che è stato più generalista. Cosa ci insegna questo sulla versatilità?

Dopo aver scritto il mio precedente libro, The Sports Gene, sono stato invitato a partecipare a un dibattito con Malcolm Gladwell al MIT, co-fondato dal direttore generale della squadra NBA degli Houston Rockets. Gladwell e io non ci eravamo mai incontrati, e lui aveva scritto dell’importanza di specializzarsi fin da subito negli sport in quanto vantaggio determinante. All’epoca io ero divulgatore scientifico per Sports Illustrated, e così dissi, “Ok, ma questa è soltanto un’ipotesi: esaminiamo i dati.” Scoprii infatti che in quasi tutti gli sport, quando gli scienziati monitorano gli atleti che poi diventano campioni, riscontrano il cosiddetto “periodo di campionamento”, durante il quale praticano un gran numero di sport e attività leggermente o affatto strutturate. Iniziano così a scoprire i propri interessi e le proprie capacità, e rinviano a un momento successivo la specializzazione rispetto ai relativi concorrenti. Ho scelto Roger Federer perché è rappresentativo di quella che la scienza ritiene sia la norma.

Bibliografia:

  1. Brooke N. Macnamara e Megha Maitra, “The role of deliberate practice in expert performance: revisiting Ericsson, Krampe & Tesch-Römer” (1993), Royal Society Open Science, agosto 2019
  2. Doug Rohrer, Robert F. Dedrick, Marissa K. Hartwig e Chi-Ngai Cheung, “A Randomized Controlled Trial of Interleaved Mathematics Practice”, Journal of Educational Psychology, 16 maggio 2019

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