Immaginate temperature diurne così elevate da far sciogliere l’asfalto delle strade: portare fuori il cane per una passeggiata significherebbe fargli rischiare ustioni alle zampe, ma anche aprire lo sportello per uscire dall’auto comporterebbe lo stesso rischio di gravi ustioni per chiunque. Si tratta di un’eventualità che è già diventata realtà per chi vive in California. A giugno 20211, a Palm Springs la temperatura diurna ha raggiunto oltre 50 gradi centigradi, abbastanza da friggere un uovo su un marciapiede. In questo ambiente travolto da ondate di calore esplosive, la salute umana e gli ecosistemi sono a rischio.
Nel frattempo, proseguono gli sforzi per acquisire meglio le informazioni, sia nell’ambito del mondo naturale che di quello finanziario alla base dei flussi di capitale. I contabili possono davvero salvare il mondo, come ha audacemente suggerito Peter Bakker, CEO del World Business Council for Sustainable Development?2 È possibile che nuove idee come la contabilità della sostenibilità riescano a indurre le società a prendere in considerazione gli obiettivi climatici? Oppure la mancanza di monitoraggio, rilevazione e risposta all’emergenza climatica alla fine si rivelerà disastroso per tutti noi?
Figura 1: Sopravvivere alla fornace3

Fonte: Yale Climate Connections, 13 luglio 2021. Aviva Investors, ottobre 2021
Misurazione delle emissioni
Confrontarsi seriamente con ciò che già sappiamo rappresenta un buon punto di partenza. Prendiamo l’esempio del ciclo del carbonio, il pilastro della vita, che interconnette un’incredibile gamma di organismi e processi.
“Comprende qualsiasi tipo di pianta, animale e microrganismo, qualsiasi foglia che consente la fotosintesi e albero caduto, tutti i mari, i laghi, gli stagni e le pozzanghere, qualsiasi tipo di terreno, sedimento e roccia carbonatica, qualsiasi ventata di aria fresca, eruzione vulcanica e bolla che risale alla superficie di una palude, tra le tante, tantissime altre cose”, come si legge in una presentazione sul carbonio dell’Università del New Hampshire.4 Nell’ambito di tale complessità vi sono depositi o pozzi e flussi che trasferiscono carbonio da un gruppo all’altro. Il ciclo comprende “praticamente tutto”.5
Purtroppo, la nostra conoscenza di “praticamente tutto” è circostanziata in alcune aree, ma sommaria in altre. Ad esempio, poco più di dieci anni fa i ricercatori si interrogavano su dove fosse finito circa un miliardo di tonnellate di diossido di carbonio (CO2) che contribuisce all’effetto di riscaldamento del pianeta. “Cerca di qua, cerca di là... ma il carbonio era svanito nel nulla”, ha scritto nel 2007 la divulgatrice scientifica Jane Burgermeister, che non perde l’occasione di usare titoli accattivanti.6
Gli scienziati ipotizzavano che parte del carbonio prodotto dalle attività umane (utilizzo dei combustibili fossili, taglio della foresta vergine e introduzione della moderna agricoltura commerciale) fosse stato incamerato dagli alberi nelle vaste foreste boreali localizzate nelle latitudini settentrionali. Non è stato così: la massa “persa” è stata successivamente ritrovata nelle zone tropicali.
La maggior parte delle foreste pluviali tropicali non viene monitorata attentamente sul campo
La maggior parte delle foreste pluviali tropicali non viene monitorata attentamente sul campo. Realizzare un quadro d’insieme comporta l’acquisizione di una piccola quantità di dati sperimentali e l’utilizzo di informazioni provenienti da modelli di ecosistemi e immagini satellitari.7 Di conseguenza, molte delle stime sono inesatte, così come lo sono molte forme di capitale naturale, il che si ripercuote sul modo in cui vengono valutate le azioni umane e sui relativi esiti.
Le foreste sono alcuni degli ecosistemi più attentamente monitorati; altri ambienti, come i sistemi agricoli africani, in confronto sono “deserti di dati”8, secondo Todd Rosenstock, scienziato ambientale presso l’istituto World Agroforestry, responsabile delle ricerche sui protocolli di misurazione dei gas a effetto serra (GHG) dalla sede di Nairobi, in Kenya.
“Le misurazioni degli stock di nutrienti e dei flussi di GHG vengono in genere raccolte su scala molto locale (su una superficie inferiore a 1-30 metri quadrati) e quindi estrapolate per stimare gli impatti a quote spaziali più grandi (fattorie, ambienti o persino paesi)”, ha spiegato in un libro pubblicato nel 2016.9
Ma non è tutto. Anche la conoscenza della portata delle attività agricole che producono gas a effetto serra è disomogenea. I divari di dati sono “sconcertanti”, spiega Rosenstock, e questo contribuisce a creare “un singolare punto cieco” nella contabilità dei GHG.
Dobbiamo parlare del metano
Se si può “perdere” un miliardo di tonnellate di carbonio quando immagazzinato in forma tangibile, di quanto è più significativa la sfida con i composti di carbonio invisibili?
Prendiamo l’esempio del metano, il costituente primario del gas naturale e uno dei principali fattori che contribuiscono al riscaldamento climatico provocato dall’uomo. Il metano rientra nell’ambito di applicazione del protocollo GHG10, lo standard globale utilizzato dalle aziende che cercano di monitorare e gestire meglio le proprie traiettorie ambientali. Vi sono molte fonti naturali di metano, tra cui le risaie che sfamano la metà della popolazione mondiale, gli allevamenti di bovini e il permafrost che si scioglie, ma i sistemi energetici umani offrono un’opportunità per affrontare rapidamente il riscaldamento climatico.
Concentrarsi sul metano rappresenta il metodo più economico per ridurre le temperature nel breve termine
“Concentrarsi sul metano rappresenta il metodo più economico per ridurre le temperature nel breve termine”, afferma Fred Krupp, presidente dell’Environmental Defence Fund, l’ONG impegnata nella ricerca di soluzioni ambientali con grandi compagnie petrolifere come Shell e BP.11 “Il metano è un inquinante 34 volte più potente della CO2 su un arco di 100 anni. Si è scoperto che il metano non si conserva per 100 anni, ha una durata inferiore a 20 anni, ma in questo arco di tempo il suo effetto è maggiore di oltre 80 volte rispetto a quello della CO2. Abbattendo le emissioni di metano è possibile ottenere un effetto enorme sulla riduzione delle temperature dei prossimi 20 anni.”
Il metano è difficile da rilevare. Sul campo sono necessarie attrezzature speciali, come i laser a sequenza quantica e gli spettrometri12, per valutarne la concentrazione nell’aria. Può essere disperso dal vento e può ossidarsi (da metano (CH4) a CO2 e acqua (H2o)). È invisibile e inodore, per cui può restare nascosto, come a dire “lontano dagli occhi, lontano dal cuore”. (Cfr. Figura 2 per i livelli atmosferici di metano.)
Figura 2: Il metano atmosferico raggiunge il livello più alto dall’inizio delle registrazioni sistematiche (frazione molare di CH4)13

Fonte: NOAA Research News, 7 aprile 2021
Un recente monitoraggio indica che le reti energetiche emettono una quantità significativa di metano. Questa include il gas rilasciato deliberatamente (scaricato, per ridurre il pericoloso accumulo di pressione all’interno delle reti infrastrutturali, o sottoposto a flaring, ossia bruciato per convertire le emissioni in CO2) oppure fuoriuscito accidentalmente attraverso eventuali perdite. Nel 2020, una rete globale di immagini satellitari ha mostrato che si sono verificati circa 100 eventi di “super-emissioni” contemporaneamente, ciascuno dei quali ha generato una quantità di CO2 pari a quella di una centrale elettrica a carbone da 750 MW (cfr. Figura 3).
Figura 3: Utilizzo dei dati satellitari per identificare i pennacchi di metano (tasso stimato 91/o)14

Nota: pennacchio di metano visto da Sentinel 5P in orbita su Hassi Messaoud, Algeria, il 4 gennaio 2020, corrispondente all’evento segnalato da Sonatrach. Le concentrazioni di metano sono espresse in parti per miliardo. La freccia indica la direzione del vento.
Fonte: IEA, 31 marzo 2020
“Il gas naturale e il metano fanno sempre parte del processo di perforazione di un pozzo. Non esistono pozzi perforati privi di gas o metano”, ha spiegato Gretchen Watkins, presidente della statunitense Shell Oil Company in un recente dibattito di settore sulle emissioni di metano fuggitivo.15 “Se si esegue la perforazione di un pozzo in un luogo in cui non esistono gasdotti o infrastrutture esistenti, è molto difficile catturare il gas e farne qualcosa.”
Inoltre, il gas può fuoriuscire da vari punti nell’intera infrastruttura energetica e petrolchimica, dai pozzi stessi agli impianti di trasformazione e alle stazioni di stoccaggio in superficie. Individuare il punto dal quale fuoriesce il gas rappresenta una sfida scientifica e di misurazione. Tuttavia, l’Agenzia internazionale per l’energia ritiene che il semplice utilizzo delle migliori pratiche del settore potrebbe ridurre le emissioni totali provocate dall’uomo del 15%, a costi relativamente ridotti.16
Eccessivamente costoso?
Come spesso accade, indagare sull’origine delle emissioni provocate dall’uomo ha introdotto nuove complicazioni.
In media, il 2% di quello che viene estratto dal suolo viene immesso nell’aria
“Dalle presentazioni dei giacimenti gas-petroliferi statunitensi sappiamo che, in media, il 2% di quello che viene estratto dal suolo viene immesso nell’aria”, afferma Krupp. “Di recente, abbiamo appreso che negli Stati Uniti, nel Bacino Permiano, uno dei più grandi giacimenti petroliferi su scala mondiale, le emissioni (di rete) sono da tre a cinque volte superiori a quelle dichiarate. Il valore è più vicino al 3,7%.”
Alcuni studi storici indicano un livello di emissioni ancora più elevato. Sebbene i risultati siano diversi a seconda della natura e dell’età degli impianti, il limite superiore dell’intervallo dichiarato dalla National Oceanic and Atmospheric Administration, l’ente federale statunitense, è più che doppio rispetto al livello menzionato da Krupp (illustrato nella Figura 4).
“Vi spiego rapidamente quanto sia importante”, aggiunge Krupp. “Nel caso di perdite del 2%, bruciare gas naturale rappresenta un metodo di poco migliore della combustione di carbone. Con perdite pari al 3,7%, bruciare gas naturale è decisamente peggio…” Ascoltate l’intervento di Krupp in occasione di una tavola rotonda qui.17
Figura 4: Emissioni di metano fuggitivo: scala di valutazione (in percentuale)18

Fonte: Carbon Brief, 3 luglio 2014. Aviva Investors, ottobre 2021
Non si tratta solo di un problema degli Stati Uniti, anche l’Europa ha problemi di emissioni fuggitive. Gli studi condotti dall’organizzazione non profit Clean Air Task Force (CATF) hanno evidenziato che in oltre il 90% dei siti monitorati nella Repubblica Ceca, in Ungheria, Italia, Polonia e Romania vi sono perdite di quantità significative di metano. In Germania e Austria, i dati erano migliori.19
Discrepanze nei dati: top-down contro bottom-up
Questi dati sono allarmanti per coloro che desiderano presentare il gas naturale come combustibile di transizione (relativamente) appetibile. Ecco perché le grandi compagnie del settore energetico si stano impegnando in iniziative di monitoraggio del metano al fine di proteggere la propria licenza sociale ad operare.20
Al contempo, mentre più parti interessate si trovano alle prese con le proprie sfide di misurazione, vi sono notevoli discrepanze tra i profili delle emissioni realizzati in modi diversi. La vista di tipo bottom-up, ossia dal basso verso l’alto, dai singoli campioni presso sorgenti puntiformi, e le viste aeree, dagli aerei e dai droni, possono essere molto diverse.
È veramente difficile misurare il rilascio di alcune emissioni di gas serra
“È veramente difficile misurare il rilascio di alcune emissioni di gas serra”, concorda Emily Kreps, Global Director of Capital Markets presso CDP, l’ente non profit che aiuta le organizzazioni a misurare e affrontare il proprio impatto ambientale. “La Cina ne ha parlato prima che il coronavirus innescasse la crisi sanitaria globale e ha indicato di utilizzare ampiamente dei sensori per la misurazione nel momento in cui viene rilasciato il gas. Ma l’industria globale è ben lontana da questo. Anche quando i dati vengono acquisiti dal monitoraggio satellitare, non è detto che siano chiari.
“Molto probabilmente vi sarà un accumulo logico di dati di tipo bottom-up, in base al funzionamento di un determinato stabilimento o di un determinato processo aziendale”, aggiunge. “Possiamo prevedere cosa accade quando eseguiamo un processo per un numero X di minuti, ore o giorni. Non stiamo ancora lavorando a un livello molto dettagliato in termini di misurazione, anche se questo è difficile da accettare per il settore finanziario.”
Pertanto, le domande senza risposta abbondano. Malgrado l’esistenza di un protocollo di registrazione ufficiale dei GHG e di unità di misura concordate, non conosciamo con esattezza la quantità di gas responsabili del riscaldamento emessa dai sistemi energetici umani, né sappiamo da dove vengono rilasciati. Analogamente, non conosciamo la quantità di gas responsabili del riscaldamento emessa o sequestrata dai sistemi naturali, né il punto di rilascio.
Contabilità delle omissioni
La contabilità si ritrova a fare il lavoro sporco nel mezzo di questa confusione, incaricata di produrre bilanci efficaci che sempre più spesso includono tra le loro voci informative una volta considerate non finanziarie. La sfida consiste nel farlo in un modo che rifletta correttamente ciò che sta accadendo. Le regole che disciplinano il settore vengono negoziate in un determinato contesto sociale; il loro scopo è quello di sostenere l’allocazione del capitale e di rispecchiare le prospettive temporali.
Aumenta il numero di società che scelgono di “fare un fuoripista contabile” in alcune giurisdizioni
Prima che sui registri societari incombessero le questioni ambientali, i responsabili del settore facevano i conti con il modo di gestire l’evoluzione da un’economia industriale all’era informatica. La trasformazione è stata irregolare e caotica a fronte di un numero elevato di società che hanno scelto di “fare un fuoripista contabile” in alcune giurisdizioni, discostandosi dagli standard del settore.21 “La contabilità è diventata l’opposto di utile per gli utenti”22, come riportava un articolo del Financial Times nel 2019, indicando il numero di società statunitensi che utilizzano approcci personalizzati nella pubblicazione dei dati sugli utili.
Già alle prese con l’arduo compito di integrare le attività immateriali nei conti finanziari, che ha determinato un crescente divario negli standard e nei risultati del settore, si deve ora affrontare una sfida ancora più grande: valutare il cambiamento previsto dall’Accordo sul clima di Parigi. La professione contabile deve porsi da sola alcune importanti domande. I concetti consolidati, quali rilevanza e prudenza, portano a valutazioni efficaci del rischio? È possibile invece che il miscuglio dei requisiti di informativa non riesca a trasmettere i rischi impliciti nella transizione climatica?
Questi conflitti sono già noti a molti utenti di conti e rapporti finanziari, compresi gli investitori professionali. Vi sono ora delle evidenti lacune tra le dichiarazioni riportate nella prima parte dei rapporti, in cui il rischio climatico viene citato spesso, e i pochi dati che figurano nella parte finale dei bilanci certificati. Ciò rende molto più difficile il lavoro della comunità degli investitori professionali.
Fare ricerca d’investimento significa raccogliere informazioni da più fonti, verificarle, triangolarle
“Penso che la ricerca nel settore degli investimenti sia un lavoro da detective”, ha affermato Nick Anderson, precedentemente investitore buy-side e attuale membro senior dell’International Accounting Standards Board (IASB), in occasione di un recente dibattito sulla contabilità del clima. "Si tratta di raccogliere informazioni da più fonti, verificarle, triangolarle... Si tratta di formulare giudizi basati su queste prove e quindi di utilizzare la propria esperienza per esprimere un parere.”23
Nell’ambito di questo processo, le informazioni incluse nelle relazioni sottoposte a revisione contabile sono fondamentali. Gli analisti si chiedono sempre se i messaggi ricevuti sono sensati e coerenti. Qualsiasi discordanza o lacuna informativa potrebbe costare cara, da qui la pressione della comunità degli investitori per una maggiore trasparenza. Queste tensioni però non sono ancora state affrontate. Tuttavia, vari organismi professionali (tra cui lo IASB e l’International Auditing and Assurance Standards Board (IAASB)) indicano che non è necessario un cambiamento radicale. Sostengono che i principi contabili consolidati intercettano già gli elementi necessari per rispecchiare il rischio climatico nei bilanci.
“Gli standard IFRS si occupano dei rischi legati al clima”, insiste Anderson. “Lo fanno attraverso i requisiti di norme specifiche e le ragioni imperative dello IAS International Accounting Standard (IAS) 1, relativi alla divulgazione di informazioni rilevanti. Molti di questi requisiti sono in vigore da anni.” Indica gli standard riportati nella Figura 5 come particolarmente importanti per la valutazione dei dati nell’ottica del clima, sulla base di ipotesi compatibili con il conseguimento degli obiettivi dell’Accordo di Parigi.
Figura 5: Intercettare il rischio climatico negli standard IFRS

Fonte: IASB, novembre 2020
Secondo David Pitt-Watson, membro esecutivo della Judge Business School dell’Università di Cambridge ed ex co-presidente della UNEP Finance Initiative, il fatto di concentrarsi su queste aree probabilmente desterà molte domande.
“Nel breve termine, se l’analisi delle attività esposte al tema del clima è stata condotta come se la questione climatica non esistesse, dovranno esserci delle svalutazioni”, afferma Pitt-Watson. “È la cosa giusta da fare, proprio come è giusto procedere alla svalutazione di un prestito in sofferenza anziché dare a vedere che l’azienda è solvibile.”
Le società di revisione devono inquadrare il rischio climatico in modo da allinearsi al conseguimento degli obiettivi dell’Accordo di Parigi ed essere ricettive rispetto ai recenti orientamenti del settore. “Gli ordini professionali desiderano la conformità alla lettera e allo spirito dei pareri dello IASB e dello IAASB da parte sia degli emittenti e che delle società di revisione”, aggiunge Pitt-Watson.
Inserire la voce “carbonio” in bilancio
Al contempo, emergono domande più complesse sulla filosofia alla base degli indicatori stessi. A chi è rivolta la contabilità?
“L’International Financial Reporting Standards Foundation (IFRS) suggerisce che la contabilità serve principalmente agli investitori”, afferma Richard Murphy, professore di contabilità presso la Sheffield University Management School e fondatore della Corporate Accountability Network, una ONG istituita nel 2019 per individuare le “debolezze dell’informativa contabile di tutte le società” in modo da soddisfare le esigenze di tutte le parti interessate, non solo di coloro che forniscono il capitale.
“Ad essere implicito in questo concetto è quello di mera salvaguardia dell’integrità del capitale finanziario, la cosiddetta capital maintenance finanziaria”, aggiunge Murphy. “Questa è l’essenza degli indicatori IFRS. Nel bilancio di quest’anno è presente un importo che può essere confrontato con l’anno scorso, e così via. La priorità è la realizzazione di profitto, la generazione di capitale finanziario.”
Il concetto di capital maintenance finanziaria crea un incentivo perverso di sfruttamento del capitale naturale.
Murphy ritiene che l’approccio sia fondamentalmente incompatibile con la sostenibilità, perché il concetto di salvaguardia dell’integrità del capitale finanziario crea un incentivo perverso di sfruttamento del capitale naturale. Se una risorsa non viene valutata correttamente, tenderà a essere utilizzata in modo eccessivo e pertanto la carenza determina l’aumento dei valori nell’interesse di una minoranza potente. Tuttavia, l’emergenza climatica necessita di un approccio universale, poiché abbiamo un solo pianeta. Murphy suggerisce invece che la salvaguardia dell’integrità del capitale ambientale dovrebbe essere l’obiettivo primario affinché la società ne tragga benefici a lungo termine.
“Sebbene il capitale finanziario sia importante, è secondario rispetto all’obbligo per le imprese di operare entro i vincoli ambientali imposti loro dallo scopo più importante, ossia conseguire la sostenibilità, in linea con l’Accordo di Parigi”, afferma Murphy.
Di fatto, questa è la versione contabile del dibattito sulle finalità di un’azienda. La finalità di un’azienda dovrebbe forse essere quella di generare semplicemente profitti o quella di prestare maggiore attenzione alla realizzazione di un equilibrio tra questo obiettivo e le questioni ambientali e sociali in generale?
Murphy indica che la Fondazione IFRS sta ora contribuendo a creare un ambiente in cui una serie di norme disciplina la contabilità finanziaria e un’altra serie complessa di linee guida (principalmente su base volontaria) plasma la rendicontazione della sostenibilità, complessivamente basata sul quadro di riferimento definito dalla Task Force on Climate-related Financial Disclosures (TCFD). Questa visione del mondo, in cui la rendicontazione della sostenibilità ha solo esili legami con il sistema contabile, rende possibile il rinvio di difficili decisioni legate al clima.
Figura 6: Sistemi di contabilità come finestre sul mondo24

Fonte: Tax Research UK, 8 dicembre 2020
Per il momento, l’esternalità climatica viene affrontata solo in parte tramite la determinazione del prezzo del carbonio, il cosiddetto carbon pricing, e non esiste un meccanismo esplicito per chiedere conto alle società dei loro obiettivi zero netto.
“Vi è una chiara discontinuità, un ampio divario tra ciò che le società dicono di fare e ciò che faranno effettivamente”, questo è la sincera opinione del Dr. Luca Taschini, Associate Professorial Research Fellow presso il Grantham Research Institute on Climate Change and the Environment della London School of Economics.
Figura 7: Il complesso mondo dell’informativa sulla sostenibilità
TCFD
La Task Force on Climate-related Financial Disclosures è stata istituita dal Financial Stability Board (FSB) del G20 per sviluppare linee guida per le società, le banche e gli investitori al fine di incoraggiare la divulgazione di informazioni sui rischi e le opportunità legati al clima per le parti interessate.
Linee guida dell’UE
Linee guida dell’UE sulla comunicazione delle informazioni relative al clima per le società quotate, necessarie per la preparazione delle informative ai sensi della Direttiva sulla comunicazione di informazioni di carattere non finanziario (NFRD). Integrano le raccomandazioni della TCFD e la tassonomia dell’UE, un sistema di classificazione progettato per individuare le organizzazioni che hanno un impatto positivo sul clima.
Fonte: Aviva Investors, settembre 2021
“Vi è un urgente bisogno di verificare le dichiarazioni delle società riguardo agli obiettivi zero netto che stanno perseguendo e di valutare la congruità e la fattibilità di tali affermazioni. Questa è l’analisi di cui abbiamo bisogno e va oltre l’analisi ESG tradizionale. Non si tratta solo della determinazione del prezzo del carbonio, ma di tecnologia e soluzioni pratiche. Andando avanti, la domanda è: in che modo verranno ridotte le emissioni? Cosa si intende fare per adeguare la propria attività a un’economia a basse emissioni di carbonio?”
Un approccio attualmente in esame che potrebbe contribuire al conseguimento di questo obiettivo è la contabilità della sostenibilità. Concepita da Murphy nell’ambito di una sfida accademica per introdurre il clima direttamente nell’informativa finanziaria, suggerisce di proporre le decisioni riguardo alla gestione del carbonio nei bilanci delle grandi società quotate nell’ambito delle linee guida della TCFD. (Ulteriori informazioni sulle opinioni di Murphy , qui.)25
In paesi come il Regno Unito, in cui il conseguimento dell’obiettivo zero netto è previsto dalla legge, Murphy sostiene che si è verificato un evento di cristallizzazione, che dovrebbe obbligare le aziende a stabilire esattamente come intendono raggiungere l’obiettivo utilizzando tecnologie e disposizioni comprovate per coprire il costo dell’operazione.
“Includerebbe l’obbligo di produrre un’informativa veritiera e corretta che dica: “Questo è il costo della decisione che abbiamo preso perché la nostra attività diventi sostenibile”, afferma Murphy. Ma raggiungere l’obiettivo potrebbe significare cambiare l’indicatore monitorato passando dalle emissioni di carbonio (laddove il costo del carbonio è al di fuori del controllo dell’azienda) al costo della riduzione del carbonio nell’ambito dei sistemi specifici dell’azienda (laddove l’azienda esercita una maggiore influenza).
Murphy ritiene che questo approccio non sia radicale in termini di trattamento contabile (utilizza principi ben consolidati in materia di introduzione delle disposizioni) ma potrebbe avere drastiche implicazioni per gli investitori, i risparmiatori e i pensionati (cfr. Figura 8). Innanzitutto, i responsabili delle decisioni delle società sarebbero costretti a definire i costi delle opzioni per la transizione verso un mondo a zero emissioni di carbonio, a quel punto le decisioni non potrebbero più essere rimandate. In secondo luogo, gli accantonamenti per il clima potrebbero limitare la capacità di una società di pagare i dividendi, il che influirebbe anche sulla sua appetibilità in un’ottica di investimento a lungo termine. Inoltre, potrebbero esserci implicazioni anche per i governi se le aspettative di risparmio a lungo termine dovessero rivelarsi deludenti.
Figura 8: Impatto della contabilità della sostenibilità

Fonte: The Corporate Accountability Network, 2019
“Le società possono permettersi di pagare dividendi a meno che non dimostrino come affrontare il cambiamento climatico?”, questa è la domanda che si pone Murphy. “Si tratta di un problema di continuità aziendale. Se sono in grado di presentare piani plausibili per la raccolta di capitali per finanziare la transizione, possono continuare a pagare dividendi. In caso contrario, dovranno vincolare le distribuzioni”.
Da ciò deriva l’idea di Murphy sul concetto di insolvenza del carbonio. Sapere esattamente quali sono le aziende che non riusciranno a effettuare la transizione verso un mondo a zero emissioni di carbonio è il problema che si pongono gli investitori in tutto il mondo. È un problema che emerge nelle discussioni sui rischi normativi e nei dibattiti sul modo in cui le aziende non conformi potrebbero essere gestite tramite una cosiddetta “bad bank” per il clima.[vi] Tuttavia, le attuali informazioni finanziarie integrative al momento non consentono alle parti interessate di valutare la situazione con precisione.
Valutazione delle emissioni della catena del valore in base alle attuali linee guida della TCFD
Prendiamo l’esempio del modo in cui le società stanno divulgando le emissioni Scope 3 derivanti da tutte le loro catene del valore (autonomamente dalle emissioni operative). Secondo Steve Waygood, Chief Responsible Investment Officer presso Aviva Investors, si tratta di un’area “caotica”, che molte delle società che non hanno ancora affrontato, dagli operatori aeroportuali che consentono l’utilizzo degli aerei sulle piste di atterraggio alle società di servizi finanziari che finanziano attività a elevata intensità di carbonio. Le problematiche sono sempre più evidenti per le organizzazioni che cercano di promuovere la trasparenza sul fronte del clima, come il CDP.
“Abbiamo iniziato a chiedere alle istituzioni finanziarie di esaminare le loro attività operative, passando poi alle loro attività commerciali nel 2020”, ha dichiarato Kreps nel corso di una recente intervista ad AIQ. “Abbiamo chiesto quali tipi di società ed emittenti vengono finanziati, quale sia la natura dei prestiti, quali linee di credito vengono predisposte e così via. Questo è un livello di analisi che alcune istituzioni non hanno ancora avviato. Abbiamo rilevato che le emissioni derivanti da queste attività aziendali erano 700 volte maggiori delle emissioni operative delle organizzazioni che prendono decisioni finanziarie.
Le istituzioni finanziarie sono grandi produttori di emissioni. I cordoni della borsa sono nelle loro mani e sono loro a detenere il potere
“In tale contesto, le istituzioni finanziarie sono grandi produttori di emissioni perché stanno fornendo capitale all’economia reale e ciò determinerà la transizione o l’assenza della stessa. In quanto operatori sui mercati finanziari, i cordoni della borsa sono nelle loro mani e sono loro a detenere il potere. È qui che intravedo un’opportunità davvero notevole di cambiamento.”
Non tutte le istituzioni che si occupano dell’allocazione dei capitali dispongono di un approccio di trasparenza ben definito per i propri investimenti e anche gli organismi in cui investono potrebbero essere alle prese con le proprie sottigliezze operative. "Abbiamo a disposizione un’enorme quantità di dati”, afferma Waygood. “Ma la quantità di dati disponibili è superiore alla loro effettiva comprensione e anche il numero di iniziative è maggiore delle operazioni che gli utenti sono realmente in grado di scegliere. È una situazione analoga ai dibattiti di qualche anno fa quando ci si chiedeva “come si misura l’alfa?”, quando si parlava dell’ipotesi dei mercati efficienti e del modello di determinazione dei prezzi dei beni strumentali.”
I professionisti della sostenibilità riconoscono la necessità di alzare l’asticella. “Dobbiamo passare da un dibattito sull’ESG, che senza ulteriori elementi prende in esame soltanto tutte le informazioni pertinenti, alla collocazione del sistema finanziario su un piano di sostenibilità. Dobbiamo premiare quegli emittenti che dispongono di modelli di business realmente sostenibili che non comportano una distruzione del capitale naturale o sociale superiore a quanto non venga generato o naturalmente ricostituito. Di contro, dobbiamo affrontare il ritiro dei capitali o la sottoscrizione da parte di coloro che non lo fanno”, afferma Tom Tayler, Senior Manager del Sustainable Finance Center for Excellence di Aviva Investors.
In molti casi, le informazioni che potrebbero indicare che l’azione è incompleta, possono comportare ampi margini di errore e non vengono tradotte in conti pubblici in modo accessibile.
“Le pratiche contabili societarie relative ai GHG nella loro versione corrente non dicono molto sul rischio climatico o sull’impatto delle decisioni di investimento”, avverte il Dr. Matthew Brander, docente di Carbon Accounting presso l’Università di Edimburgo. Ritiene che per gli investitori non professionisti sarà difficile capire le strategie di gestione del carbonio dai dati pubblici. (Ulteriori informazioni sulle tesi di Brander sono reperibili , qui.)27
Nell’ambito della ricerca di un’informativa più completa, è possibile che le attività inquinanti o sensibili al clima siano semplicemente spinte fuori dal bilancio e nelle mani di operatori privati, consentite da finanziatori che valutano la possibilità di hurdle rate elevati e di rapidi recuperi.
Rilevare e correggere contemporaneamente la rotta
Queste domande sui valori rispecchiati nella raccolta dei dati, su come e su cosa misurare, nonché sul valore degli indicatori in bilancio saranno cruciali per affrontare l’emergenza climatica. In ultima analisi determineranno i flussi di investimento, chi sopravviverà e chi non ce la farà. Ma trovare un accordo su ciò che succederà non è semplice.
Stiamo cercando di correggere la rotta dell’economia globale
“Stiamo cercando di correggere la rotta dell’economia globale, tramite rilevazioni del terreno, la tracciatura della mappa e la riprogrammazione della rotta, il tutto eseguito in contemporanea”, afferma Waygood, che da anni si batte per una maggiore trasparenza sulle esposizioni al tema del clima. Ritiene che i cambiamenti in fase di discussione siano come troppo lenti rispetto a quanto necessario, ma anche troppo rapidi per i tanti che non dispongono delle competenze necessarie per navigare in questo contesto.
Per Pitt-Watson si tratta di una questione di sopravvivenza. “Nessuna società si preoccupa della continuità aziendale se il nostro pianeta non rappresenta la continuità aziendale ed è folle redigere rapporti contabili come il problema della continuità aziendale del pianeta non esistesse”, afferma Pitt-Watson.
Tuttavia, la contabilità del carbonio è una procedura nuova e non tutti gli operatori ne apprezzano l’impellenza. “Le pratiche contabili relative ai GHG hanno ancora molta strada da fare prima di potersi definire mature”, sottolinea Brander. “Siamo ancora in una fase in cui gli utenti delle informazioni sui GHG non le vedono come sostanziali. Se lo facessero, griderebbero la loro protesta contro le informazioni ingannevoli. Con l’aumento del rischio di cambiamento climatico, alcune prassi che non forniscono una rappresentazione significativa dell’intensità delle emissioni di carbonio di un’azienda o della sua esposizione al rischio legato al clima saranno esaminate molto più attentamente.”
Diamo inizio a questo esame.