Affrontare le problematiche legate alla sostenibilità significa far sì che gli amministratori siano tenuti personalmente responsabili delle carenze in materia per le proprie società.

Gli amministratori che gestiscono le società danneggiando deliberatamente il capitale umano o ambientale devono rispondere delle proprie azioni, così come succederebbe se commettessero degli illeciti finanziari, sostengono Tom Tayler, Mirza Baig e Vaidehee Sachdev.

Leggi questo articolo per comprendere:

  • In che modo gli amministratori delle società sono riusciti troppo spesso a violare le leggi ambientali e quelle sui diritti umani senza dover rispondere delle proprie azioni
  • Perché gli investitori hanno l’obbligo finanziario e morale di affrontare queste carenze del mercato, attraverso le attività di engagement con le società e, cosa ancora più importante, con i governi e le altre autorità politiche
  • L’importante ruolo delle classifiche pubbliche delle società in materia sociale e ambientale

Nel luglio del 2021, Southern Water ha ricevuto una sanzione record di 90 milioni di sterline dopo che la società privata di servizi di pubblica utilità ha ammesso di aver scaricato illegalmente le acque reflue nei fiumi e nelle acque costiere del sud dell’Inghilterra in almeno 6.971 occasioni tra il 2010 e il 2015, provocando gravi danni ambientali alle acque destinate alla molluschicoltura.1

Alla fine dello stesso mese, il contrito presidente della società si è sentito in dovere di pubblicare una lettera aperta, sostenendo che “un cambiamento culturale profondo e necessario” sia per l’azienda che per il suo team di leadership significava che, dal 2017, la “priorità assoluta” di Southern Water era quella di mettere l’ambiente “in primo piano e al centro di tutto ciò che facciamo”.2

Nonostante l’apparente contrizione, in autunno Southern Water ha dovuto affrontare ulteriori critiche per lo scarico di acque reflue in 57 aree in 24 ore ed è stata oggetto di numerose proteste pubbliche quest’anno. Ci si chiede dunque: nonostante gli impegni assunti dalla sua leadership con l’intento di affrontare le carenze nella sua attività, è cambiato sostanzialmente qualcosa?3

L’episodio è stato solo l’ultimo esempio di una lacuna cruciale nel modo in cui operano alcune società e i responsabili che le gestiscono. Troppo spesso per le società risulta più economico aggirare le leggi e i regolamenti ambientali, o in altri casi abbattere la foresta pluviale e far pascolare il bestiame sulla terra, di quanto non lo sia gestire la propria attività in modo più responsabile e sostenibile.

Lo stesso dicasi per molti altri tipi di attività. Per i rivenditori di abbigliamento, ad esempio, può risultare più conveniente correre il rischio di essere accusati di favoreggiamento di violazioni dei diritti umani, dell’uso del lavoro minorile o della schiavitù moderna, piuttosto che adottare le procedure complete di due diligence sulle proprie filiere e comprendere tutti i livelli delle aziende e dei fornitori con i quali collaborano.

In risposta alle carenze di alto profilo del mercato e a una crescente consapevolezza dell’opinione pubblica riguardo alle questioni legate alla sostenibilità, assistiamo a un progressivo inasprimento delle regole relative alla gestione delle società. Ad esempio, secondo una proposta dell’Unione europea, le grandi imprese dovranno “individuare, porre fine, prevenire, mitigare e tenere conto degli impatti negativi sui diritti umani e sull’ambiente determinati dalle proprie attività, dalle proprie controllate e catene del valore”.4

Tuttavia, se da un lato gli sforzi per inasprire i regolamenti devono essere accolti con favore, dall’altro permangono lacune nel quadro normativo che potrebbero ostacolare l'impegno per raggiungere il loro obiettivo auspicato. Sebbene sia possibile che le sanzioni punitive possano determinare il cambiamento desiderato nel comportamento aziendale, il rischio è che le società continuino semplicemente a vederle come il costo di fare affari piuttosto che come un incentivo a comportarsi in modo più sostenibile.

Agli investitori tocca pagare il conto

Se da un lato il presidente di Southern Water si è affrettato a rassicurare i clienti che non avrebbero pagato un centesimo per la sanzione comminata alla società, dall’altro nessuno ha fatto parola degli azionisti e degli obbligazionisti della società, che spesso possono risentire di tali situazioni sotto forma di calo dei prezzi delle azioni o delle obbligazioni quando le società partecipate sono colpite da problemi reputazionali.

Parte del problema è il concetto di responsabilità limitata delle imprese. Ciò significa che è la società a essere ritenuta responsabile di comportamenti scorretti e non i suoi amministratori. Di conseguenza, coloro che alla fine pagano il prezzo delle sanzioni sono gli investitori, attraverso le ripercussioni negative sulle valutazioni delle azioni e delle obbligazioni che detengono, non coloro che hanno preso le decisioni.

Se da un lato le sanzioni possono costituire un importante strumento dissuasivo, dall’altro deve esistere un rischio personale per gli amministratori in quanto soggetti che controllano la società laddove decidano di scegliere o ignorare le prassi che danneggiano il capitale naturale o sociale. Al momento, gli amministratori si sentono abbastanza sicuri, trincerati dietro la cortina aziendale. Non saranno ritenuti responsabili delle azioni che intraprendono per conto della società. Senza un livello sufficiente di responsabilizzazione personale, gli incentivi per intraprendere azioni positive sono troppo limitati.

Per iniziare a risolvere il problema, gli amministratori devono essere tenuti personalmente responsabili di eventuali violazioni dolose o colpose. Ai sensi delle leggi del Regno Unito, le persone fisiche sono soggette a interdizione dalla funzione di amministratore per un massimo di 15 anni se risultano “non idonei”, il che può riferirsi a una serie di reati che vanno dal consentire a una società di continuare a commerciare quando non è in grado di pagare i propri debiti, all’utilizzo di denaro o beni aziendali a vantaggio personale. Le regole dovrebbero essere applicate in modo più ampio e coerente contro gli amministratori per modificare il comportamento negativo delle società.

Nel frattempo, gli investitori, e in alcuni casi le organizzazioni non governative, stanno facendo pressioni sulle società affinché modifichino il proprio comportamento. Con una decisione storica del maggio 2021, un tribunale olandese ha ordinato a Shell di ridurre le sue emissioni di CO2 del 45% rispetto ai livelli del 2019 entro la fine del decennio.5

Successivamente, nel marzo 2022, Client Earth, un altro gruppo di pressione ambientale, ha avviato un’azione legale contro il consiglio di amministrazione della stessa società, nell’intento di farla giudicare responsabile per non aver adeguatamente preparato la transizione energetica, il primo caso del genere.6

Sebbene la società stia cercando di far annullare la prima decisione in fase di appello, e potrebbe vincere l’ultima causa, gli esiti dei contenziosi sul clima stanno diventando sempre più difficili da prevedere. Il fatto che la seconda causa venga presentata contro gli amministratori, piuttosto che contro la società, dovrebbe far riflettere.

Inviare un messaggio molto forte

Se gli amministratori pensassero che a essere a rischio non è solo la propria società, ma che anche loro potrebbero essere banditi dai consigli di amministrazione, questo invierebbe un messaggio molto forte di invito ad agire tenendo conto di una serie di questioni relative alla sostenibilità.

L’avvio di attività di engagement con le società in merito a tali questioni riveste un ruolo importante. Uno dei modi in cui gli investitori possono trasferire la responsabilità in materia di sostenibilità sulle spalle degli amministratori è quello del voto per la loro rielezione. Tutti gli anni, strutturiamo la nostra politica di voto per ampliare la gamma di problematiche delle quali sono personalmente responsabili: nel 2022, ad esempio, abbiamo incluso la deforestazione e stiamo inoltre formalizzando le nostre attività di engagement e stewardship attorno a questa questione critica.

Al contempo, riuscire a influire sul tipo di cambiamento sistemico necessario non è una cosa risolvibile sulla base delle singole società. Pertanto, gli investitori dovrebbero mirare anche a fare pressione sulle autorità di regolamentazione, per garantire che coloro che gestiscono le società danneggiando deliberatamente il capitale umano o naturale capiscano che esiste un rischio di interdizione. Dopo tutto, le istituzioni finanziarie hanno la responsabilità di cercare di influenzare le autorità politiche per garantire un sistema più sostenibile affinché i mercati operino con integrità, poiché ciò è in linea con gli interessi a lungo termine dei loro clienti.

Nel 2011, le Nazioni Unite hanno definito i propri “principi guida su imprese e diritti umani” nel tentativo di prevenire e affrontare il rischio di impatti negativi sui diritti umani legati all’attività imprenditoriale. Cinque anni dopo, un gruppo di investitori capitanati da Aviva Investors e di organizzazioni civili ha istituito il benchmark Corporate Human Rights (ora parte della World Benchmarking Alliance) per creare un metro di valutazione delle performance aziendali in materia di diritti umani e per facilitare un ambiente competitivo per le imprese al fine di migliorare il loro impatto sui diritti umani.

La speranza è che una maggiore trasparenza e la natura pubblica della classifica modifichino il modo in cui le società e, cosa altrettanto importante, le persone che le gestiscono si comportano. Di conseguenza, iniziative come questa possono allineare meglio gli interessi delle società, degli azionisti e di altri stakeholder nella società civile in generale. Al contempo, potrebbe essere opportuna anche una normativa per garantire che i ritardatari procedano alle modifiche necessarie. Ancora una volta, gli investitori rivestono un ruolo importante attraverso le loro attività di macro stewardship, interagendo con le autorità competenti per incoraggiarle a intervenire laddove necessario.

Si arriva quindi a un’annosa questione: dal punto di vista degli azionisti, fare del bene ha senso finanziariamente? È difficile dimostrare con certezza questo punto, ma non mancano gli esempi di azionisti che subiscono grosse perdite a causa delle società, e delle persone che le gestiscono, violando regole e regolamenti.

Tra marzo e ottobre 2015, le azioni della Volkswagen hanno perso due terzi del loro valore quando è diventata evidente tutta la portata di uno scandalo sulle emissioni. Più recentemente, il prezzo delle azioni di Boohoo ha perso più del 75% del suo valore in meno di due anni dopo che la società è stata accusata di schiavitù moderna a seguito della rivelazione che i lavoratori che producono i capi di abbigliamento legati al rivenditore online britannico guadagnavano appena 3,50 sterline l’ora.7

Alcuni operatori sostengono che in futuro i rischi in materia di sostenibilità dovrebbero integrarsi sempre di più nei prezzi delle attività a fronte della progressiva correzione delle carenze del mercato. Ciò implicherebbe che un comportamento responsabile dovrebbe essere premiato meglio dagli investitori, mentre un comportamento dannoso si rifletterebbe in un maggiore costo del capitale per le società irresponsabili.

Se da un lato casi come Volkswagen e Boohoo illustrano l’importanza di adottare procedure di due diligence complete per gli investimenti al fine di mitigare i rischi associati a prassi commerciali non idonee, dall’altro evidenziano anche il motivo per cui è nell’interesse degli azionisti responsabilizzare singolarmente coloro che hanno preso le decisioni.

Dopotutto, se i dirigenti chiudono gli occhi di fronte a pessime prassi interne e nell’ambito delle proprie filiere, non sono idonei alla gestione di una società.

Bibliografia

  1. Comunicato stampa dell’Agenzia per l’ambiente del Regno Unito, Record £90m fine for Southern Water following EA prosecution, 9 luglio 2022. 
  2. Fonte: sito web di Southern Water 
  3. Jacob Heath, Outrage as Southern Water dump sewage in 57 south coast places including Worthing and Hastings, SussexLive, 21 ottobre 2021
  4. Comunicato stampa della Commissione europea, 23 febbraio 2022. 
  5. Ron Bousso, Bart H Meijer and Shadia Nasralla, Shell ordered to deepen carbon cuts in landmark Dutch climate caseReuters, 26 maggio 2021. 
  6. Damien Gayle, Shell directors sued for ‘failing to prepare company for net zero’The Guardian, 15 marzo 2022. 
  7. Dati sui corsi azionari di Eikon Datastream

“Gli amministratori devono essere tenuti personalmente responsabili di eventuali violazioni dolose o colpose.”

 Vaidehee Sachdev, Tom Tayler e Mirza Baig

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