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Il decisore politico: risposta degli USA, tecnologia verde e regolazione del clima

Ken Alex, ex consulente del governatore della California Jerry Brown, parla di politica statunitense, cattura e stoccaggio del carbonio e della necessità di una regolamentazione mirata a contrastare gli effetti del cambiamento climatico.

Tempo di lettura: 4 minuti

Ken Alex
Ken Alex, Responsabile di Project Climate presso la University of California, Berkeley

L’esperienza della California con il cambiamento climatico è profonda e immediata allo stesso tempo. Gli incendi devastanti subiti negli ultimi due anni hanno dato forte risalto agli effetti della crisi climatica. Non sorprende, pertanto, che questo tema sia diventato uno degli argomenti di maggiore spicco nell'agenda politica del paese. Tuttavia, il previsto ritiro del Presidente Trump dall’Accordo di Parigi ha creato ovvie tensioni circa l’orientamento politico in materia di clima sia a livello statale che nazionale.

Indipendentemente dal fatto che Trump venga o meno rieletto per un secondo mandato, gli ottimisti sperano che gli sforzi compiuti da città e stati siano efficaci e facciano la differenza. Confidano anche nella capacità della tecnologia di risolvere molte delle sfide associate al cambiamento climatico. Grazie alla sua solida formazione giuridica e alla sua vasta esperienza politica come consulente principale di Jerry Brown, Ken Alex ha tutte le carte in regola per valutare la risposta della California, nonché il contesto globale entro cui tale valutazione deve essere effettuata. In questo numero, espone la sua opinione personale e professionale ad AIQ.

Le organizzazioni statali e regionali devono accelerare il passo proprio ora che il Presidente Trump ha formalmente avviato il processo di ritiro dall’Accordo di Parigi?

A prescindere da quanto possano fare la California e gli altri stati, il ritiro degli Stati Uniti rappresenta  un problema serio. La loro assenza si avverte in termini di investimenti a livello nazionale e di mancanza di leadership su scala internazionale, oltre a fornire ad altri paesi l’alibi per poter dire: “Se gli Stati Uniti non faranno niente, non faremo nulla neanche noi”. Così si crea una corsa al ribasso. Ovviamente, vi sono alcuni paesi che stanno cambiando marcia in questo senso, ma l'assenza della leadership degli Stati Uniti offre un pretesto a coloro che non vogliono fare nulla, il che potrebbe essere devastante. Abbiamo bisogno che gli Stati Uniti tornino a essere presenti.

Ritiene che accadrà?

I candidati Democratici probabilmente rifirmerebbero l’Accordo di Parigi nella prima settimana del loro insediamento. Se ciò dovesse accadere, sarebbe una svolta importante. Indipendentemente da questo, l’impatto del cambiamento climatico è evidente e peggiorerà in misura significativa se non interveniamo radicalmente per cambiare le cose. La natura non starà lì ferma ad aspettarci.

Quali sono le iniziative di cui è più orgoglioso ripensando al periodo in cui ha ricoperto l’incarico di consulente politico principale?

Mi viene in mente la Under2 Coalition. Gran parte del lavoro sul clima deve essere svolto a livello subnazionale. La California ha contribuito alla creazione di questa coalizione che è attiva ancora oggi, con oltre 200 governi subnazionali come città, stati e province a livello globale che lavorano per il raggiungimento degli obiettivi dell’Accordo di Parigi. Ai firmatari viene chiesto di presentare un piano mirato a raggiungere gli obiettivi di riduzione delle emissioni e a prestarsi assistenza reciproca, anche condividendo le migliori pratiche.

Tra tutte, spiccano le due iniziative Under2 Coalition e il programma Transformative Climate Communities

Un’altra iniziativa che abbiamo avviato è stato il programma Transformative Climate Communities. L’idea era quella di destinare alle comunità svantaggiate una parte dei fondi provenienti dal programma californiano “cap and trade” (limitazione e scambio) per realizzare un insieme di interventi trasformativi mirati alla riduzione dei rischi climatici, ad esempio a livello di trasporti, edilizia residenziale e infrastrutture. Gli investimenti, di importo compreso tra 30 e 70 milioni di dollari, possono essere effettuati ovunque, purché siano in linea con i finanziamenti. Si tratta di un investimento sostanziale in comunità che, in passato, hanno sempre ricevuto relativamente poco in termini di elargizioni governative.

Tra tutte le varie iniziative portate avanti negli otto anni di mandato del Governatore Brown, queste due sono quelle di maggiore rilievo.

Uno dei principali problemi che riguardano il cambiamento climatico è il consumo di energia. In che modo le energie rinnovabili possono evolvere e quali sono le sfide?

In questo campo, la California ha compiuto molti progressi. Lo stato ha raggiunto con circa quattro anni di anticipo l’obiettivo del 33% di energie rinnovabili nel suo portafoglio entro il 2020. In base alla vecchia metodologia di calcolo delle emissioni, entro il 2020 si avvicinerà probabilmente al 40%. Poiché il nuovo approccio include anche l’energia idroelettrica su ampia scala, la California potrà arrivare al 50% ed è sulla buona strada per raggiungere il 100% di energie rinnovabili entro il 2045.

Gli sforzi della California nel settore energetico sono concentrati sullo stoccaggio e sulla sovrapproduzione dell’energia, in particolare quella solare in determinati periodi dell’anno

Gli sforzi nel settore energetico sono concentrati sullo stoccaggio dell’energia. La sovrapproduzione, in particolare di energia solare in determinati periodi dell’anno, è un problema sostanzialmente analogo a quello dell’eccesso di banda larga, a mio parere. Credo che si finirà col capire in che modo gestire la sovrapproduzione di energia rinnovabile. Una possibilità, ad esempio, è convertire l'energia in eccesso, spesso prodotta in una giornata di sole in primavera, in idrogeno, che può essere successivamente utilizzato sotto forma di stoccaggio di combustibile.  

Cosa dovrebbero fare gli investitori per offrire i giusti incentivi?

Di nuovo, presterei molta attenzione allo stoccaggio energetico, un settore in cui la ricerca potrebbe davvero cambiare le cose. Sul mercato stanno cominciando ad apparire molte soluzioni tecnologiche nuove e interessanti. Sono particolarmente interessato alla cattura aerea diretta del carbonio, un’area in cui si registrano grandi progressi. 

Le società devono essere più attive, anziché passive

Per quanto riguarda ciò che le società possono fare, la questione è leggermente più complessa. Devono essere più attive, anziché passive. Sentiamo spesso dire cose del tipo: “Otterremo tutta la nostra energia da fonti rinnovabili”. È fantastico, ma allora perché si chiude un occhio su  beni aziendali o fornitori in luoghi che non stanno intervenendo incisivamente per ridurre i rischi climatici? Sono molte le cose che le società possono fare, se credono davvero che questa sia un’emergenza. 

Anche l’agricoltura è importante per l'economia della California. In che modo l’agricoltura può avvalersi della politica di contenimento dei rischi climatici?

Si tratta di una grande sfida, che prende il nome di agricoltura rigenerativa. Un’enorme area della scienza sta sviluppando diverse tecniche – alcune piuttosto tradizionali, altre moderne – che possono realmente migliorare e aumentare la capacità del suolo di isolare il carbonio, trattenere l’acqua e favorire raccolti più abbondanti. Possono essere applicate ovunque, perché l’agricoltura è presente in quasi ogni paese del mondo.

Alcune tecniche possono realmente migliorare e aumentare la capacità del suolo di isolare il carbonio, trattenere l’acqua e favorire raccolti più abbondanti

Alcune di queste tecniche sono piuttosto semplici: ad esempio, è possibile spostare il bestiame più rapidamente, senza lasciare che abbia il tempo di brucare completamente il terreno. Questo semplice accorgimento favorisce una ricrescita più veloce dell'erba, che a sua volta agevola l’isolamento del carbonio.

Ma esistono tecniche più complicate e complesse. Vi sono anche alcuni additivi, come il basalto o il gesso, che possono aumentare in misura considerevole la capacità del suolo di trattenere il carbonio a un tasso che farebbe la differenza in tutto il mondo. Penso che siamo a un punto di inflessione nel settore agricolo.

Ripensando alla sua esperienza passata, avrebbe fatto qualcosa di diverso come consulente politico principale?

Certo, è sempre così. I progressi che abbiamo realizzato nella riduzione delle emissioni nei trasporti non sono sufficienti. I californiani percorrono sempre più chilometri in auto. In quest'area saremmo dovuti intervenire con maggiore incisività. Avremmo dovuto fare di più anche per migliorare la sostenibilità degli edifici. Per cui sì, c’è sempre qualcosa in più da fare.

Quando si tratta di cambiare il comportamento per ridurre i rischi legati al cambiamento climatico, è meglio il bastone o la carota?

Ho sempre considerato favorevolmente i sistemi di controllo. Una buona regolamentazione, ben concepita, può indicare le giuste azioni da mettere in atto. Le regole sono alla base delle politiche e guidano le innovazioni, possono creare nuove industrie e lo stoccaggio energetico ne è un buon esempio. Il semplice obbligo di acquistare una determinata quantità di energia stoccata ha promosso investimenti e importanti innovazioni nel settore dello stoccaggio. Ma benché sia necessaria una regolamentazione ben concepita e che possa guidare il cambiamento, dobbiamo avere anche un valido sistema di controllo che assicuri la corretta applicazione delle regole.

Dunque, se da una parte gli incentivi sono importanti, dall’altra è il sistema di controllo a fare la differenza. Tuttavia, è più realistico riconoscere che abbiamo bisogno di entrambe le cose.

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