“Non sfruttando i mercati per raggiungere gli obiettivi dell’Accordo di Parigi del 2015 e continuando ad operare come se tutto fosse normale, andiamo incontro a una serie di conseguenze a lungo termine che comportano il rischio di tracollo economico di alcuni paesi e un significativo aumento dei flussi migratori che con ogni probabilità precipiteranno in gravi disordini civili e crescenti tensioni geopolitiche”, afferma Steve Waygood, Chief Responsible Investment Officer di Aviva Investors. “La probabile erosione del valore potrebbe arrivare a decine di miliardi di dollari, ma trasformare la finanza adesso può contribuire ad evitare tali perdite. In questo senso, è un enorme un piano assicurativo.”
Un esempio lampante è un rapporto del 2019 del think tank RethinkX sul futuro dell’alimentazione e dell’agricoltura che prevede squilibri esponenziali nel settore delle carni bovine e dei prodotti lattiero-caseari negli Stati Uniti. Il tipo di tecnologia necessaria per raggiungere gli obiettivi di Parigi, come le alternative alla carne e ai prodotti lattiero-caseari prodotte in laboratorio, potrebbe comportare una riduzione dei ricavi dell’industria statunitense della carne bovina e lattiero-casearia e dei loro fornitori, che complessivamente oggi superano i 400 miliardi di dollari oggi, di almeno il 50% entro il 2030 e di quasi il 90% entro il 2035. I settori dell’allevamento e della pesca commerciale dovrebbero seguire una traiettoria analoga. Questo effetto si propagherà attraverso la catena del valore, dal valore dei terreni agricoli alla domanda di prodotti animali.
Ma c’è un rovescio della medaglia più positivo. RethinkX prevede che questo cambiamento creerà nuovi posti di lavoro, fornirà cibo più economico e di qualità superiore in modo molto più distribuito, stabile e resiliente, e comporterà miglioramenti a livello di trasformazione nell’impatto ambientale della produzione alimentare. Grazie alle aziende alimentari che adottano queste innovazioni sarà anche possibile creare nuovo valore economico e finanziario.1 Come osservato in un recente white paper del think tank Volans per la sostenibilità, anche se queste previsioni hanno uno scostamento di uno o due decenni, sono prospettive che scuotono i mercati, creando rischi e opportunità.2
Trasformazioni analoghe sono necessarie in tutti i settori che avranno bisogno di finanziamenti da parte del sistema finanziario, che deve inoltre gestire la miriade di rischi che si presentano. L’approccio di gestione del rischio climatico di tipo a compartimenti stagni non basta più e le istituzioni finanziarie devono allineare le proprie attività agli obiettivi dell’Accordo di Parigi e agli obiettivi di sviluppo sostenibile (SDG).
Il rapporto Finance Climate action pathway del 2021, pubblicato dalla Marrakech Partnership sotto l’egida delle Nazioni Unite, condivide questa prospettiva, indicando: “È essenziale che la finanza e il potere dei mercati siano sfruttati al servizio di una transizione fluida e giusta verso un’economia globale resiliente, a zero emissioni nette, che tenga conto degli impatti climatici delle sue attività. Se riusciremo a far completare questo passaggio alla finanza restando in linea con un futuro resiliente che comporta il contenimento del surriscaldamento terrestre non oltre 1,5 °C, il risultato sarà un sistema finanziario che consentirà la transizione verso quel futuro”.3,4
Dall’esterno verso l’interno
Affinché la transizione sia efficace, la finanza deve cambiare radicalmente il suo approccio dall’esterno (misurando e mitigando i rischi derivanti dal cambiamento climatico per la finanza) verso l’interno (misurando e mitigando l’impatto che la finanza ha sul pianeta). Questo comporta sfide complesse, ma dal momento che gli operatori principali si mostrano sempre più decisi a cambiare, possiamo iniziare a pensare a come potrebbe evolvere il settore in vista del 2050.
Come dimostrato dall’attuale livello di emissioni finanziate rilevato da Greenpeace e dal WWF in un recente rapporto, molte istituzioni finanziarie non sembrano cogliere l’urgenza della crisi climatica e questo resta un settore ad alta intensità di carbonio.5 Ciò è dovuto a distorsioni nei mercati finanziari, al disallineamento dei modelli di business, a condizioni politiche avverse e a interessi costituiti.
Modelli di business e incentivi
“Gli incentivi e i modelli di business sono organizzati sul breve termine”, afferma Waygood. “Questo si traduce in una mentalità che ignora il problema a lungo termine del cambiamento climatico.”
I grandi proprietari di attivi come i fondi patrimoniali sovrani dovrebbero teoricamente avere gli orizzonti temporali più lunghi, potenzialmente investendo anche per conto delle generazioni future, ma in pratica tendono a investire allo stesso modo degli investitori istituzionali più piccoli o persino dagli hedge fund. Ciò è dovuto in gran parte all’ubiquità della moderna teoria di portafoglio e dei flussi di cassa attualizzati (DCF) nella costruzione e gestione del portafoglio.
Waygood spiega che la ricerca fondamentale spesso tende ad avere una prospettiva triennale, per poi tornare al tasso di crescita medio, che non riesce ad avanzare ipotesi o adeguamenti per l’impatto a lungo termine. “I flussi di cassa attualizzati ignorano le generazioni future e la necessità di preservare il capitale naturale ipotizzando che tutti gli investimenti possano crescere all’infinito”, afferma Waygood. “Ci ritroviamo con milioni di investitori professionali che gestiscono migliaia di miliardi di attivi e tutti in gran parte ignorano la condizione limite rappresentata dal fatto che abbiamo un solo pianeta.”6
Secondo un recente rapporto di Volans, Aligning finance for the net-zero economy, da questo deriva un sistema in cui “la stragrande maggioranza del capitale viene distribuita nei mercati secondari in cui sono disponibili molti investimenti apparentemente a basso rischio e ad alto rendimento, non da ultimo perché, dal 2008, i politici e le banche centrali si sono effettivamente assunti la responsabilità di sostenere i prezzi delle attività finanziarie. […]
“Perché investire nel rischioso business della trasformazione di una società ad alta intensità di carbonio in una a zero emissioni di carbonio, o in una start-up sconosciuta che potrebbe sviluppare una soluzione rivoluzionaria per il clima, quando si può investire il proprio capitale in un fondo indicizzato, sicuri del fatto che la Federal Reserve e le sue controparti in tutto il mondo sosterranno il mercato se necessario?”7
Il breve termine rafforza il divario tra finanza ed economia reale, con profonde implicazioni per la capacità del settore di contribuire a dirigere l’economia globale verso lo zero netto. Ciò è aggravato dall’assenza di prezzi adeguati del carbonio in quanto le società continuano a trarre profitto da attività che provocano danni ambientali.8
Ostacoli all’azione politica
Sfortunatamente, gli sforzi per cambiare la finanza da un punto di vista politico o normativo si trovano confrontati con diversi ostacoli.
“Appartengo alla generazione del baby boom, quindi inizio a capire cosa succede alle persone quando invecchiano, una delle tendenze è quella di diventare più conservatori”, afferma John Elkington, spesso definito il “padrino della sostenibilità”, e fondatore e Chief pollinator, o “impollinatore”, di Volans. “Di conseguenza, il settore pensionistico si troverà sempre più sotto pressione dovendo prendere in considerazione orizzonti temporali più ridotti, per realizzare i rendimenti finanziari che la gente si aspetta di ottenere dai propri investimenti. Rischiamo di assistere al rallentamento, al blocco o all’interruzione dei cambiamenti radicali necessari a causa di un crescente conservatorismo, con la “c” minuscola.
“Le contrattazioni ad alta frequenza (high-frequency trading) sono il sintomo di un malessere molto più profondo”, aggiunge. “Non c’è più tempo, o ne resta veramente poco, per prendere in considerazione conseguenze più ampie, previste o impreviste. Adesso è essenziale definire una qualche forma di tassazione delle transazioni per rallentare il ritmo della speculazione. Chi si muove nell’ambito dell’odierno sistema finanziario può esserne contrariato e opporvisi, ma questa è una misura da adottare, così come dobbiamo tassare in modo energico il biossido di carbonio e altri gas a effetto serra. Tuttavia, è più difficile realizzare questi cambiamenti quando ci si confronta con un panorama politico frammentato.”9
Waygood concorda e sostiene che in assenza di un’autorità di regolamentazione fiscale e per la finanza globale l’imposta globale sul carbonio non potrà essere un impegno di tipo top-down, ma si presenterà invece come un complesso di centinaia di politiche diverse a livello nazionale e regionale.
Eric Usher, responsabile dell’UN Environment Programme Finance Initiative (UNEP FI)10, ritiene che il successo dell’Accordo di Parigi del 2015 sia dovuto alla sua struttura di tipo bottom-up, per cui ciascun paese decide dei propri impegni. Sebbene inizialmente fosse scettico, ora pensa che possa funzionare per effetto della crescente pressione esercitata su società e paesi.
“Il punto è capire come assicurarsi che rispettino gli impegni”, afferma Usher. “Le società e gli operatori finanziari che accelerano sulla realizzazione dei propri obiettivi hanno un notevole impatto mediante i segnali che trasmettono ai governi affinché anch’essi premano sull’acceleratore per concretizzare i propri impegni. Dobbiamo capire come farlo insieme perché vediamo dei progressi, ma sappiamo anche che in questo momento siamo lontani dal raggiungimento dell’obiettivo di contenimento del surriscaldamento terrestre non oltre 1,5 o anche due gradi.”
È necessario trasformare l’intero sistema finanziario, dalla sua architettura a una nuova definizione di dovere fiduciario che comprenda i rischi climatici, l’allineamento dei modelli di business e l’adeguata determinazione dei prezzi delle pratiche ambientali dannose.
Cambiare i sistemi e affrontare i fallimenti del mercato
“Gli operatori finanziari non possono più concentrarsi solo sui rischi finanziari”, afferma Usher. “Devono anche comprendere l’impatto dei loro finanziamenti e assisteremo sempre più spesso a un intervento da parte delle autorità di regolamentazione per rendere obbligatoria l’informativa riguardo a tale impatto. Il cambiamento deve essere olistico e coprire tutti i sistemi nell’ambito dell’organizzazione, compresi i piani di compensazione.
“Ciò significa fissare obiettivi di allineamento, il che richiede comprendere la scienza, e successivamente costruire modelli di rischio basati su previsioni di perdite future, anziché semplicemente su perdite storiche”, aggiunge Usher. “Questo incide sull’intero sistema finanziario.”
La trasformazione del sistema è anche l’approccio adottato dalla World Benchmarking Alliance (WBA), co-fondata da Aviva nel 2018, che ha sviluppato diversi benchmark per classificare e valutare 2.000 delle aziende più influenti del mondo in merito al loro contributo agli SDG.
“Ci siamo consultati a lungo riguardo alle aree in cui le società potrebbero avere il maggiore impatto sugli SDG”, afferma Pauliina Murphy, Engagement Director presso la WBA. “La trasformazione sociale si colloca al centro di questo cerchio, circondata da altre cinque trasformazioni, mentre il sistema finanziario si posiziona al di fuori del cerchio. Questo conferma il ruolo della finanza in quanto elemento di sostegno delle trasformazioni degli altri sei sistemi verso risultati sostenibili, ma la finanza può svolgere appieno tale ruolo unicamente se intraprende la sua stessa trasformazione.”11
Figura 1: I sette sistemi definiti dalla World Benchmarking Alliance12

Fonte: World Benchmarking Alliance, luglio 2019
Emilie Goodall, Financial System Lead presso la WBA, ritiene che per trasformare veramente un sistema occorre prendere in considerazione tutte le sue parti. Questo vale in particolare per la finanza, dove molte delle maggiori istituzioni operano in aree diverse.
“Abbiamo avuto l’impressione che vi fosse una lacuna nell’informativa e nei quadri normativi, uno spazio in cui usare quella prospettiva macro ed esaminare l’interconnessione dei vari elementi, perché stiamo assistendo a grandi progressi in alcuni settori ma talvolta, anche nell’ambito della stessa società, la mano destra sta facendo qualcosa di molto diverso dalla sinistra”, afferma Emilie Goodall.13
L’architettura finanziaria internazionale si basa su tre pilastri interconnessi: banche, compagnie assicurative e investimenti
Al centro dell’architettura finanziaria internazionale vi sono tre pilastri interconnessi: banche, compagnie assicurative e investimenti.
“Le istituzioni si fanno credito a vicenda, si assicurano a vicenda, investono l’una nell’altra e sono proprietarie l’una dell’altra”, afferma Waygood. “I tre pilastri sono regolamentati in modo discreto, ma spesso si sovrappongono a livello di CdA e a livello operativo.”
“Al centro di questi pilastri si trova l’economia reale, sottoscritta e capitalizzata da questi tre settori, successivamente vi sono i ministeri delle finanze nazionali, che vigilano sulle banche centrali, che a loro volta vigilano sulle autorità di regolamentazione e che infine vigilano sui pilastri”, aggiunge Waygood. “È necessario analizzare l’intero quadro. Dobbiamo lavorare all’interno e cambiare gli incentivi nell’economia reale in modo che le esternalità vengano internalizzate. Ma dobbiamo anche lavorare all’esterno e fare in modo che l’intero sistema sia in linea con gli obiettivi di Parigi. In effetti abbiamo bisogno di un coreografo per la finanza climatica a livello globale che diriga l’architettura finanziaria internazionale.”
Figura 2: Mappa del sistema finanziario14

Fonte: United Nations Climate Change e Marrakech Partnership, 2021
A tal fine, nell’ambito di un white paper pubblicato nell’aprile 2021, Aviva Investors ha invitato l’OCSE a presentare delle proposte per la convocazione di una piattaforma internazionale per la finanza climatica (International Platform for Climate Finance, IPCF), un’iniziativa che era stata sollecitata per la prima volta nel febbraio 2020.15,16
Il documento sostiene che una tale piattaforma potrebbe consentire la creazione e l’attuazione di un piano di investimento globale per mobilitare il capitale pubblico e privato necessario per raggiungere gli obiettivi dell’Accordo di Parigi.17
L’IPCF avrebbe l’enorme vantaggio di individuare gli investimenti e le opportunità commerciali per le istituzioni finanziarie, ma anche queste devono cambiare integrando l’impatto delle proprie strategie e operazioni in modo sistemico. L’idea sta prendendo piede e i leader sul campo hanno iniziato ad andare alla scoperta di come potrebbe svilupparsi questa iniziativa.
Dati, informative e stewardship macroeconomica
Il rapporto Finance climate action pathway delle Nazioni Unite indica che per raggiungere lo zero netto entro il 2050 “ogni decisione finanziaria deve tener conto del cambiamento climatico e i flussi finanziari devono essere coerenti con emissioni di gas a effetto serra ridotte e con uno sviluppo resiliente ai cambianti climatici.”
Goodall ritiene che questo percorso debba partire dalle istituzioni finanziarie in quanto parte di una strategia volontaria per ridurre la propria impronta di carbonio, utilizzare la propria influenza politica e cambiare il modo in cui operano in termini di credito, sottoscrizioni e investimenti.
Investitori, banche, compagnie assicurative e vari altri operatori stanno migliorando in termini di gestione dei rischi legati alle proprie operazioni
Eric Usher, responsabile dell’UNEP FI, concorda e aggiunge: “gli investitori, le banche, le compagnie assicurative e vari altri operatori stanno migliorando nella gestione dei rischi legati alle proprie operazioni ed è quello che definirei l’impatto “dall’esterno” del degrado ambientale o sociale sulle proprie attività finanziarie.” “Tuttavia, se gestiamo tutti i rischi ma continuiamo a finanziare le attività verdi soltanto a margine, non affronteremo i rischi climatici o gli altri rischi di sostenibilità. Concentrandosi sugli interventi “dall’interno” si diventa sempre più consapevoli del fatto che gli operatori economici devono comprendere il loro impatto sull’ambiente e sugli obiettivi sociali.
“Per una banca non si tratta più di gestire il proprio consumo di carta o di energia”, aggiunge Usher. “Questi sono temi rilevanti, ma ovviamente l’area più importante per qualsiasi operatore finanziario è l’impatto prodotto dai suoi clienti. Tutto questo rientra nell’obiettivo del passaggio dalle transazioni verdi alle istituzioni verdi.”
Ne consegue inoltre che l’alta dirigenza deve avere la questione sotto controllo, tra cui assicurandosi di disporre di competenze sufficienti a livello esecutivo e del consiglio di amministrazione.
“Se si riesce a seguire la scienza, è possibile capire cosa si cela nel confuso contesto politico”, afferma Usher. “Il prezzo del carbonio non è determinato dappertutto, ma se si segue la scienza si capisce che il problema del cambiamento climatico sta peggiorando. Ipotizzando che con il tempo la politica riesca a seguire la scienza, l’impiego della scienza potrebbe essere l’approccio fiduciario più responsabile da adottare.”
Come illustrato nel white paper Aligning finance for the net-zero economy delle Nazioni Unite, fino a quando le emissioni non saranno adeguatamente contabilizzate, il modo in cui le istituzioni finanziarie pubbliche e private si avvicinano alla riduzione del rischio relativo a una finanza allineata allo zero netto è fondamentale per risolvere il divario tra la propensione al rischio degli investitori e dei finanzieri e i profili di rischio/rendimento degli investimenti necessari per la transizione. Sebbene le strategie negative di riduzione del rischio, come le politiche di esclusione, siano importanti, non da ultimo nella gestione delle attività bloccate, ciò che serve ora è una riduzione del rischio positiva, vale a dire modelli collaborativi per la condivisione del rischio/rendimento quali le partnership pubblico-privato, da applicare su larga scala.18
Dati e informative
Tutti gli esperti concordano che i dati saranno fondamentali. Il rapporto Finance Climate action pathway raccomanda l’utilizzo di un’informativa obbligatoria sui rischi legati al clima da parte di società, enti locali come le città, e a livello di attività, in modo che le istituzioni finanziarie possano integrare meglio tali rischi nelle proprie decisioni. Richiede inoltre una supervisione normativa e un intervento macroprudenziale sull’uso dei dati da parte delle istituzioni finanziarie per formulare piani di transizione e obiettivi a breve e lungo termine basati sulla scienza per la decarbonizzazione delle emissioni finanziate. Poiché i piani e gli obiettivi di transizione sono necessari anche nell’economia reale, ciò potrebbe creare cicli di feedback positivi.
“A livello di informativa sul rischio climatico, la sfida è quella di non prevedere il futuro sulla base di ciò che ha fallito in passato”, aggiunge Usher. “Questo richiede alle istituzioni di costruire modelli di rischio basati su previsioni scientifiche riguardo a perdite future. Progressivamente, la condizione non sarà quella di attendere che i dati siano perfetti, ma di iniziare ad agire sulla base dei dati disponibili e di adeguare i modelli man mano che si va avanti.”
Questo dovrebbe essere sostenuto anche da standard contabili, pratiche di revisione contabile e regole di quotazione delle borse aggiornati, in modo che il costo reale del rischio climatico si rifletta sui bilanci, nonché sulle attività di finanziamento delle istituzioni.19 È incoraggiante che in quest’area si siano verificati dei progressi, come lo Sustainability Standards Board istituito dalla Fondazione IFRS nel giugno 2021, che mira a incoraggiare le società a comunicare il proprio impatto sulla sostenibilità.20
Stewardship macroeconomica
Waygood ritiene che la collaborazione tra le autorità di regolamentazione e le istituzioni finanziarie, quella che definisce “stewardship macroeconomica”, rappresenti il modo migliore per affrontare i fallimenti normativi e del mercato.
“Collaborare per realizzare una nuova prospettiva è chiaramente nell’interesse sia nostro che dei nostri clienti”, afferma Waygood. “Le istituzioni finanziarie possono indicare alle autorità di regolamentazione le aree di fallimento del mercato, possono analizzarle insieme per capire come correggerle e le autorità di regolamentazione possono mettere in campo le leve del cambiamento, quali misure fiscali o meccanismi di mercato come i sistemi di scambio. Più gli investitori uniscono le forze, più cambiamenti possiamo realizzare.”
Collaborare per realizzare una nuova prospettiva è nell’interesse sia nostro che dei nostri clienti
Usher concorda sul fatto che il rapporto tra operatori di mercato e autorità di regolamentazione sarà fondamentale, anche se storicamente la visione comune era che le istituzioni private non si sarebbero dovute impegnare su temi come il cambiamento climatico fino alla definizione di una regolamentazione in materia.
“Le cose non stanno più così perché, man mano che queste problematiche si complicano, è molto difficile per le autorità di regolamentazione imporre delle regole di punto in bianco”, sostiene Usher. “L’adesione volontaria degli operatori del mercato risulta molto più efficace. Ad esempio, grazie alle informative sul rischio climatico, quando i leader hanno iniziato a produrre informative volontarie sulla base delle raccomandazioni della Task Force on Climate-Related Financial Disclosures (TCFD), hanno mostrato come procedere sviluppando modelli basati su scenari, e le autorità di regolamentazione ne hanno fatto tesoro. Nei mercati in cui le autorità di regolamentazione decidono di imporre tali informative, possono agire sulla base di quanto è stato prodotto volontariamente.”
Tuttavia, Usher aggiunge che le istituzioni finanziarie non possono fare più di tanto. “Se alcune istituzioni finanziarie smettono di finanziare il settore del carbone, ma altre non lo fanno, le autorità di regolamentazione o i politici devono trovare dei sistemi per assicurarsi che il carbone non venga utilizzato”, conclude Usher.
Figura 3: Panoramica del rapporto “Finance climate action pathway”21

Fonte: United Nations Climate Change e Marrakech Partnership, 2021
Regolamentazione, transizione finanziaria e specificità settoriali
Le autorità di regolamentazione finanziaria di tutto il mondo si stanno svegliando e stanno iniziando a definire le proprie aspettative, opportunamente sintetizzate in un documento pubblicato all’inizio del 2021 dalla società di consulenza EY.22 Anche se le linee guida variano da un paese all’altro, riguardano aspetti di governance e strategia, tra cui la ridefinizione dei modelli di business e l’allineamento delle politiche retributive, nonché le regole di gestione del rischio e in materia di informativa. Ad esempio, sono sempre più numerosi i paesi che valutano o implementano l’informativa obbligatoria della TCFD, e tra i paesi all’avanguardia figurano la Nuova Zelanda e il Regno Unito.
“Nella legge sui fondi pensione varata all’inizio del 2021, il governo britannico ha previsto l’obbligo di conformità alle raccomandazioni TCFD per i fondi pensione”, osserva Simon Oswald, Senior Public Policy Manager di Aviva. “Da allora questa iniziativa si è estesa e il Regno Unito sarà il primo paese del G20 al mondo a richiedere la conformità alle raccomandazioni TCFD nell’ambito dell’intera economia.”
Gli stress test sul rischio climatico previsti per le banche stanno diventando sempre più diffusi
Anche gli stress test sul rischio climatico previsti per le banche stanno diventando sempre più diffusi. La Francia e il Regno Unito sono stati i primi due paesi a effettuare questi test nel 2021, attentamente monitorati dalle autorità di regolamentazione. I test si discostavano dai tradizionali stress test bancari in quanto includevano un orizzonte temporale più lungo (30 anni), una copertura geografica più ampia delle esposizioni e un approccio di definizione dei modelli a livello settoriale/di controparte. Secondo il rapporto dell’EY, altre autorità di regolamentazione prevedono di implementare test analoghi per i prossimi mesi.
Si tratta di una delle cinque raccomandazioni chiave formulate dalla Network of Central Banks and Supervisors for Greening the Financial System (NGFS) in una guida del 2020 per l’integrazione dei rischi ambientali e climatici nella vigilanza prudenziale, unitamente alla determinazione della modalità di trasmissione dei rischi climatici nelle economie, al chiarimento delle loro aspettative nei confronti delle istituzioni finanziarie e alla garanzia di una gestione e mitigazione del rischio climatico.23
Nell’aprile 2021, il Comitato di Basilea per la vigilanza bancaria ha pubblicato un documento sui fattori di rischio legati al clima e sui loro canali di trasmissione, sviluppando un quadro normativo per la definizione dei modelli e la gestione del rischio climatico per le banche.24
Nello stesso mese, l’Autorità europea delle assicurazioni e delle pensioni aziendali o professionali (EIOPA) ha pubblicato un parere volto a “promuovere una gestione lungimirante dei rischi [climatici] per garantire la solvibilità e la sostenibilità a lungo termine del settore”. Invita le autorità di vigilanza nazionali a chiedere alle compagnie assicurative di “integrare i rischi legati al cambiamento climatico nel proprio sistema di governance, nel sistema di gestione del rischio e nelle valutazioni interne del rischio e della solvibilità (own risk and solvency assessments, ORSA)”, su orizzonti temporali a breve e lungo termine e attraverso l’analisi degli scenari.”25
Le autorità di vigilanza stanno anche prendendo in considerazione le modifiche ai requisiti patrimoniali e l’integrazione dei rischi legati al clima nei modelli di business, nella governance e nella gestione del rischio, nella liquidità e nei finanziamenti. Tuttavia, gran parte delle autorità ritiene di aver bisogno di più tempo per valutare i potenziali cambiamenti poiché questi presentano parecchie sfide.
La mancanza di dati empirici, di dati granulari e di capacità di definizione dei modelli ostacola anche la valutazione quantitativa del rischio sottostante
“Le vulnerabilità a lungo termine non possono essere intercettate in modo completo quando l’adeguatezza patrimoniale viene calibrata principalmente entro un orizzonte temporale di un anno”, indica il rapporto EY. “La mancanza di dati empirici, di dati granulari e di capacità di definizione dei modelli ostacola anche la valutazione quantitativa del rischio sottostante, in quanto le autorità finanziarie analizzano la necessità e la possibilità di adeguare il trattamento patrimoniale delle esposizioni associate a un rischio climatico particolarmente elevato (o basso), garantendo al contempo che il quadro prudenziale rimanga basato sul rischio.”
In termini di utilizzo dei requisiti patrimoniali per incentivare gli investimenti nella transizione verso lo zero netto, James Hughes, Senior Manager for EU and International Public Policy di Aviva, afferma che esiste un intenso dibattito normativo sulla possibilità di concedere agli investimenti verdi un trattamento più favorevole del capitale, anche senza l’evidenza di un rischio inferiore (fattore di sostegno verde), o sulla possibilità di applicare un fattore di penalizzazione marrone agli investimenti ad alta intensità di emissioni. Gli oppositori del fattore di sostegno verde temono che separerebbe i requisiti patrimoniali dai fondamentali di un quadro prudenziale basato sul rischio.
“Un approccio alternativo per le compagnie assicurative che consentirebbe di evitare alcune di queste problematiche potrebbe essere quello di considerare i requisiti patrimoniali a livello di portafoglio anziché a livello di singoli attivi,” aggiunge Hughes. “Il requisito patrimoniale di solvibilità globale (SCR) viene calcolato normalmente, ma si calcola quindi il potenziale di riscaldamento dell’intero portafoglio di attivi per determinare se è in linea con gli obiettivi di Parigi. Un’autorità di regolamentazione potrebbe pertanto applicare uno sconto o un addebito all’intero SCR a seconda dell’allineamento con gli obiettivi di Parigi.”
Ciò offrirebbe una soluzione all’attuale quadro normativo, che premia gli attivi che sono ben compresi, sia emessi da società quotate che in grado di dimostrare un lungo track record per un rating creditizio migliore. “L’assenza di un lungo track record può essere utilizzata per giustificare l’avversione a un investimento in una nuova società o tecnologia”, spiega Hughes. “Vi sono molti altri fattori che rendono più difficile investire nella transizione.”
Rappresenterebbe anche un passo concreto verso l’integrazione del concetto di doppia rilevanza nel settore assicurativo, una delle sette iniziative raccomandate da ShareAction, organizzazione promotrice dell’investimento responsabile.26
Non avanzano ancora proposte per la valutazione e la gestione dell’impatto “interno”
Si fatto, sebbene le autorità di regolamentazione e le autorità di vigilanza stiano prendendo in seria considerazione la questione, la sfida principale, ad oggi, è che sono state quasi interamente concentrate sulla valutazione e sulla mitigazione del rischio (il fattore “esterno”) e non avanzano ancora proposte per la valutazione e la gestione dell’impatto “interno”.
“L’informativa obbligatoria conforme alle raccomandazioni TCFD rappresenta un grande passo avanti, ma non deve essere vista come un punto di arrivo perché si concentra soltanto sugli impatti del clima sulla società”, spiega Oswald. “È necessario prendere in considerazione la doppia rilevanza, vale a dire il proprio impatto sul clima e come si intende effettuare la transizione verso lo zero netto in quanto società, per cui il prossimo pezzo del puzzle sarà rappresentato dai piani di transizione verso lo zero netto.
“Molte società stanno ora assumendo impegni per il conseguimento degli obiettivi zero netto”, aggiunge Oswald. “Dobbiamo assicurarci che questi impegni si traducano effettivamente in tagli alle emissioni nel mondo reale, pertanto auspichiamo che i piani di transizione diventino un requisito obbligatorio per le istituzioni finanziarie, che dovrebbero spiegare inoltre come intendono conseguire l’obiettivo zero netto.”27
Requisiti a livello settoriale
Data la complessità del sistema finanziario, le parti interessate si sono riunite per proporre misure chiare adottabili da tutti gli operatori del settore per raggiungere lo zero netto e trasformare la finanza. Vi sono due documenti che approfondiscono il tema su base settoriale, ossia il rapporto di aggiornamento Financing our future e la tabella di azione Finance climate action pathway, pubblicata unitamente all’omonimo rapporto.28.29
Gli operatori possono adottare misure chiare per raggiungere lo zero netto e trasformare la finanza
Entrambi i gruppi di esperti propongono di fare affidamento su una maggiore produzione di informative sul rischio climatico, su piani e obiettivi di transizione, sull’esercizio di pressioni per ottenere politiche di determinazione del prezzo del carbonio, sull’integrazione del rischio climatico nelle normali attività di sottoscrizione e gestione del rischio e su un aumento graduale degli investimenti in soluzioni a zero netto e di resilienza.
Come nel caso della rete NGFS per le banche centrali, si sono costituite numerose associazioni per esplorare i migliori percorsi di transizione e i cambiamenti più incisivi attuabili dalle istituzioni finanziarie. Alcune di esse sono state convocate dalle Nazioni Unite e si sono costituite sotto l’egida dell’UNEP FI, come le Net Zero Alliances, e nel rapporto Finance climate action pathway si raccomanda alle aziende di unirsi a questi gruppi per promuovere i propri piani di transizione. Di fatto, le collaborazioni e le alleanze consentono alle istituzioni finanziarie non solo di collaborare allo sviluppo di soluzioni, ma anche di unire le forze per aumentare la propria influenza.
Partnership, associazioni e collaborazione
Secondo Eric Usher, il Segretario Generale delle Nazioni Unite António Guterres considera la Net Zero Asset Owner Alliance come uno standard di riferimento per questo tipo di iniziativa poiché i suoi membri stanno proponendo obiettivi per il 2025 basati su un percorso scientifico allo zero netto.
Gli investitori hanno collaborato per individuare un percorso scientifico verso lo zero netto
“Questo gruppo di investitori [tra cui Aviva] è stato all’avanguardia, non solo per la definizione degli obiettivi, ma anche per la predisposizione di metodologie di valutazione della loro implementazione”, spiega Usher. “Gli investitori hanno collaborato per realizzare una suddivisione per settori come l’energia, i trasporti, l’agricoltura, il cemento e l’acciaio e, per ciascuno di essi, per individuare un percorso scientifico verso lo zero netto. Questo consente pertanto agli investitori di collaborare con le società per aiutarle nella transizione e spingerle sulla strada giusta.
“Anche le compagnie assicurative svolgono un ruolo fondamentale”, aggiunge Usher. “Alcune società statunitensi produttrici di carbone potrebbero fallire e non avere più molto valore dal punto di vista dei mercati finanziari, ma continueranno ad operare anche nel caso di fallimento. Pertanto, le compagnie assicurative che assicurano tali strutture avranno molto più potere su di esse rispetto agli investitori. Anche le banche hanno rapporti con le aziende e possono esercitare pressioni.”
Emilie Goodall, di WBA, concorda con queste considerazioni. Oltre ad informare gli investitori e i consumatori della performance della sostenibilità delle società, l’altra funzione dei benchmark è quella di consentire alle associazioni degli investitori di utilizzare i risultati nelle loro attività di engagement.
Un gruppo di investitori può fare riferimento ai risultati e interagire concretamente su questioni chiave che non sembrano progredire
“Un gruppo di investitori può fare riferimento ai risultati e interagire concretamente con i ritardatari o su questioni chiave che non sembrano progredire, per cui l’impegno può essere molto mirato”, afferma Emilie Goodall. “Questo rappresenta solo un sottoinsieme del sistema finanziario, che è costituito dagli azionisti, ma in futuro ci piacerebbe analizzare in che modo utilizzare i risultati dei benchmark per coinvolgere obbligazionisti o sottoscrittori”.
Altre iniziative provengono da diversi settori e fanno appello alle istituzioni finanziarie affinché contribuiscano a finanziare la loro transizione. Ad esempio, Mission Possible Partnership, che mira alla decarbonizzazione dell’industria pesante e dei trasporti, ha programmi dettagliati per rafforzare il business case per gli investimenti nella transizione del settore, sviluppare una roadmap granulare per gli investimenti e aiutare le istituzioni finanziarie a valutare i rischi e le opportunità della transizione su base settoriale, tenendo conto dei percorsi di decarbonizzazione nel settore e dei probabili sviluppi della domanda.30
Goodall crede che un sistema trasformato in questo modo porterebbe tutte le istituzioni finanziarie a prendere decisioni in linea con i confini planetari e le convenzioni sociali. “Se queste considerazioni venissero sistematicamente avanzate a tutti i livelli decisionali, avremmo un sistema finanziario più sostenibile che andrebbe a vantaggio delle persone e del pianeta”, afferma Goodall.
Che aspetto potrebbe assumere la finanza nel 2050?
Gli autori del rapporto Finance Climate action pathway condividono l’opinione di Goodall, sperando che entro il 2050, i mercati finanziari, le istituzioni e i sistemi saranno in grado di sostenere e finanziare un’economia e una società resilienti a zero emissioni di carbonio, garantendo che l’aumento delle temperature resti contenuto entro 1,5 °C.
Il sistema premia solo quelli che si concentrano sulle persone e sul pianeta
“La giustizia climatica, l’equità e la giustizia intergenerazionale rappresentano ora le pietre miliari di un sistema finanziario che si basa sulla comprensione integrata della doppia rilevanza, pertanto l’impatto degli investimenti sulla sostenibilità è una elemento importante quanto l’impatto dei fattori di sostenibilità sul valore di tali investimenti. Gli orizzonti di investimento a lungo termine del sistema ora premiano solo quelli che si concentrano sulle persone e sul pianeta.”
La dichiarazione d’intenti del rapporto conclude: “Nel sistema finanziario è stata riposta una maggiore fiducia sulla base di economie circolari che sostengono un equo e giusto aumento del tenore di vita in tutte le comunità del mondo.”31
Figura 4: La curva a S della transizione finanziaria32

United Nations Climate Change e Marrakech Partnership, 2021
Usher ritiene che questa trasformazione stia iniziando il suo corso. “Anche se gli scienziati spesso vedono i cambiamenti svilupparsi in modo lineare, i mercati finanziari sono bizzarri e possono subire rapidi mutamenti. Se un’azienda non gestisce e non si occupa dei problemi in modo appropriato, il suo valore può rapidamente svanire”, afferma Usher.
Se da un lato le riforme politiche non si stanno materializzando alla rapidità auspicata da Usher, dall’altro sottolinea il cambiamento dell’orizzonte temporale, che ora sta influendo sui mercati finanziari.
Se non agiamo oggi, esponiamo noi stessi, i nostri clienti e i nostri azionisti
“Nel 2015, tutti pensavano ancora al cambiamento climatico come ad un concetto riferito alla fine del secolo, ma negli ultimi sei anni abbiamo spostato l’attenzione al 2050 e ora addirittura al 2030 o al 2025”, osserva Usher. “Le auto a combustione interna verranno progressivamente eliminate in molti mercati entro il 2030, pertanto le case automobilistiche che non sono ancora passate ai veicoli elettrici sono già penalizzate in termini di valutazioni. La risposta è entrata a far parte del ciclo economico: se non agiamo oggi, esponiamo noi stessi, i nostri clienti e i nostri azionisti.”
Elkington concorda e aggiunge: “per certi versi sono stranamente ottimista.” “Abbiamo parlato della necessità di un cambiamento del sistema per anni, anche decenni. Ma quando si tenta di cambiare un sistema esistente, spesso ci si scontra con una resistenza interna. Gli interessi costituiti, gli operatori storici, non vogliono vedere questo cambiamento. Ma quando il sistema consolidato inizia a disfarsi, le opportunità di creare qualcosa di diverso sono drasticamente superiori rispetto a quelle dei tempi “normali”.
“Stanno facendo la loro comparsa nuovi operatori e altri continueranno a presentarsi, sono quelli che volendo possiamo paragonare a degli Elon Musks del futuro finanziario. Alcune delle aspettative che potremmo avere riguardo all’aspetto che potrebbero assumere banche, compagnie assicurative, riassicurazioni e investimenti saranno spazzate via da questi innovatori”, aggiunge Elkington.
Appendice: Il ruolo delle banche centrali e delle autorità di vigilanza
La Network of Central Banks and Supervisors for Greening the Financial System (NGFS) è un altro esempio di come i diversi organismi possano e debbano influenzarsi reciprocamente. La NGFS è stata istituita nel 2017, quando otto banche centrali e autorità di vigilanza hanno unito le forze per comprendere meglio in che modo il cambiamento climatico avrebbe potuto influire sui loro mandati. Da allora la rete è cresciuta fino a includere 95 membri, evidenziando che il factoring nell’impatto del cambiamento climatico è diventato una parte fondamentale del ruolo delle banche centrali e delle autorità di vigilanza.
Siamo responsabili della stabilità finanziaria e dei prezzi e dobbiamo preoccuparcene
“Siamo responsabili della stabilità finanziaria e dei prezzi e dobbiamo preoccuparcene”, afferma la Dott.ssa Sabine Mauderer, membro del consiglio di amministrazione della Deutsche Bundesbank. “Il cambiamento climatico e le altre minacce ecologiche sono una fonte significativa di rischio finanziario, che desta l’interesse delle banche centrali. Dal punto di vista della stabilità finanziaria, non solo vediamo il rischio fisico, ma anche il rischio di transizione; quest’ultimo descrive il costo della transizione verso un’economia più rispettosa dell’ambiente.
“A causa di queste due principali fonti di rischi finanziari, ce ne preoccupiamo anche in quanto autorità di vigilanza bancaria perché anche i bilanci delle banche sono esposti ai rischi climatici”, aggiunge.
Tornando alle operazioni interne delle banche centrali, a marzo 2021 la rete ha pubblicato un rapporto che definisce nove misure che le banche centrali possono adottare per affrontare il cambiamento climatico nelle proprie operazioni di mercato.33 Cfr. Figura 5.
Figura 5: Nove opzioni per adeguare i quadri operativi delle banche centrali ai rischi climatici
OPERAZIONI DI CREDITO
1. Adeguare i prezzi per rispecchiare i prestiti legati al clima delle controparti
2. Adeguare i prezzi per rispecchiare la composizione delle garanzie reali costituite
3. Adeguare l’idoneità delle controparti
GARANZIE COLLATERALI
4. Adeguare i margini di garanzia
5. Screening negativo
6. Screening positivo
7. Allineare i pool di garanzie con un obiettivo correlato al clima
ACQUISTI DI ATTIVI
8. Orientare gli acquisti
9. Screening negativo
Fonte: Network for Greening the Financial System, marzo 2021
“Non abbiamo formulato raccomandazioni perché tra i nostri membri vi è un’ampia gamma di mandati, ma tutti possono implementare le misure suggerite”, afferma Mauderer.
Una serie di opzioni si occupa della gestione del rischio climatico negli acquisti di attivi. La seconda riguarda la garanzia collaterale necessaria quando le banche centrali prestano denaro alle banche e se accettare o meno solo determinati tipi di garanzie e richiedere ulteriori informative. La terza, infine, riguarda le operazioni di credito.
Se svolgessimo analisi di scenari che mostrano gli esiti economici del cambiamento climatico in alcuni paesi potremmo davvero migliorare la consapevolezza
“Alcune banche centrali praticano già prestiti mirati, o concedendo prestiti solo a istituzioni finanziarie che hanno un impatto positivo sul clima oppure offrendo loro tassi più bassi”, afferma Mauderer. “Il nostro rapporto è rivolto alle banche centrali, ma può anche essere utile per gli investitori privati e le società perché mostra in che modo cerchiamo di mitigare il rischio climatico nei nostri bilanci, il che è un problema anche per le istituzioni finanziarie private. In secondo luogo, le nostre misure sono legate ai nostri requisiti per gli emittenti privati. Se iniziamo a chiedere agli emittenti di fornire maggiori informazioni sulla loro impronta di carbonio prima di poter accettare le loro obbligazioni per i programmi di acquisto di attivi o come garanzie collaterali, si tratta di qualcosa di cui devono essere consapevoli in tempo utile.”
Inoltre, Mauderer spiega che, se da un lato le banche centrali non dispongono del mandato di determinare la politica climatica, dall’altro le loro capacità analitiche sono ampiamente riconosciute e potrebbero utilizzarle per sensibilizzare i governi sull’urgenza della questione.
“Se svolgessimo analisi di scenari che mostrano gli esiti economici del cambiamento climatico in alcuni paesi, come i suoi effetti sul PIL, l’inflazione, l’occupazione e così via, potremmo davvero migliorare la consapevolezza”, afferma.