Il programma politico di Shinzo Abe ha cominciato a portare il Giappone fuori dalla sua lunga crisi deflazionistica. Tuttavia, resta ancora molta strada da fare e gli scandali politici potrebbero impedirgli di completare il lavoro.

I progressi sul fronte delle riforme strutturali sono generalmente lenti.

Shinzo Abe non è nuovo a controversie. Ma una serie di recenti scandali ha messo in discussione il futuro politico del primo ministro giapponese. Abe è accusato di aver usato la sua influenza per imporre la vendita di un terreno governativo, a un prezzo molto scontato, a una scuola nazionalista; al contempo, il suo ministro della difesa è accusato di aver insabbiato rapporti militari risalenti alla guerra in Iraq.

A maggio, la sofferta amministrazione Abe ha subito un ulteriore colpo, ossia la notizia che il PIL giapponese ha registrato una contrazione dello 0,6 per cento annualizzato nel primo trimestre del 2018. Si è trattato del primo trimestre di crescita negativa dal 2015, che ha chiuso il più lungo periodo di espansione economica del paese dall’epoca del boom sul finire degli anni Ottanta del secolo scorso. Gli analisti hanno addebito l’inatteso rallentamento all’inverno rigido in combinazione con un calo marcato della domanda interna.

A un’analisi più attenta, l’economia giapponese risulta ancora in discreta forma, con bassa disoccupazione, utili societari in aumento e mercato azionario ai massimi degli ultimi 26 anni. In base alla maggior parte dei parametri, le prospettive del Giappone appaiono molto più rosee rispetto al 2012, quando il Partito Liberal Democratico (LDP) di Abe entrò al governo promettendo di combattere la crescita stagnante, la bassa produttività e altri problemi strutturali profondamente radicati.

Ma gli ultimi dati PIL evidenziano che i progressi compiuti grazie all’“Abenomics” sono tuttora fragili e potrebbero ancora essere annullati. Mentre Abe lotta per mantenere la posizione in vista del fondamentale voto per la leadership dell’LDP a settembre, in Giappone l’attenzione converge sulle questioni di successione e lascito. Di conseguenza, cosa deve ancora fare Abe per completare il compito di rinvigorire l’economia giapponese? Inoltre, l’Abenomics può sopravvivere, anche in caso di sconfitta del suo principale artefice?

Le tre frecce

Per valutare accuratamente la storia di Abe, dobbiamo esaminare la difficile situazione in cui si trovava il Giappone prima del suo secondo mandato come primo ministro.

Abe aveva già svolto un breve mandato non degno di nota a partire da luglio 2006, per poi dimettersi l’anno dopo per questioni di salute.

Durante la campagna elettorale del 2012, Abe decise di ripresentarsi con una nuova immagine di uomo forte unificatore, richiamando alla memoria una nota leggenda per raccogliere il sostegno degli elettori. La leggenda narra di un signore feudale che dimostrò come fosse più facile spezzare una freccia sul ginocchio che tre frecce unite tra loro, per insegnare ai propri eredi che sarebbero stati più forti andando d’accordo tra loro.

Rifacendosi alla saggezza di questo patriarca, Abe presentò le sue tre “frecce”, una serie di politiche concepite per rivitalizzare la fiacca economia giapponese. La prima freccia consisteva in uno straordinario allentamento monetario, mirato ad allontanare la minaccia di inflazione; la seconda in stimoli fiscali volti a compensare la debolezza degli investimenti privati; la terza in riforme strutturali tese a promuovere maggiori livelli di efficienza e produttività.

Nel 2013, quando Abe cominciò ad attuare queste politiche, il PIL nominale del paese era identico a quello del 1991 e il Nikkei era sceso ampiamente al di sotto dei massimi di tre decenni prima. Ma soprattutto il Giappone era gravato da pesanti problemi strutturali sotto forma di forza lavoro in rapido invecchiamento e debito pubblico mostruoso, superiore al 200 per cento del PIL.

Abe riuscì a contare sul supporto del Governatore della Bank of Japan (BoJ), Haruhiko Kuroda, nominato subito dopo le elezioni. Kuroda da tempo sosteneva l’attuazione di un allentamento monetario per evitare la deflazione. Al momento di assumere l’incarico a marzo 2013, dichiarò che la BoJ “avrebbe fatto tutto quanto in [suo] potere per fare uscire il Giappone dalla deflazione, che ha prosciugato le forze e soffocato gli investimenti per gran parte degli ultimi 15 anni”.1

Politica monetaria

Kuroda lanciò la prima freccia dell’Abenomics subito dopo la sua nomina. Ad aprile 2013, annunciò che la BoJ intendeva raddoppiare la base monetaria del Giappone a 270 trilioni di yen (USD 2,8 trilioni) entro dicembre dell’anno successivo, principalmente aumentando gli acquisti di titoli di stato a lungo termine. Ma il superamento della crisi deflazionistica del Giappone si dimostrò più difficile del previsto e lo yen si rivelò ostinatamente forte.

“Il Governatore Kuroda e Abe, entrambi all’inizio sinceramente convinti che la politica monetaria attivista della BoJ avrebbe da sola posto fine alla tendenza deflazionistica del Giappone, furono costretti a riconoscere che il problema era molto più profondo e complesso delle loro aspettative originarie”, sostiene Jin Saito, amministratore delegato e co-fondatore di Observatory Group, una società di consulenza.

Nel 2015, la volatilità del mercato azionario cinese provocò flussi verso i beni rifugio e la valuta giapponese si apprezzò. Lungi dall’essere dissuasa, la BoJ raddoppiò l’impegno sul fronte delle politiche di allentamento: l’anno dopo introdusse tassi d’interesse negativi, ribadì l’impegno a portare l’inflazione al due per cento e lanciò una politica di “controllo della curva dei rendimenti”, un metodo di QE usato per tenere il rendimento dei titoli di stato decennali allo zero per cento.

A differenza delle banche centrali in altre economie sviluppate, la BoJ ha anche operato acquisti di azioni su ampia scala. A marzo 2018, la BoJ deteneva infatti circa tre trilioni di yen in fondi negoziati in borsa nazionali, un importo equivalente al tre per cento dell’intera capitalizzazione del Tokyo Stock Price Index (Topix), secondo le stime della Nikkei Asian Review.

La BoJ si attende un tasso d’inflazione mediano dell’1,3 per cento per il 2018, ancora ampiamente al di sotto del suo obiettivo. Tuttavia, lo spettro della deflazione sembra essere stato esorcizzato con successo. Ad aprile, la variazione su base annua dei prezzi al consumo (esclusi i prodotti alimentari freschi più volatili) risultava in territorio positivo da oltre 12 mesi, un successo notevole, secondo Jean-François Chambon, gestore che si occupa di azioni giapponesi in Aviva Investors a Parigi.

“Per circa 15 anni prima che Abe diventasse primo ministro per la seconda volta, il CPI aveva registrato cali costanti. Le famiglie rinviavano gli acquisti significativi in previsione di ulteriori cali dei prezzi e l’innovazione si indeboliva in quanto le società non erano in grado di addebitare prezzi elevati per i nuovi prodotti. L’inversione di questa tendenza è molto importante”, afferma Chambon.

Figure 1: Japanese equity market performance

Stimoli fiscali

Il fatto che l’opposizione politica sia allo sbando gioca a favore di Abe.

Dopo la sua elezione, Abe ha promesso stimoli fiscali per trilioni di dollari, da spendere in progetti infrastrutturali per migliorare la produttività e compensare gli elevati tassi di risparmio delle imprese giapponesi. In risposta, alcuni elementi più aggressivi dell’LDP hanno messo in guardia da spese eccessive, alla luce dei livelli record del debito pubblico del paese.

A distanza di cinque anni, voci autorevoli in seno all’amministrazione reclamano che gli stimoli sono stati eccessivamente limitati, anziché troppo generosi. A seguito dell’aumento dell’imposta sui consumi dal cinque all’otto per cento nel 2014 (ampiamente criticata come passo falso), vi è in effetti stata una contrazione fiscale durante il mandato di Abe.

Nel 2016 la crescita del PIL è calata, destando timori di indebolimento del progetto Abenomics. Abe ha così lanciato una nuova serie di stimoli del controvalore di USD 45 miliardi, tra cui il supporto a piccole e medie imprese e il finanziamento per la ricostruzione di Kyushu, l’isola devastata dal terremoto. All’inizio del 2018, Kozo Yamamoto, ministro per la rivitalizzazione regionale e membro influente del governo Abe, ha dichiarato al Financial Times di essere a favore di ulteriori stimoli aggressivi quest’anno.3

“La politica fiscale del paese non è stata omogenea: positiva dal 2013 all’inizio del 2014, ma negativa dopo l’aumento dell’imposta sui consumi del 2014 fino alla fine del 2016, e in seguito nuovamente positiva”, afferma Saito, secondo il quale il maggiore coordinamento delle politiche monetarie e fiscali negli ultimi 18 mesi ha probabilmente cominciato a dare frutti sotto forma di incremento dell’occupazione. Stando agli ultimi dati ufficiali comunicati a maggio, il tasso di disoccupazione si è assestato su un impressionante 2,5 per cento.4

Riforme strutturali

Figure 2: Inflation picks up

Nonostante questi miglioramenti, resta ancora molto da fare. I deludenti dati della crescita per il primo trimestre del 2018 indicano che i consumi interni non sono probabilmente abbastanza forti da costituire il principale propulsore di crescita. Inoltre, le società rimangono restie a investire in nuovi prodotti e servizi, in parte perché la crescita dei salari deve ancora riprendere.

Lo scorso anno, Abe ha invitato le imprese giapponesi ad aumentare i salari del tre per cento, offrendo incentivi fiscali a quelle che lo avessero fatto. Ma l’ultimo round dell’offensiva di primavera, Shunto, delle trattative salariali tra management e sindacati non ha prodotto i risultati desiderati; la crescita su base annua è al 2,1 per cento, secondo i dati comunicati a maggio dal Ministero del lavoro, della salute e del welfare.

Ironicamente, la bassa crescita dei salari potrebbe essere una conseguenza dei successi di Abe in un’altra area, quella delle riforme strutturali. L’LDP ha fatto pressioni per aumentare il numero di donne e pensionati nella forza lavoro e ciò ha esercitato pressioni ribassiste sui salari. La percentuale di donne nella fascia di età 16 - 64 anni in regime di piena occupazione è salita al massimo storico del 69,4 per cento a febbraio 2018, in rialzo dal 64,5 per cento di gennaio 2013. Il dato giapponese è ora più elevato di quello per Stati Uniti e Francia, secondo l’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE).

Nel lungo termine, l’allargamento della partecipazione alla forza lavoro dovrebbe aiutare il Giappone a far fronte agli effetti del rapido invecchiamento del popolazione, così come l’iniziale liberalizzazione delle norme sui visti promossa da Abe per consentire una maggiore immigrazione (il numero di lavoratori stranieri in Giappone è aumentato – seppure in misura modesta – da 682.000 a oltre un milione sotto Abe5). L’allentamento delle norme sui visti ha anche rafforzato il turismo, che potrebbe dimostrarsi un importante tema per gli investimenti nei prossimi anni (cfr. testo nel riquadro).

Corporate governance

Altre riforme oggetto di discussione sono state tuttavia abbandonate. “I progressi sul fronte delle riforme strutturali – volte a promuovere una crescita più elevata e sostenibile – sono di norma piuttosto lenti”, sostiene Maulshree Saroliya, Macro Strategico di Aviva Investors. “Nonostante un modesto incremento della produttività grazie alla migliore crescita lo scorso anno, il Giappone deve compiere ulteriori sforzi per evitare un calo degli standard di vita. Ciò richiede una migliore allocazione del credito per stimolare l’innovazione e gli investimenti. Le imprese devono cambiare i propri business model per rafforzare la redditività.”

Abe ha adottato misure per riformare le imprese giapponesi. Inducendo il Government Pension Investment Fund (GPIF), un colossale fondo pensione giapponese, a costruire un proprio portafoglio di titoli nazionali (e diventare un azionista attivista), ha incoraggiato una maggiore attenzione ai rendimenti per gli azionisti e all’efficienza aziendale, secondo Chambon.

Nel 2015 è stato introdotto un nuovo codice di corporate governance che costringe le banche giapponesi a ridurre le cosiddette “partecipazioni incrociate” che favoriscono legami stretti tra le banche e i loro clienti. La pratica è stata riconosciuta come una delle ragioni per cui le società giapponesi sono raramente ritenute responsabili del mancato conseguimento di maggiori rendimenti degli investimenti.

Chambon ritiene che queste riforme stiano dando risultati. Sostiene che prima di Abe i dati economici negativi tendevano a peggiorare, la deflazione si traduceva in una spirale negativa di minori consumi, crescita inferiore e salari più bassi. Ma ora, grazie alla maggiore redditività delle imprese, il Giappone potrebbe essere destinato a intraprendere un circolo virtuoso di maggiore crescita dei salari e consumi più elevati, almeno finché continua l’Abenomics.

Abenomics senza Abe?

Le recenti accuse di corruzione hanno messo in dubbio il futuro del programma economico di Abe. Si riferiscono alla vendita a prezzi scontati di un terreno di proprietà statale alla Moritomo Gakuen, una scuola nazionalista con legami con la moglie del primo ministro, Akie. La notizia è inizialmente trapelata lo scorso anno, ma lo scandalo si è accentuato a marzo, quando il ministero delle finanze ha ammesso di avere rimosso i riferimenti alla coppia Abe e al ministro delle finanze Taro Aso, dai documenti di vendita.

In una testimonianza dinanzi alla Camera alta del parlamento giapponese a marzo, Nobuhisa Sagata, ex funzionario del ministero delle finanze al centro dello scandalo, ha dichiarato che né gli Abe né Aso gli avevano impartito istruzioni di falsificare i documenti. Si è tuttavia rifiutato di rispondere a domande sul perché il suo staff avesse falsificato i documenti, facendo riferimento a un’indagine in corso. Gli oppositori politici del primo ministro hanno insistito affinché Akie Abe si presenti in parlamento per rispondere alle domande.6

Abe deve anche far fronte ad accuse di aver usato la propria posizione per aiutare un amico ad aprire una scuola veterinaria,7 mentre il modo in cui il governo ha gestito i rapporti militari del passato ha causato ulteriori danni reputazionali.8 Un sondaggio condotto dal quotidiano Asahi Shimbun sulla scia delle rivelazioni di Moritomo Gakuen a fine marzo, ha evidenziato che l’approvazione di Abe è diminuita di 13 punti percentuali, scendendo al 31 per cento, il minimo toccato durante il suo mandato, sebbene all’inizio di maggio alcuni sondaggi l’abbiano data in ripresa a oltre il 40 per cento.

A favore di Abe depone il fatto che l’opposizione resta allo sbando, dopo la schiacciante vittoria dell’LDP alle elezioni generali a novembre 2017. “Attualmente nel principale partito di opposizione, il Partito Democratico Costituzionale (CDP) del Giappone, non vi è nessuno pronto a guidare il paese”, afferma Chambon. “Nonostante la popolarità dell’LDP sia in calo, quella del CDP non è in aumento.”

Per ora, Abe sembra conservare il supporto dei suoi elettori di riferimento. Qualora non emergessero prove inconfutabili del suo legame con la vendita del terreno, potrebbe sopravvivere e lottare per la rielezione a capo dell’LDP a settembre. Anche in caso contrario, vi sono segnali indicanti che l’Abenomics sopravviverà. Sebbene la maggior parte dei probabili successori di Abe nell’LDP – inclusi Fumio Kishida, un ex-ministro degli esteri e l’ex-ministro della difesa Shigeru Ishiba – sia evasiva circa le politiche economiche di Abe, non ha ancora proposto piani alternativi.

Il successore di Abe – qualora le cose andassero in tal modo – avrà probabilmente molto da guadagnare portando avanti le sue politiche. La vittoria dell’LDP a novembre è stata ampiamente considerata come una chiara approvazione della sua dottrina economica. Secondo i sondaggi condotti dal Cabinet Office a Tokyo lo scorso anno, il 73,9 per cento dei giapponesi è generalmente soddisfatto dei propri standard di vita, ora più alti che mai. Poco più della metà si è detta soddisfatta del proprio reddito, la prima volta in cui un sentiment positivo ha superato quello negativo a tale proposito dal 1996.

Il dato forse ancora più importante è che esiste la volontà istituzionale a livello politico in generale di continuare ad attuare le frecce dell’Abenomics. All’inizio di marzo, Kuroda ha ottenuto un altro mandato quinquennale come Governatore della BoJ, sostenuto da due nuovi vice che appoggiano il suo approccio.9 Sebbene quest’anno la banca abbia cominciato a ridurre lievemente il tasso di espansione del proprio bilancio, Kuroda si è impegnato a mantenere la politica di QE fino a quando il Giappone emerga definitivamente dal suo lungo torpore economico. Nell’ultima riunione ad aprile, la BoJ ha dichiarato che intende tenere il rendimento dei titoli di stato decennali prossimi allo zero per cento.

Al di fuori del Giappone, l’Abenomics si è assicurata il supporto anche di alcune influenti istituzioni, tra cui il Fondo Monetario Internazionale (FMI), inizialmente scettico, che lo scorso anno ha definito il programma di politica un “successo” nella lotta contro la deflazione. Alla luce del crescente consenso interno ed estero circa la sua efficacia, l’Abenomics potrebbe mostrarsi resiliente, anche se Abe comincia ad apparire sempre meno il forte saggio della sua leggenda preferita.

Riferimenti

1 ‘Japanese yen, bonds and stocks in the Abenomics era”, Financial Times, aprile 2016

‘Bank of Japan unveils aggressive easing’, Financial Times, aprile 2013

‘Japan’s Abenomics mastermind calls for more aggressive fiscal policy’, Financial Times, gennaio 2018

Observatory Group

Observatory Group

‘Former Japanese finance official Sagawa: no instructions from PM to alter land sale documents’, Reuters, marzo 2018

‘Abe denies 2015 meeting with Kotaro Kake as opposition pressure mounts over cronyism claims’, The Japan Times, maggio 2018

‘Japan's Abe faces fresh headache over Iraq troop dispatch logs’, Reuters, aprile 2018

‘Kuroda’s second chance’, The Diplomat, marzo 2018

Implicazioni Per Gli Investimenti

Gli ultimi sviluppi politici in Giappone saranno seguiti con notevole interesse dagli investitori, ai quai l’Abenomics ha portato vantaggi significativi.

Sunil Krishnan, responsabile dei fondi multi-asset di Aviva Investors, sottolinea per esempio il supporto strutturale fornito dal programma di acquisto di ETF da parte della BoJ.

“La disponibilità della Bank of Japan ad acquistare azioni nell’ambito del suo programma di stimoli monetari, la distingue dalle altre banche centrali primarie. La semplice esistenza di un acquirente strutturale è di supporto al mercato, ma vale anche la pena notare che la BoJ è un acquirente più attivo nelle fasi di debolezza di mercato. Ciò, in combinazione con la dimostrazione che gli stimoli monetari risultano in effetti efficaci, favorendo una solida ripresa interna, colloca le azioni giapponesi in buona posizione in un contesto globale”, sostiene Krishnan.

Il valore crescente dello yen potrebbe tuttavia erodere gli utili e il perdurante QE offre scarsi benefici agli investitori obbligazionari, date le politiche attuate dalla BoJ per tenere i rendimenti a bassi livelli. “La variazione nei rendimenti dei JGB (titoli di stato giapponesi) è stata minima dall’avvento della politica di controllo dei rendimenti nel 2016”, afferma Saroliya. “Con la curva dei rendimenti eccezionalmente piatta, i rendimenti totali disponibili per gli investitori sono molto bassi. A mio giudizio, vi sono scarsissimi fattori favorevoli residui del QE per i rendimenti obbligazionari.”

Un pericolo più incalzante per gli investitori è rappresentato dalla potenziale fine del governo Abe, gravato dagli scandali. La continuità politica che Abe ha assicurato è una componente fondamentale dei recenti miglioramenti economici del Giappone, positiva per il sentiment degli investitori. “Il successore di Abe dovrebbe portare avanti la politica delle “tre frecce”, in quanto le riforme strutturali non sono un lusso, ma una necessità. Tuttavia, non vi è dubbio che l’attuazione di queste riforme sarà decisamente più difficile senza Shinzo Abe al comando”, dichiara Chambon.

Qualora l’Abenomics continui, con o senza Abe, alcuni settori dell’economia potranno trarre maggiori benefici rispetto ad altri. Come esempio, Chambon cita il turismo. La combinazione tra l’indebolimento dello yen e l’allentamento delle norme sui visti sotto la guida di Abe ha portato a un rapido incremento dei turisti dalla Cina, che si è tradotto nel cosiddetto fenomeno del Bakugai, ossia degli “acquisti esplosivi”, in grado di trasformare rapidamente i settori del consumo.

“I turisti cinesi hanno speso somme elevate in prodotti di consumo come i pannolini per bambini, che sono ritenuti di qualità superiore ai marchi di produzione cinese. Negli ultimi tempi, le spese cinesi sembrano essersi spostate verso alimentari e cosmetici. Le catene di alberghi e ristoranti sono anch’esse destinate a beneficiare del continuo aumento del numero di visitatori dalla Cina e altrove in previsione delle Olimpiadi di Tokyo nel 2020”, aggiunge Chambon.

Nel lungo termine, i produttori di robotica e le società specializzate nel migliorare l’efficienza delle linee di produzione beneficeranno probabilmente del passaggio strutturale verso una maggiore automazione in Giappone, mentre la forza lavoro del paese continua a ridursi. Le aziende in grado di aiutare i produttori high-end a migliorare qualità ed efficienza in maniera incrementale - come per esempio Keyence, con sede a Osaka e specializzata in sistemi di automazione ad alta precisione e a guida laser - potrebbero raccogliere frutti a mano mano che le imprese rinnovano i propri impianti.

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