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Marchi, in voi confidiamo:

direct-to-consumer, dati ed economia comportamentale

La tendenza motivata dalla tecnologia verso il direct-to-consumer, ovvero il modello che consente di raggiungere direttamente il consumatore finale, sta trasformando i marchi di consumo, i loro intermediari e il loro marketing, ma le aziende devono trovare il sottile equilibrio tra iper-personalizzazione e intrusione.

Il D2C (Direct-to-Consumer) sembra destinato a crescere in modo esponenziale, con significative ricadute per la pubblicità, i marchi offline tradizionali, gli intermediari come i supermercati e naturalmente i consumatori. Le società in grado di assicurarsi la fiducia della propria base clienti e garantirsene la fidelizzazione dovrebbero avere la meglio.

Un nuovo modello di business

“Il direct-to-consumer, ossia l’acquisto di prodotti sul sito di ‘marchio.com’, rappresenta un sottoinsieme della tipologia di acquisto online più in generale, che si tratti di tesco.com, Amazon o Walmart”, spiega Giles Parkinson, Global Equities Portfolio Manager di Aviva Investors.

Alcune piattaforme come Facebook Shops offrono una soluzione a metà strada tra il D2C completo e la vendita attraverso il sito Web di un’altra azienda, che viene ospitato sulla piattaforma ma che offre la personalizzazione del marchio a un livello impraticabile su mercati in cui i prodotti vengono presentati come un semplice articolo. Tali soluzioni possono quindi essere considerate, per alcuni versi, D2C.

Il D2C può essere un percorso di disintermediazione molto redditizio per le aziende con un forte marchio di consumo.

“Per le società che godono di un marchio di consumo forte e che hanno il potenziale di stabilire un rapporto con i clienti, il D2C può essere un percorso di disintermediazione molto redditizio”, sostiene Mikhail Zverev, Head of Global Equities di Aviva Investors.

“Ciò che conta è disporre di una serie di tecnologie agili e scalabili, di funzionalità di creazione del marchio digitale e di un’infrastruttura di back-end ben investita per facilitare l’esecuzione degli ordini, dallo stoccaggio alla logistica”, afferma Charlotte Meyrick, UK Equities Fund Manager di Aviva Investors.

Essere in grado di costruirsi rapidamente un pubblico e la capacità di realizzare contenuti che possano diventare virali sono aspetti particolarmente importanti per il lancio di marchi e prodotti. Ma lo stesso vale per l’offerta di un’esperienza cliente impeccabile per tutto il ciclo di vita del rapporto con il cliente, dal primo clic alla consegna a domicilio.

Nel frattempo, per creare una comunità forte, i marchi hanno bisogno sempre più spesso di comunicare e dimostrare un senso di finalità sociale nell’ambito della loro proposta di valore generale. Un sondaggio realizzato da Accenture, società di consulenza, ha rilevato che per otto consumatori globali su dieci lo scopo è importante almeno quanto l’esperienza del cliente.1

Sfide omnicanale

Una delle difficoltà è che i marchi di maggior successo hanno creato aspettative impegnative presso i clienti, dalle consegne gratuite e a basso costo ai rapporti iper-personalizzati. Dal punto di vista della logistica e della tecnologia, questo rende difficile passare dal numero più limitato dei primi clienti a una rapida espansione e ancora di più mantenere un’offerta valida nel lungo periodo.2

Un altro problema riguarda la capacità delle società di adottare una forma completamente nuova di marketing. I consumatori sono diventati partecipanti attivi in un rapporto bidirezionale che comprende la pubblicità offline e online, i social media, gli influencer, la co-creazione di prodotti e, soprattutto, la raccolta e l’analisi dei dati per fornire prodotti e comunicazioni personalizzati.3

I marchi D2C hanno un'opportunità unica di creare una narrativa del marchio fin dall'inizio. 

Per i marchi tradizionali esiste un’area in cui è particolarmente difficile destreggiarsi: il posizionamento delle proprie finalità in modo credibile.

“I marchi D2C, specialmente quelli nati e cresciuti online, hanno un’opportunità unica di creare una narrativa del marchio fin dall’inizio e alla quale possono effettivamente attenersi in modo credibile e trasparente”, afferma Prianka Srinivasan, EYQ Insights Director di EY. “Quando i marchi storici cercano di cambiare la propria identità e di soddisfare gli interessi prevalenti delle persone dal punto di vista del marketing, iniziano a sembrare dei manipolatori”.

Molti di loro stanno comunque dimostrando di potersi creare un’identità in linea con il loro posizionamento di base e di utilizzare con successo partner specializzati nell’outsourcing o canali di marketing diretto interni.Giles Parkinson spiega che la percezione da parte delle aziende in merito all’importanza del D2C è un fattore chiave per il successo di queste transizioni.

“Uno dei motivi per cui i prodotti cosmetici utilizzano in modo così massiccio il D2C è il costoso modello di vendita dei grandi magazzini”, continua Parkinson. “Catene come Macy’s e John Lewis stavano intercettando un livello tanto elevato di margine da rendere estremamente vantaggioso per i grandi marchi passare ai canali D2C. Alcuni analisti stimano che per ogni 1% cento delle vendite globali di l’Oréal che passa al D2C si potrebbe contribuire a un aumento dei profitti del 2%”.5

Questo solleva diverse domande su ciò che accadrà agli intermediari, su come le vendite online si divideranno tra marchi e intermediari e su chi vincerà la battaglia per “il nuovo petrolio”, ossia i dati dei clienti.6

Dati e intermediari

“Esiste il termine “economia dell’attenzione”. Per il momento quello per cui stiamo tutti lottando è l’attenzione della gente, afferma Greg Davies, Head of Behavioural Finance presso Oxford Risk, una società specializzata in software comportamentale concepito per aiutare le persone a prendere decisioni finanziarie migliori.

Quello per cui stiamo tutti lottando ora è l'attenzione della gente.

Questo ha creato diversi nuovi tipi di intermediari, il primo dei quali è la pubblicità sui social media, da Facebook a YouTube o agli influencer di TikTok.7

Il secondo si concentra sull’offerta in mercati in cui i consumatori possono trovare tutte le opzioni disponibili in un unico luogo. Amazon è il simbolo del mercato generico, mentre i siti di viaggio da Expedia a Booking.com e Airbnb sono specializzati.

Il terzo tipo di intermediario emergente si identifica di più in quello di un fornitore di soluzioni che lavora dietro le quinte per fornire i vari componenti che costituiscono un’offerta D2C.

“Alcuni marchi di consumo stanno cercando di recuperare e non sanno come sviluppare rapidamente un’offerta D2C su vasta scala”, afferma Charlotte Meyrick. “È qui che entrano in gioco Shopify o Magento con le loro soluzioni D2C self-service di front-end. The Hut Group è una società che va anche oltre e dispone di una soluzione D2C completa end-to-end per le aziende”.

La frammentazione dello shopping

Un altro rischio per la distribuzione al dettaglio tradizionale, che si applica anche ai mercati online come Amazon, è la facilità di shopping in più siti rispetto ai negozi convenzionali. D’altro canto, la distribuzione al dettaglio tradizionale con una proposta di clienti rilevante e differenziata può ancora crescere con il progressivo passaggio dei marchi al D2C.

Charlotte Meyrick fornisce l’esempio di JD Sports, un rivenditore e partner all’ingrosso per i principali marchi sportivi storicamente con una base di negozi fisici. “Nike e Adidas stanno passando con successo al D2C e stanno riducendo il numero di partner all’ingrosso”, continua Meyrick. “Tuttavia, hanno continuato a dare altro lavoro ai grossisti che risultano complementari alla loro offerta, come JD Sports, e che li aiutano a raggiungere un diverso target di clientela”.

Le aziende possono esplorare altre strade per il mercato rispetto alle piattaforme e ai mercati più grandi

Da questo emerge che le aziende possono anche esplorare strade verso il mercato che sono diverse dalle piattaforme e dai mercati molto più grandi, o persino costruire la propria presenza online e limitare il proprio uso delle piattaforme a una determinata pubblicità.

Man mano che le aziende acquisiscono esperienza, iniziano anche ad allinearsi con i propri omologhi di origine digitale e possono unire e associare varie combinazioni di soluzioni interne ed esternalizzate. Col tempo, da un lato potrebbe presentarsi una separazione tra i prodotti di base offerti su siti e piazze di vendita al dettaglio e, dall’altro lato i marchi di valore più elevato, con prodotti appositi che prosperano con il modello D2C.

Con il D2C puro, i marchi manterranno un maggiore controllo sui dati dei clienti, che possono quindi utilizzare per migliorare l’esperienza del cliente, ma questa operazione richiede estrema perizia in quanto l’utilizzo inefficace dei dati può compromettere i rapporti e minare l’intero marchio. C’è una linea sottile che separa la personalizzazione dall’intrusione e le aziende devono trovare il giusto equilibrio.8

Una questione di fiducia

“La graduale eliminazione dell’identificatore di Apple per gli inserzionisti (IDFA) e dei cookie di terze parti, che riduce la capacità delle aziende di targetizzare i consumatori, rappresenta il contraccolpo delle prassi intrusive”, spiega Mikhail Zverev.

Davies afferma che tale normativa modificherà prevalentemente la raccolta e l’utilizzo dei dati in modo positivo per i clienti. “Se so che mi state profilando, ma lo state facendo per aiutarmi e io lo condivido rispondendo alle domande, sono parte del processo. Non è qualcosa che stai facendo a me, ma con me”, spiega.

Personalizzare e coinvolgere

Secondo il rapporto Megatrends del 2020 di EY, “i consumatori sono affamati di approcci innovativi che utilizzano capacità comportamentali per dare loro potere e interagire con loro piuttosto che sfruttarli e alienarli. Le aziende in grado di colmare questo vuoto potrebbero beneficiare di un enorme potenziale di mercato”.9

“Le società di D2C stanno mettendo in campo molti metodi che gli economisti comportamentali considererebbero strategie efficaci: creazione di un marchio differenziato sui social media, partecipazione molto attiva sui social media e creazione di un senso di familiarità e autenticità”, afferma Gautam Jaggi, Director di EYQ presso EY.

“Spesso molte di esse sfruttano anche a fattori emotivi”, aggiunge. “Le società di D2C sfrutteranno la frustrazione del consumatore riguardo ai prezzi elevati dei marchi tradizionali e offriranno un’alternativa a un prezzo inferiore o utilizzeranno norme sociali e un senso di finalità, per cui alcuni marchi manifesteranno impegni sociali o ambientali per ogni prodotto venduto”.

Le aziende D2C stanno facendo molte cose che gli economisti comportamentali considererebbero strategie efficaci. 

Nel frattempo, la personalizzazione può essere semplice, come prevedere quando i clienti esauriranno i propri prodotti preferiti e inviare loro un promemoria per il rinnovo, o complessa, come chiedere ai clienti di partecipare allo sviluppo di nuovi prodotti, spiega l’esperto comportamentale Ben Voyer, Research Chair di Turning Points, Cartier - ESCP - HEC Paris e professore ordinario del Dipartimento di imprenditoria.

“Ciò che consente alle società di ottenere maggiore successo è l’autenticità e la trasparenza, il che richiede una presentazione di sé coerente sul mercato”, afferma Srinivasan. “Riuscire a farlo significa non essere percepiti come dei manipolatori”.

Gautam Jaggi spiega che il rischio più grande si presenta quando le società non sono consapevoli di utilizzare tecniche di scienza comportamentale. “Tutte le società, compresi i marchi D2C, dovrebbero riflettere su come utilizzare tutto ciò in maniera mirata, per consentire alle persone di fare quello che desiderano veramente, anziché solo per riuscire a far acquistare più prodotti”, afferma.

Davies spiega che il coinvolgimento è una parte importante di questo quadro. “Le persone devono essere coinvolte. Ciò significa non dire loro cosa fare, ma offrire una serie di opzioni su quello che potrebbero fare e lasciarle scegliere”, aggiunge Davies.

Anche la dimostrazione di affidabilità è fondamentale, il che richiede alle aziende di dimostrare che agiranno a vantaggio dei propri clienti, anche quando ciò va a loro discapito.

Potrei mai mentire?

Indipendentemente da tali sforzi, le società potrebbero comunque trovarsi alla mercé di falsi pericolosi in grado di danneggiare gravemente i loro marchi.

“Questi prodotti hanno lo stesso effetto dei prodotti contraffatti per i marchi di lusso: possono offuscare l’immagine del marchio e scoraggiare l’acquisto del prodotto. I marchi D2C devono essere particolarmente attenti nell’informare i clienti riguardo ai prodotti originali e al loro aspetto”, afferma Voyer.

Tali falsi possono influire sul prezzo delle azioni di una società. Analogamente, eventuali operatori malintenzionati possono danneggiare il marchio pubblicando centinaia di recensioni negative sui prodotti. Ognuno di questi elementi può erodere la fiducia e la fedeltà dei clienti.10

Jaggi indica che un ulteriore motivo di preoccupazione riguarda il fatto che le nostre capacità cognitive si stanno riducendo proprio quando dovremmo essere più maturi nel distinguere i falsi e le frodi. Gli hacker continuano inoltre ad evolversi, il che significa che le società devono monitorare tutti i contenuti online relativi ai propri marchi e informare costantemente i propri clienti.

È alquanto incoraggiante che si stia considerando la regolamentazione di questo aspetto, almeno negli Stati Uniti, per contribuire a tutelare le società e i consumatori.11 Avanzano anche le tecnologie per incorporare i contrassegni di autenticità nei contenuti online.

Man mano che gli hacker si evolvono, le aziende devono monitorare tutti i contenuti online dei loro marchi ed educare continuamente i propri clienti

“Molte società utilizzano tecnologie diverse, sia che si tratti di intelligenza artificiale, blockchain o watermarking digitale, per indicare ai consumatori ciò che è autentico”, afferma Srinivasan.

Nonostante questi rischi, la diffusione online continuerà ad aumentare e l’attrattiva rappresentata dalla costruzione di rapporti diretti e dall’aumento dei margini grazie all’eliminazione degli intermediari significa che il D2C è destinato a durare.

“Prevedo che emergeranno molti negozi di nicchia diretti ‘iper-mirati’ praticamente per tutto”, afferma Voyer. “Si pensi alla strategia di The Hut Group, però con il D2C, il che significa un marchio/sito Web/app/e-store ma per un marchio di nicchia e tutti i possibili mercati di nicchia identificabili. Il D2C ha il potenziale per ridisegnare l’intero panorama dell’e-retail”.

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