Leggi questo articolo per comprendere:
- Perché occorre rispettare i diritti dei dipendenti, dei consumatori e delle comunità locali per garantire il successo di un'azienda e proteggere a lungo termine il rendimento degli investimenti
- Cosa possono fare gli investitori per spingere le società che detengono in portafoglio a rispettare e a tutelare i diritti umani in tutte le loro catene di approvvigionamento
- Perché è essenziale esercitare pressioni per ottenere una regolamentazione rigorosa e ben applicata
Nel perseguire in modo sfrenato il profitto, non sempre le aziende hanno dato priorità ai diritti e al benessere delle persone. Contemporaneamente, altre non hanno effettuato le dovute verifiche, chiudendo gli occhi su quello che accade nelle loro catene di approvvigionamento.
"I diritti umani dovrebbero essere alla base del business", afferma Vaidehee Sachdev, lead and impact analyst del settore personale nel team risultati sostenibili di Aviva Investors, che coordina la ricerca e l'impegno dell'Azienda sulle questioni sociali.
Nemmeno gli investitori possono chiudere gli occhi su questi temi. Le conseguenze dei fallimenti nel campo dei diritti umani sono complesse, e trovare soluzioni per il futuro richiederà la piena partecipazione di tutte le parti interessate.
Malgoverno e scorciatoie hanno provocato la distruzione di intere comunità e la perdita di molte vite. L'Organizzazione internazionale del lavoro stima inoltre che, in qualunque momento, 25 milioni di persone in tutto il mondo siano costrette al lavoro forzato e che una vittima su quattro della moderna schiavitù sia costituita da un minore.1
L'organizzazione di azione sociale KnowTheChain mira ad aiutare le aziende e gli investitori a comprendere e ad affrontare i rischi del lavoro forzato nell'ambito delle loro catene di approvvigionamento. A tal fine, valuta 180 delle maggiori aziende in tre settori ad alto rischio: tecnologie dell'informazione e della comunicazione, industria alimentare e delle bevande, abbigliamento e calzature.2
"Finora, il punteggio medio delle aziende non ha mai raggiunto il 50%", afferma Evie Clarke, ricercatrice presso KnowTheChain. "Se nemmeno le più grandi aziende globali in settori ad alto rischio riescono ad agire a forme di sfruttamento tra le peggiori esistenti, possiamo solo immaginare cosa accade in quelle che non si trovano sotto i riflettori."
Perché gli investitori dovrebbero essere sensibili a questi temi?
A livello di dipendenti, molti professionisti delle risorse umane sono consapevoli dei gravi rischi legati a bassi salari, contratti precari, discriminazione e molestie, salute e sicurezza così come a orari di lavoro eccessivamente lunghi, per non parlare della moderna schiavitù (che comprende il lavoro forzato, la schiavitù per debiti e la tratta di esseri umani).
Figura 1: Il modo in cui un'azienda gestisce la propria impronta sociale crea rischi e opportunità

Fonte: Aviva Investors, marzo 2022
La moderna schiavitù è uno dei principali rischi insiti nelle catene di approvvigionamento, e la sua individuazione, e tanto più il suo sradicamento, sono resi ancora più difficili dalla stratificazione dei fornitori tra più paesi nelle supply chain di alcune aziende.
"Parlando di diritti umani, gran parte dei problemi è da ricercare nella catena di approvvigionamento. In alcuni casi a porre problemi sono le stesse aziende, ma si tratta di un fatto raro in confronto all'enorme quantità di lavoro minorile e forzato e di sfruttamento della forza lavoro presente nell'industria dell'abbigliamento e alimentare", sostiene Dan Neale, responsabile della trasformazione sociale di World Benchmarking Alliance (WBA).1
Neale spiega che la difficoltà consiste nel collegare le aziende a situazioni negative nel mondo reale. Sebbene i Principi guida delle Nazioni Unite su imprese e diritti umani stabiliscano che le aziende sono tenute a rispettare tali diritti, man mano che si addentrano nella catena del valore complessiva, il loro obbligo a prevenire e a porre rimedio a una specifica criticità dipende dal rapporto che hanno con essa.
Ciò pone altresì l'accento sulla responsabilità degli investitori, per quanto indiretta, per via dei finanziamenti che assicurano a tali aziende, ma anche per la loro esigenza di ottenere un rendimento a breve termine. Si tratta di un fallimento sistemico del mercato che deve essere risolto.
Tuttavia, al di là dell'imperativo morale, garantire il rispetto e la tutela dei diritti umani e porre rimedio alle violazioni produce anche opportunità per le aziende.
Cosa possono fare gli investitori
Camille le Pors, responsabile del Corporate Human Rights Benchmark (CHRB) di WBA, il primo benchmark pubblico e aperto sui risultati ottenuti nel campo dei diritti umani da 230 grandi aziende, ritiene essenziale che gli investitori, nei loro rapporti con le imprese, facciano uso di una serie di parametri di riferimento.
"I benchmark divengono veramente utili solo quando sono utilizzati da parti terze che hanno influenza sulle aziende e possono servirsene per spingerle al cambiamento", dichiara.
Il primo passo è comprendere e applicare i principi guida delle Nazioni Unite nell'ambito della propria organizzazione
Il primo passo per qualsiasi azienda che voglia andare nella direzione giusta è comprendere e applicare i Principi guida delle Nazioni Unite nell'ambito della propria organizzazione, elaborando una politica per i diritti umani, conducendo verifiche di due diligence, trattando lavoratori e clienti con equità e prevedendo percorsi per reclami, segnalazioni e azioni correttive.2
Per gli investitori, integrare i diritti umani nelle decisioni di investimento significa identificare temi intersettoriali, comprendere i rischi chiave a livello di comparto e coinvolgere aziende e governi, con un approccio bilaterale e collaborando con investitori di analoghe vedute, anche ricorrendo ai loro diritti di voto di azionisti.
WBA ha evidenziato sette trasformazioni dei sistemi globali che sono necessarie per raggiungere gli Obiettivi di sviluppo sostenibile (OSS) delle Nazioni Unite.3 Il centro dell'azione è il sistema sociale, per il quale WBA ha identificato 12 traguardi chiave che le aziende dovrebbero conseguire per fare in modo che nessuno resti dietro, sostenere gli OSS e contribuire a creare un futuro accettabile per tutti. La metodologia CHRB coniuga questo approccio con un'attenzione particolare ai diritti umani nei settori ad alto rischio.
Gli investitori possono utilizzare queste metriche e i relativi benchmark per mettere a confronto le aziende, con l'obiettivo di indurle a competere tra loro. Questa azione deve essere integrata da un approccio bottom-up per stabilire quali siano le aziende che potrebbero compiere i comportamenti più dannosi, o che rischiano di metterli in atto.
Anche creare relazioni con le ONG che si occupano di diritti umani può aiutare gli investitori ad approfondire la propria comprensione dei settori che presentano i maggiori rischi di un impatto negativo sulle persone. Per quanto riguarda CHRB e KnowTheChain, le aree da monitorare sono i prodotti alimentari e agricoli, l'abbigliamento e la produzione di dispositivi informatici e per telecomunicazioni. CHRB comprende anche l'industria automobilistica, manifatturiera ed estrattiva, incluse le miniere, il petrolio e il gas.
Per la gestione delle interazioni con le aziende, è fondamentale definire le priorità.
Gli investitori devono riflettere sulla forza dei rapporti esistenti con le aziende così come sulla probabilità di un cambiamento
Alcuni dei fattori chiave su cui gli investitori devono riflettere sono la forza dei rapporti esistenti, spesso legata alla dimensione della proprietà, e la probabilità di un cambiamento.
L'azione coordinata di gruppi di azionisti e organizzazioni come KnowTheChain ha innescato una trasformazione. "Cooperiamo con molti investitori, per sostenere sia uno specifico coinvolgimento dell'azienda sia un impegno collaborativo coordinato dall'Interfaith Center on Corporate Responsibility4 e sostenuto dai principi dell'investimento responsabile5, negli ambiti dell'abbigliamento e del lavoro forzato", precisa Clarke.
L'azione inoltre dovrebbe essere supportata in modo più sistematico mediante il voto alle assemblee generali degli azionisti. Un'indagine condotta da Dalriada, un fornitore indipendente di servizi fiduciari per i fondi pensione britannici, ha rilevato che solo un terzo degli asset manager era stato in grado di indicare come avesse fatto valere la propria influenza con il voto.6
Sachdev sostiene che vi è stato un certo miglioramento sul fronte del clima, a causa dell'attualità del tema, dell'attenzione dell'opinione pubblica verso la necessità che le imprese attuino una transizione, e delle critiche rivolte pubblicamente agli investitori che non fanno uso dei loro diritti di voto. Tuttavia, lo stesso non si può dire dei diritti umani.
Le autorità di regolamentazione devono definire una serie di buone prassi
Oggi il settore privato tende sempre più ad andare oltre le linee guida volontarie e gli obblighi di comunicazione, perché riconosce che i principi volontari non sono riusciti a risolvere i problemi endemici nelle catene del valore delle imprese e a creare condizioni paritetiche.
Eppure, finché i diritti umani non diventeranno una responsabilità obbligatoria, molte aziende continueranno a ignorarli, fondamentalmente perché conviene di più. "Uno dei problemi è che farsene carico costa, mentre un'azienda che chiuda gli occhi su una determinata questione potrebbe addirittura risparmiare", spiega Thomas Tayler, senior manager del Sustainable Finance Center for Excellence di Aviva Investors.
Esistono ancora aziende che non soddisfano i requisiti del Modern Slavery Act britannico
Sachdev concorda, rilevando che, a più di cinque anni dall'introduzione del Modern Slavery Act britannico, esistono ancora aziende che non soddisfano i requisiti di legge.
"Ciò solleva dubbi, in primo luogo, sulla validità di una normativa volontaria e 'mite' che dalle aziende esige semplicemente una dichiarazione, e, in secondo luogo, sui meccanismi applicativi delle leggi, che per quanto riguarda il Modern Slavery Act sono inesistenti", aggiunge.
Ciò dipende dal fatto che l'inosservanza dei diritti umani deve essere affrontata a livello sistemico: si tratta di un fallimento troppo grande perché investitori e aziende possano affrontarlo da soli. I governi e le autorità di regolamentazione devono spingere per un cambiamento: da parte loro, gli investitori possono esigerlo sostenendo pubblicamente norme più severe.
A dieci anni dalla prima pubblicazione dei Principi guida su imprese e diritti umani, le Nazioni Unite stanno per sottoporli a revisione per valutare ciò che finora ha o non ha funzionato, e creare un quadro aggiornato per i prossimi dieci anni.
Nel corso della consulenza, Aviva Investors ha chiesto obiettivi chiari, ma anche responsabilità e applicazione delle regole.
Responsabilizzare le società
"Occorre che i governi facciano rispettare le normative, garantendo ai lavoratori rimedi legali", sostiene Clarke di KnowTheChain.
È così a livello globale, dove la figura di un ombudsperson aprirebbe la strada a forme di riparazione, ed è così a livello di paese e regione, qualora i Principi guida vi siano tradotti in legge.
Creare responsabilità per gli amministratori potrebbe essere una sanzione più efficace di un semplice contenzioso o di un'ammenda
A seguito della consultazione da parte dell'UE a fine 2020 su questo tema e sui connessi problemi di governance, Tayler ritiene che rimanga insoluta la questione di cosa debba accadere se un'impresa non fa abbastanza per scoprire le violazioni dei diritti umani nelle sue catene di approvvigionamento, o se, avendole individuate, non fa abbastanza per eliminarle.
"Una sanzione pecuniaria ricadrà in ultima analisi su consumatori e investitori e non necessariamente spingerà l'azienda a modificare il proprio comportamento, anche se naturalmente esistono casi in cui tale misura ha avuto successo", dichiara. "Il punto è colpire gli amministratori, che sono la mente dietro la società e che detengono la responsabilità. Creare responsabilità per gli amministratori potrebbe essere una sanzione più efficace di un semplice contenzioso o di un'ammenda."